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“In Russia vige il terrore, non aspettatevi proteste dopo la morte di Navalny”: l’analisi del sociologo

L’intervista di Fanpage.it al sociologo russo Lev Gudkov: “La partecipazione di tanti coraggiosi ai funerali di Navalny non indica che ci saranno altre manifestazioni contro Putin. Le elezioni saranno palesemente truccate per far trionfare il presidente”. Ma non ci saranno rivolte: “Nei regimi totalitari non si può protestare”.
A cura di Riccardo Amati
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L’addio a Alexei Navalny significa l’addio a un’epoca in cui — almeno fino a pochi anni fa — era ancora possibile “pensare di cambiare il sistema”. Che però oggi è diventato “quasi del tutto totalitario”. Ha instaurato “il terrore e il controllo sulla vita privata”. E non permette alcun tipo di opposizione e di dissidenza. Chi si illude che la folla dei fiori per Navalny e degli slogan pacifisti e anti-regime possa aver provocato la scintilla in grado di riaccendere il movimento contro Putin si sbaglia di grosso: "Troppo tardi, il Paese è cambiato dai tempi dei grandi cortei per la democrazia", è il commento di Lev Gudkov, famoso sociologo russo, a Fanpage.it.

Gudkov, 77 anni, è il direttore scientifico del centro statistico indipendente Levada. L’istituto che ha guidato per oltre 15 anni potrebbe esser chiuso in ogni momento. È stato dichiarato “agente straniero”. Se il Cremlino ne tollera le attività è perché anche alle dittature i sondaggi indipendenti servono. E anche le analisi spietatamente critiche dei grandi sociologi. Lev Gudkov ha continuato gli studi del suo maestro Yuri Levada sulle caratteristiche dei cittadini — o forse dovremmo dire dei sudditi — dei regimi totalitari. Ritiene che l’”homo sovieticus”, che durante l’Urss aveva sviluppato il cinismo, il conformismo e altre “doti” utili alla sopravvivenza in ambiente totalitario, sia molto simile all’ “homo putinus” che prospera nella Russia di oggi.

Abbiamo raggiunto Gudkov in video conferenza nella sua dacia fuori Mosca.

Lev Gudkov
Lev Gudkov

Lev, se l’aspettava una partecipazione così ampia ai funerali di Alexei Navalny?

"È stata una sorpresa. Ed è stata una grande manifestazione contro Putin, contro la guerra e per Navalny. Tra 15mila e 30mila persone sono andate ai funerali o a portare un fiore sulla tomba. Non hanno solo partecipato al lutto ma hanno anche e soprattutto protestato. Però si tratta sempre di una cerchia ridotta di persone, rispetto ai 15 milioni di abitanti di Mosca. Erano in tanti. Ma se guardiamo le cose dall’alto, rimangono quei pochi che non hanno avuto paura a uscire per strada".

Ma è la fine di qualcosa, un canto del cigno? O si tratta invece di un inizio?

"Pensare all’inizio di qualcosa di nuovo è probabilmente poco realistico. La repressione sta aumentando. Anche solo esprimere un’opinione è diventato quanto mai difficile. Soprattutto negli ultimi cinque anni la quantità di arresti sia per reati “amministrativi” (punibili con 15 giorni di carcere, diventano penali se reiterati, ndr) che per casi penali è aumentata di dieci volte. I prigionieri politici sono ormai di più di quanti fossero nell’Unione Sovietica di Brezhnev. Vige il  terrore. Il governo agisce scientemente per spaventare la popolazione. E la propensione a protestare, o anche solo a dire la propria, è fortemente diminuita".

Il sacrificio di Navalny, il suo esempio, non potrebbero far tornare il coraggio di protestare nonostante la repressione?

"Bisogna tener presente che la società è divisa, riguardo al giudizio su Navalny. Soprattutto in una città come Mosca. Una parte è completamente soggiogata dall’ideologia imperialista e sostiene la guerra e il regime. L’altra fazione è pacifista e vicina alle idee di Navalny. Non è certo la fazione maggioritaria. Ed è nel mirino della repressione. Non ci saranno proteste di massa, prevedibilmente".

Da un sondaggio Levada risulta che la morte di Navalny non è considerata dai russi l’avvenimento più memorabile del febbraio scorso. È al secondo posto, dopo la vittoria militare di Avdiivka. E solo una persona su dieci afferma di approvarne l’operato. Due volte in meno rispetto a tre-quattro anni fa. Cosa ci dicono questi dati sull’eredità lasciata dal dissidente morto in Siberia?

