Inferno Sudan, i militari chiudono Internet: foto profilo blu per protesta in ricordo di Mohamed
Un’onda blu diffusa sui social network: è la campagna di sensibilizzazione nata per ricordare la morte di Mohamed Mattar, un ingegnere sudanese di 26 anni ucciso il 3 giungo scorso a Khartum. Il giovane è stato colpito a morte dai paramilitari della Rapid Support Forces mentre partecipava ad una manifestazione pacifica davanti al quartier generale dell’esercito nella capitale sudanese. Mattar è stato ucciso poche ore dopo aver festeggiato il suo compleanno e, secondo alcune testimonianze, avrebbe fatto da scudo con il suo corpo a due donne che si trovavano con lui in quel momento.
Il blu era il colore preferito di Mohamed Mattar e in moltissimi su Twitter e Instagram stanno usando uno sfondo di questo colore con l'hashtag #BlueForSudan. Iniziato come un modo per ricordare l’uccisione del 26enne, il blu è diventato presto un modo per esprimere solidarietà con le proteste in Sudan per chiedere alla giunta militare di consegnare il potere ad un'amministrazione civile.
Shahd Khidir, una influencer sudanese residente negli Usa, di solito di occupa di bellezza ma, di fronte a quanto sta avvenendo nel suo Paese, ha voluto pubblicare un commovente post sul suo profilo Instagram, seguito da quasi 100mila follower. “Sono nel mio ufficio a piangere perché sono molto triste e mi sento male. C'è un massacro nel mio paese, in Sudan, e i media non dicono nulla. In più, da giorni c'è un blackout di internet”.
In Sudan, le proteste sono iniziate a dicembre 2018, quando i cittadini della città settentrionale di Atbara, esasperati dall'aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, hanno appiccato il fuoco al quartier generale del partito al governo dando il via alla rivoluzione che ha portato alla caduta nell'aprile scorso di Omar al-Bashir, per 29 anni alla guida del Paese. A sostituire il dittatore, però, è stata una giunta militare che sembra intenzionata a perpetuarsi al potere. Di fronte agli scioperi e alle proteste per chiedere il passaggio di consegne ad un'amministrazione civile, esercito e milizie paramilitari hanno reagito con le maniere forti e, la settimana scorsa, i morti sarebbero stati almeno un centinaio. “In un lasso di tempo relativamente breve siamo passati da un leggero ottimismo alla delusione più totale”, ha detto Mohamed Abdelrahman, un sudanese residente nel Regno Unito. “Più utenti [sui social] useranno lo sfondo blu, quante più persone chissà prendano coscienza di quello che sta succedendo”. Una campagna che vuole sfidare la quasi totale chiusura di Internet in Sudan. Negli ultimi giorni, infatti, l’accesso alla rete è stato tagliato dai militari per cercare di impedire la diffusione di immagini e video delle proteste e, soprattutto, della repressione in corso.
Le violenze non hanno risparmiato donne e bambini. “Dal 3 giugno in Sudan, almeno 19 bambini sarebbero stati uccisi e altri 49 feriti”, denuncia Unicef. “Abbiamo ricevuto notizie di bambini detenuti, reclutati per partecipare ai combattimenti e vittime di abusi sessuali”, ha dichiarato Henrietta Fore, direttrice generale Unicef. “Le scuole, gli ospedali e i centri sanitari sono stati utilizzati come obiettivi, saccheggiati e distrutti. Gli operatori sanitari sono stati attaccati solo perché facevano il proprio lavoro. Molti genitori – si legge nella nota diffusa da Unicef – sono troppo preoccupati per lasciare uscire di casa i propri figli, impauriti da violenza, molestie e illegalità”. “Sono profondamente preoccupata – scrive ancora Fore – per l’impatto sui bambini e i giovani delle continue violenze e disordini nel Paese soprattutto per l’uso eccessivo della forza che sembra sia avvenuto contro manifestanti pacifici”. “I bambini in Sudan stanno già portando il peso di decenni di conflitti, sottosviluppo cronico e scarsa governance. Le violenze attuali – conclude Fore – stanno rendendo una situazione già critica ancor peggiore”.