Iran, migliaia di persone alla tomba di Mahsa Amini a 40 giorni dalla morte: polizia spara sulla folla
Sono impressionanti le immagini che arrivano da Saqqez, nel Kurdistan iraniano, dove è sepolta Mahsa Amini, la 22enne morta lo scorso 6 settembre a Teheran durante un arresto scattato perché non portava il velo in modo corretto e che ha fatto scoppiare le proteste in tutto il Paese.
A 40 giorni dal decesso della giovane, che tradizionalmente sono celebrati in Iran come la fine del lutto, oltre 10mila persone, secondo i numeri diffusi dall'agenzia di stampa Isna, hanno sfilato verso il luogo in cui Mahsa riposa per commemorarla, sfidando le forze dell'ordine. Lo ha reso noto su twitter Hengaw, organizzazione con sede in Norvegia che si occupa di violazioni dei diritti umani nel Kurdistan.
"Abbasso il dittatore", "Kurdestan, la tomba dei fascisti", "donne, vita, libertà" e "siamo tutti Mahsa, hai lottato e lotteremo anche noi", sono stati alcuni degli slogan gridati dai dimostranti che si sono recati alla tomba a piedi, dopo minacce da parte del governo di chiudere le strade che portavano al cimitero per evitare manifestazioni di protesta.
Le forze dell’ordine hanno poi aperto il fuoco e utilizzato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti. Nonostante il blocco di internet a Saqqez "per motivi di sicurezza", alcuni utenti sono riusciti a postare i video degli scontri online.
Gli attivisti iraniani riferiscono che le autorità di Teheran avrebbero anche minacciato il fratello di Mahsa nel caso in cui si fosse svolta una cerimonia commemorativa. Inoltre, secondo il collettivo di attivisti dell'opposizione 1500tasvir proteste per Mahsa si sono svolte oggi anche al Grand Bazaar di Teheran e nelle università di Teheran, di Mashhad nel nord-est e di Ahvaz nel sud-ovest.
Secondo l'Afp, sono ormai oltre mille i manifestanti finora incriminati in Iran in connessione con le proteste. Mentre Iran Human Rights, ong per i diritti umani con sede in Norvegia, ha denunciato che almeno 234 manifestanti, inclusi 29 bambini, sono stati uccisi dalle forze di sicurezza dall'inizio della violenta repressione di quelle che i leader iraniani hanno definito "rivolte" fomentate da nemici stranieri.