"Vorrei sottolineare che sono stati gli intervistati a menzionare i due eventi. Né Avdiivka né Navalny erano in alcun modo suggeriti nelle domande del sondaggio. Quindi, questo dimostra come ci sia un gran quantità di sostenitori di Putin, felici della caduta di Avdiivka. E poco importa se in quella battaglia sono morti tantissimi russi. Altrettanti quanti nell’intera campagna in Afghanistan (ovvero tra i 14.500 e i 15mila caduti, ndr). D’altro canto, esiste anche un 20-22% della popolazione che è contro Putin. Questa gente è rimasta scioccata, addirittura terrorizzata dalla morte di Navalny. Ma la paura di essere alla mercé di un regime ormai totalitario non ha impedito loro di portare fiori sulla sua tomba".

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Le elezioni potrebbero diventare un referendum sulla guerra? Sappiamo che molti russi — anche non dissidenti — sono contrari al proseguimento del conflitto. Potrebbe esserci un risultato poco soddisfacente per Putin? Diverso dal plebiscito che vorrebbe?

"Non ci saranno risultati veri. Queste elezioni sono un esercizio di manipolazione dell’opinione pubblica. Mica vere elezioni. Putin prenderà tra il 70 e il 75%. Vuol dire che ufficialmente il sostegno alla “operazione militare speciale in Ucraina” sarà assicurato da tre quarti della popolazione o quasi. Cifre non distanti da quanto rilevato dai nostri sondaggi sul gradimento che ha il presidente: circa il 70%. Tra questa gente che si dice d’accordo con la guerra, ci sono comunque moltissime persone che della guerra non ne possono più. Ma a far convergere i sentimenti opposti ci pensa la propaganda. Che mobilita la società. Non tanto sul conflitto con l’Ucraina ma sulla sbandierata battaglia in corso contro quello che al Cremlino definiscono “Occidente globale”. La società a questo punto teme la Terza guerra mondiale e si stringe intorno alla bandiera".

Parlando delle elezioni, lei non ha nemmeno menzionato gli altri tre candidati…

"Perché non sono candidati ma solo clown politici. E anche se, per assurdo, la gente votasse in massa per uno di loro, questi non potrebbe mai vincere".

Perché?

"Perché i risultati saranno addomesticati in molti modi per avvicinarsi il più possibile a quelli che vuole il Cremlino. Un mezzo potente per i brogli è il voto elettronico. Controllato in tutto e per tutto dalla polizia politica, l’Fsb. Si tratta di ben 38 milioni di voti. Che andranno dove vuole il regime".

Ci si può sempre astenere. Una scarsa affluenza alle urne sarebbe una sorta di sconfitta per Putin?

"Chi è contro Putin non andrà a votare. Ma anche sotto questo aspetto i dati verranno addomesticati. L’affluenza ufficiale risulterà senz’altro molto superiore a quella reale. La vittoria di Putin dovrà essere un trionfo totale. Dovrà dimostrare che il presidente ha dalla sua parte tutta la popolazione. E sarà così. O almeno così ci diranno in tivù".

Dodici anni fa la popolazione si ribellò ai brogli elettorali, alle elezioni addomesticate. Centinaia di miglia di persone scesero in piazza contro Putin. Se il Cremlino sarà “costretto” a brogli troppo evidenti per ottenere il risultato desiderato, potrebbe succedere ancora? O ci troviamo in una Russia troppo diversa da quella di allora?

"Allora la popolarità di Navalny era al picco più alto. Durante le proteste del 2011 e 2012 aveva dalla sua parte il 40-45% dei russi. L’intera classe media scese in piazza: le persone con un’istruzione, con un tenore di vita superiore alla povertà. Ben coscienti di trovarsi di fronte all’ultima possibilità per cambiare il regime pacificamente, per uscire dall’autoritarismo in modo legale".

E oggi non esiste più, quella possibilità?

"Il Paese è cambiato davvero tanto. Sono cambiate le leggi (proprio dopo le proteste del 2012 furono introdotte le leggi che di fatto restringono o annullano il diritto di manifestare previsto dalla Costituzione, ndr), è cambiato l’approccio del governo nei confronti dei cittadini. Il Cremlino controlla completamente i media e l’economia. E adesso arriva a controllare anche la vita privata della gente".

Sta elencando le caratteristiche di un totalitarismo…

"La Russia di allora era sotto un regime autoritario. Quella di oggi è sotto un regime ormai quasi del tutto totalitario. È un regime che si fonda sul terrore politico per far paura ai cittadini ed evitare che protestino. E che si affida alla censura totale. Anche su internet. I russi non possono più scrivere le loro opinioni sui social. Altrimenti rischiano la galera. Soprattutto, non possiamo più dire alcunché se non in linea con la politica del Cremlino. E poi c’è stata l’emigrazione di centinaia di migliaia di dissidenti. No, nella Russia di oggi non sono pensabili le proteste di 12 anni fa. Nei regimi totalitari non si può protestare".

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