Iran, almeno 41 morti nelle proteste dopo la morte di Mahsa Amini e blackout alla rete internet
Non si fermano in Iran le proteste dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne deceduta dopo essere stata arrestata dalla polizia morale perché portava male il velo.
Al decimo giorno di disordini, è salito il numero dei morti: in totale sono 41 le persone che hanno perso la vita dopo essere scese in piazza, nonostante i continui avvertimenti della magistratura.
Tra le vittime ci sarebbero anche esponenti delle forze dell'ordine, ma alcune fonti hanno affermato che il numero reale dei morti è in realtà molto più elevato.
La ong Iran Human Rights (IHR), con sede in Norvegia, ha dichiarato domenica sera che i morti sono almeno 57, ma ha notato che i continui blackout alla rete internet stanno rendendo sempre più difficile confermare le vittime in un contesto in cui le proteste guidate dalle donne si sono estese a decine delle città.
Il sito di monitoraggio web NetBlocks ha notato "blackout continui" e "restrizioni diffuse della piattaforma Internet", con WhatsApp, Instagram e Skype già bloccati.
In uno dei video diffuso su Twitter dall'organizzazione no profit si vede una ragazza tagliarsi i capelli dopo il funerale del fratello, morto durante le proteste. Prima di lei centinaia di donne hanno espresso in questo modo il proprio dissenso nei confronti del regime del presidente Ebrahim Raisi. Non solo. Le si vede togliersi gli hijab e bruciarli, le si sente gridare "A morte il dittatore".
Eppure, la repressione continua. Il capo della magistratura, Gholamhossein Mohseni Ejei, ieri ha sottolineato "la necessità di un'azione decisiva senza clemenza" contro i principali istigatori delle "rivolte", si legge sul sito web Mizan Online.
Altre centinaia di manifestanti sono stati arrestati in quella che viene considerata tra le più grandi rivolte degli ultimi anni in Iran.
Parlando a nome dell'Unione Europea, Josep Borrell, ha affermato che "l'uso diffuso e sproporzionato della forza contro i manifestanti non violenti è ingiustificabile e inaccettabile", condannando anche le restrizioni a internet in quanto "violano palesemente la libertà di espressione".
Dal canto suo, l'Iran ha convocato gli ambasciatori britannico e norvegese per ciò che ha definito "interferenza e copertura mediatica ostile", mentre il ministro degli Esteri, Hossein Amirabdollahian, ha criticato apertamento il sostegno degli Stati Uniti ai "rivoltosi".