In Sudan la tregua non ferma gli scontri, centinaia di morti: Marines Usa per evacuare l’ambasciata
In Sudan la prevista tregua non regge neanche un secondo. Esplosioni e colpi di arma da fuoco sono risuonati nella capitale Khartoum anche oggi nonostante l’annuncio di una tregua di 72 ore per motivi umanitari in occasione della ricorrenza di Eid al-Fitr che segna la fine del Ramadan. Nelle prime ore di venerdì nuovi raid aerei e combattimenti armati hanno risvegliato i cittadini sudanesi che da giorni vivono ormai sotto l’incubo di una guerra civile e sono costretti a restare rintanati a causa dei pesanti colpi di arma da fuoco anche nei quartieri residenziali.
Il cessate il fuoco doveva entrare in vigore proprio oggi secondo quanto avevano affermato le forze paramilitari di Rapid Support Forces (RSF) che combattono contro i miliari governativi. "La tregua coincide con il benedetto Eid Al-Fitr… per aprire corridoi umanitari per evacuare i cittadini e dare loro l'opportunità di salutare le loro famiglie", ha affermato infatti l'RSF in un comunicato.
L'esercito sudanese però non ha confermato né smentito la notizia e all’alba nuove esplosioni sono risuonate in diverse aree di Khartoum. “Nella notte di Eid al-Fitr, diverse aree di Khartoum sono state bombardate e sono ancora esposte a bombardamenti e scontri tra le forze armate e le RSF” hanno confermato dal Comitato centrale dei medici del Sudan.
Che la situazione sia tutt’altro che tranquilla nel Paese africano lo dimostra la decisione degli Stati Uniti che hanno annucniato di voler inviare sul posto un contingente di marines per preparare l'evacuazione del personale dell'ambasciata statunitense. Dopo gli assalti a sedi diplomatiche e delle ong, infatti, la sicurezza degli stranieri nella capitale è evidentemente compromessa. Alti funzionari statunitensi hanno spiegato però che non sarà facile portare via gli oltre 19mila cittadini americani che si ritiene si trovino nel Paese.
La lotta tra il leader militare del Sudan, Abdel Fattah al-Burhan, e le RSF, guidate da Mohamed Hamdan Dagalo, noto come Hemedti, vice capo del consiglio al potere ha portato già alla morte di circa 350 persone e al ferimento di altre migliaia da quando sono scoppiati i combattimenti sabato. Migliaia di persone sono fuggite dalla capitale da quando sono iniziati i combattimenti e giovedì le Nazioni Unite hanno dichiarato circa 20.000 persone sono fuggite dagli scontri in Darfur per cercare sicurezza nel vicino Ciad.