Non è vero che se nasci in un paese di guerra ti ci abitui, non ci si abitua a una bomba che cade. Devastata dalle bombe, la Siria è anche stremata da un embargo di cui poco si parla. Ne parliamo con Marco Rodari, in arte “Claun il Pimpa”. Da anni rischia la vita recandosi nelle zone di guerra per far ridere i bambini. Fa il clown. Una cosa semplice e pura, che solo i bambini sanno cogliere, anche tra le bombe. “A Mosul mi sono esibito a 50 metri di distanza dalla moschea dove tre anni prima l'ISIS aveva proclamato il califfato. Non dimentichiamoci dei bambini, perché la gioia è nel loro DNA, supera ogni indottrinamento, ogni devastazione. Vedi proprio i loro visi prima immobili, poi sgomenti, poi, a poco a poco, sempre più sorridenti”. E poi? Una risata vi seppellirà tutti, come dicevano gli anarchici del secolo breve. Perché la risata non rende solo liberi, rende anche uguali.
Gli ultimi raid aerei e di artiglieria compiuti dai turchi nel nord della Siria risalgono a meno di 10 giorni fa. Si è detto che l’obiettivo erano delle postazioni dei miliziani curdi e arabi del Partito dei lavoratori PKK sostenuto dagli Stati Uniti.
In questo momento ci sono più eserciti stranieri che fanno letteralmente quello che vogliono in alcune aree. Poi stanno tornando terroristi e attentati: ho fatto uno spettacolo con i bimbi in un luogo di Aleppo che 4 ore dopo è saltato in aria. Immagini di vivere così da 11 anni.
Questo è il suo ottavo viaggio in Siria, ma prima della Siria, è andato in Ucraina, all’indomani della guerra. Ha trovato differenze tra i due paesi?
In Ucraina, dove la situazione, sia chiaro, è difficilissima, almeno arrivano gli aiuti umanitari e c’è la possibilità di mantenere rapporti umani con la popolazione colpita. In Siria non arriva niente. Niente di niente. Ed è difficilissimo proprio entrarci. Ed è così da 11 anni, anzi, ora anche peggio.
Perché ora va peggio in Siria?
Anzitutto la Siria è sotto embargo da parte di praticamente tutto l’Occidente. Un embargo che sulla carta nasce per indebolire il governo siriano ma nella realtà dei fatti colpisce la popolazione.
Ma l’embargo dovrebbe riguardare solo attrezzature militari e simili. Non è così?
Provo a farle capire con due esempi concreti come l’embargo sia totale e colpisca chi non c’entra niente. Ad Aleppo c’è un bellissimo gruppo di ragazzi con disabilità, chiamato Impronte di gioia, con dei laboratori artigianali in cui fino a prima dell’embargo, i ragazzi producevano e vendevano braccialetti, piccoli manufatti e saponi di Aleppo. Ecco, l’embargo non permette più loro di vendere nulla all’estero. E il mercato interno non esiste. Chi può permettersi di comprare qualcosa con 20-30 euro di stipendio? Se un’organizzazione italiana volesse acquistare del sapone per aiutare questi ragazzi a sopravvivere, non potrebbe. In Ucraina sono entrato in contatto con moltissime associazioni. Sapendo che mi sarei recato in Siria, molte di loro si sono offerte di portare un aiuto, ma non è stato possibile. Cibo, bonifici, niente. Non si può portare niente. Ecco cos’è l’embargo.
Di solito gli embarghi rendono felici le mafie che proliferano con il mercato nero. Se lo stipendio mensile in Siria è di 20-30 euro, quanto costa un chilo di riso?
Un chilo di riso costa circa 1 euro. Faccia un po’ lei i calcoli: si lavora per meno di 1 euro al giorno, con cui puoi permetterti giusto 1 kg di riso. E allo stipendio da 30 euro ci arrivano solo gli impiegati statali. Non avevo mai visto così tanti bambini cercare nell’immondizia come in questo ultimo mese passato in Siria. Gli stipendi sono crollati prima con la pandemia e poi con lo scoppio della guerra in Ucraina.
E in una situazione del genere i bambini ridono?
Si parte dalle lacrime di commozione, di solito degli adulti, che lavorano tanto per far sì che il pagliaccio possa arrivare in questi luoghi, e si finisce tra le risate dei bambini. I bambini sorridono e ridono tutti nella stessa lingua. Il bambino nel reparto oncologico di Varese soffre come quello di Aleppo. La differenza, ammesso che abbia senso discuterne, sta nel fatto che un bambino di Varese, vivendo in paese di pace, ha comunque una possibilità di ricevere le migliori cure possibili e ha una maggiore probabilità di uscire dalla propria malattia e trovare bellezza intorno a sé. Un bambino di Aleppo no.
Lo dice con convinzione.
È proprio nei reparti oncologici che ho iniziato questa sorta di missione. Poi, dal 2009, ho iniziato a fare il clown nelle zone di guerra. Ma non è che mi sono detto ‘voglio andare dove c’è la guerra’. Io vado dove mi chiamano. A un certo punto mi hanno chiamato lì, in Medio Oriente.
Tornato dall’Ucraina è stato contattato dai giornali per essere intervistato?
Sì, molti.
E tornato dalla Siria?
Scomparsi quasi tutti.
Il suo prossimo viaggio?
Torno in Ucraina prima di Ferragosto. Le distinzioni tra bambini di serie a e di serie b le lascio agli altri. Come ho già detto, io vado dove mi chiamano.