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In Sudan una guerra dimenticata, l’italiana di MSF: “Bombe su nostro ospedale, situazione catastrofica”

Un ospedale di Medici Senza Frontiere è stato colpito giorni fa da un missile in Darfur, due bambini e un loro accompagnatore sono stati uccisi. Francesca Arcidiacono, vice capomissione MSF: “Quella che vediamo ogni giorno è una popolazione ridotta allo stremo, che ha bisogno di tutti i servizi essenziali alla sopravvivenza ma anche di cibo ed acqua pulita. La guerra è iniziata più di un anno fa, e ogni giorno che passa i bisogni aumentano”.
Intervista a Francesca Arcidiacono
Vice capomissione Medici Senza Frontiere in Sudan.
A cura di Davide Falcioni
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Uno dei peggiori disastri umanitari a memoria d'uomo: così alcune settimane fa Edem Wosornu, direttrice delle operazioni dell'Ufficio dell'ONU per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), ha definito la situazione in Sudan, Paese teatro da poco più di un anno di una guerra civile che vede contrapporsi  da una parte l'esercito sudanese (SAF) e dall'altra le forze paramilitari Rapid Support Forces (RSF). La funzionaria dell'agenzia delle Nazioni Unite ha criticato la comunità internazionale per l'inazione dopo mesi di combattimenti e sottolineato come la catastrofe in corso si stia consumando in un silenzio assordante, come se le vite di centinaia di decine di milioni di sudanesi non contino abbastanza. Eppure, come ha ricordato due giorni fa il Segretario Generale dell'ONU Antonio Guterres, lo scoppio dei combattimenti a El Fasher, capitale del Darfur Settentrionale, sta mettendo a rischio oltre 800mila civili. In città infatti vengono utilizzate armi pesanti in aree densamente popolate e anche le infrastrutture civili sono state prese di mira.

Due bambini uccisi da un missile in un ospedale MSF

Ne sa qualcosa Medici Senza Frontiere, ong che fornisce nel Paaese assistenza sanitaria in ospedali dislocati in dieci regioni. Sabato scorso un raid aereo condotto dalle Forza Armate Sudanesi (SAF) ha colpito un’area a 50 metri dall'ospedale pediatrico di Babiker Nahar, supportato proprio da MSF. L’attacco ha provocato il crollo del tetto dell'unità di terapia intensiva uccidendo due bambini in cura e un loro accompagnatore. Le bombe hanno raggiunto uno dei pochi centri specializzati in cure pediatriche, una struttura che riceveva pazienti da tutta la regione del Darfur perché molte altre sono state costrette a chiudere.

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Il dottor Prince Djuma Safari, vice coordinatore medico di MSF a El Fasher, ha spiegato che la struttura accoglieva "115 bambini che soffrivano di malaria, polmonite, diarrea e malnutrizione"; dopo l'inizio dei bombardamenti sono stati tutti evacuati, tranne dieci ricoverati in terapia intensiva. "Il nostro ospedale non è lontano da una base di RSF che le SAF hanno cercato di colpire nella speranza di distruggere il loro materiale bellico". Ad avere la peggio però è stato un ospedale pediatrico, struttura potenziata proprio da MSF circa un anno fa su richiesta del Ministero della Salute sudanese.

"In Sudan è in corso una catastrofe"

Francesca Arcidiacono, vice capomissione Medici Senza Frontiere in Sudan, ha spiegato – intervistata da Fanpage.it – come la situazione umanitaria del Paese sia ormai al limite: "Quella che le persone stanno vivendo è una catastrofe: si registrano migliaia di morti e feriti e milioni di sfollati interni. Secondo le Nazioni Unite 25milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria. Quella che vediamo ogni giorno è una popolazione ridotta allo stremo, che ha bisogno di tutti i servizi essenziali alla sopravvivenza ma anche di cibo ed acqua pulita. La guerra è iniziata più di un anno fa, e ogni giorno che passa i bisogni aumentano".

I combattimenti in corso da tredici mesi hanno causato un aumento dei morti e dei feriti, ma anche aggravato l'insicurezza alimentare in un contesto in cui l'80% delle strutture sanitarie sono ormai fuori uso. E in questo quadro – aggiunge Francesca – "vi è il timore concreto che si diffondano delle epidemie, soprattutto nelle zone del Sudan nelle quali la copertura vaccinale è drasticamente calata. È urgente fornire una risposta umanitaria rapida e capillare nel rispetto del diritto umanitario internazionale".

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