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In Sudan 97 morti negli scontri tra esercito e paramilitari. Oms: “Serve sangue per curare i feriti”

Terzo giorno i scontri in Sudan, dove da sabato vanno avanti combattimenti tra esercito e paramilitari. Quasi 100 di morti e oltre 350 i feriti. Allarme Oms: “Mancano forniture mediche negli ospedale di Khartoum”.
A cura di Ida Artiaco
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È salito il bilancio delle vittime in Sudan dove da sabato sono in corso scontri tra l'esercito, fedele al generale Abdel Fattah al-Burhan, capo del Sovrano Consiglio di governo di transizione del Paese, e le forze paramilitari di supporto rapido (RSF), guidate dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, noto come Hemedti, vice capo del Consiglio.

I morti sono quasi cento, 97 per la precisione, oltre a 365 feriti, secondo il bollettino diramato dal sindacato nazionale dei medici. Burhan e Hemedti avevano concordato una tregua di tre ore nei combattimenti ieri dalle 16:00 ora locale, per consentire le evacuazioni umanitarie proposte dalle Nazioni Unite, ma l'accordo è stato ampiamente ignorato dopo un breve periodo di calma relativa.

Intanto, anche lo spazio aereo è stato chiuso, dopo che l'esercito sudanese ha reso noto di avere preso il controllo della più grande base delle Rsf a Karari. Mentre le RFS affermano di avere abbattuto un aereo Sukhoi dell'esercito.

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Il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite ha sospeso le operazioni nel paese dopo che tre dei suoi dipendenti sono rimasti uccisi negli scontri in Darfur. E mentre i combattimenti continuano, l'Organizzazione mondiale della Sanità ha lanciato l'allarme sulla mancanza di forniture mediche negli ospedali locali.

"Molti dei nove ospedali di Khartoum che accolgono civili feriti hanno esaurito sangue, attrezzature per trasfusioni, fluidi per via endovenosa e altri rifornimenti vitali", ha affermato l'Oms. Nella giornata di ieri sono stati segnalati pesanti combattimenti intorno all'aeroporto internazionale di Khartoum e al quartier generale militare. Testimoni hanno affermato che l'esercito ha effettuato attacchi aerei su caserme e basi delle RSF – anche a Omdurman, dall'altra parte del fiume Nilo rispetto a Khartoum – ed è riuscito a distruggere la maggior parte delle loro strutture.

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A Nyala, capitale del Sud Darfur e città più popolosa del Sudan dopo Khartoum, la popolazione locale ha raccontato di essere stata costretta a fuggire a causa dei combattimenti tra le due fazioni rivali. "Siamo spaventati, non dormiamo da 24 ore a causa del rumore e della casa che trema. Siamo preoccupati di rimanere senza acqua, cibo e medicine per mio padre diabetico", ha detto alla Reuters una giovane residente nel sud della Capitale. "Ci sono così tante informazioni false, tutti mentono. Non sappiamo quando finirà e come andrà a finire", ha aggiunto.

Il segretario di stato americano, Antony Blinken, ha detto che c'è una "profonda preoccupazione condivisa" tra gli alleati per i combattimenti in Sudan, che dovrebbero cessare immediatamente, mentre le parti dovrebbero tornare ai colloqui. Gli sforzi dei Paesi vicini e degli enti regionali per porre fine alla violenza si sono intensificati nelle ultime ore. L'Egitto si è offerto di mediare e l'Autorità intergovernativa per lo sviluppo del blocco africano prevede di inviare i presidenti di Kenya, Sud Sudan e Gibuti il prima possibile nel Paese per riconciliare i gruppi sudanesi in conflitto, ha dichiarato su Twitter l'ufficio del presidente keniota William Ruto.

La violenta crisi tra le due principali fazioni del regime militare al potere minaccia di destabilizzare infatti non solo il Sudan ma gran parte della regione, oltre ad esacerbare una battaglia per l'influenza sul territorio che coinvolge le maggiori potenze del Golfo, Stati Uniti, UE e Russia.

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