I paesi in via di sviluppo verso la costituzione della propria “Banca Mondiale”
Indipendenza politica e, soprattutto, economica. Questo l'obiettivo della banca di sviluppo mondiale, nota col nome di New Development Bank, che si propone di aiutare sia i paesi appartenenti al Brics (ovvero Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), sia le altre realtà in via di trasformazione economica.
Poche ore fa il delegato russo per gli accordi internazionali, Vadim Lukov, ha annunciato che gli stati fondatori di quella che viene considerata come l'anti Banca Mondiale sono vicini a ratificare l'accordo costitutivo del nuovo istituto di credito. L'annuncio che avviene in poche ore prima del summit internazionale del G20 (che si terrà a Birsbane in Australia dal 15 al 20 novembre), ha da un lato l'obiettivo di dare concretezza immediata agli accordi stipulati a Fortaleza (Brasile) a luglio scorso, sia quello di dare un segnale forte di indipendenza dalle potenze economiche, soprattutto dagli Stati Uniti, presenti al meeting internazionale da parte dei fondatori della nuova banca.
L'obiettivo dei paesi in via di sviluppo
“Al momento tutti gli attori coinvolti nella preparazione della carta costitutiva sono a lavoro per preparare le procedure nazionali indispensabili alla ratifica della Nuova Banca – ha affermato all'agenzai Ria Novosti Lukov –. Anche la Russia sta predisponendo gli strumenti normativi necessari a tale passo, personalmente sono a conoscenza del fatto che il ministero delle Finanze di Mosca ha già negoziato i dettagli del documento con le altre agenzie governative coinvolte nel processo di preparazione alla ratifica. La firma in sé della carta, tuttavia, dipende solo dalla Duma”. Secondo gli addetti ai lavori l'istituzione della Banca potrebbe avere un impatto primario sulle economie dei Brics, in primis, perché attraverso questo istituto di credito questi paesi potrebbero negoziare a prezzi più vantaggiosi gli investimenti da compiere e, soprattutto, non dovrebbero sottostare ai diktat politici della Banca Mondiale che, secondo l'opinione più diffusa in quelle realtà, risponde direttamente ai desiderata provenienti da Washington.
Uno strumento d'indipendenza che – almeno nelle intenzioni dei Capi di Stato protagonisti dell'accordo del luglio scorso –, ha come obiettivo principale quello di controbilanciare il potere straordinario esercitato da Usa e Europa in relazione sia ai programmi di sviluppo delle realtà più povere o considerate più marginali, sia alle tipologie di interventi da realizzare. Questo perché la Banca Mondiale, nel momento in cui viene chiamata in causa per erogare prestiti di sorta diviene, in estrema sintesi, un istituto controllore delle politiche del paese richiedente, divenendo quindi capace di indirizzare secondo le proprie valutazioni gli interventi da attuare nelle specifiche realtà.
La costituzione, dunque, di un soggetto creditizio capace di affrontare le complicate acque della finanza internazionale e ritenuto affidabile a livello globale perché capace di erogare ingenti quantità di danaro per la realizzazione di progetti ritenuti alternativi o in alcuni casi sgraditi alle grandi potenze, potrebbe rappresentare un effettivo momento di svolta per le economie di intere regioni, come quelle del Latino America, dell'Asia Centrale e dell'Africa. Economie che hanno dimostrato nel corso degli ultimi due decenni una ritrovata vitalità, si pensi su tutti all'Argentina ma gli esempi si sprecano, che tuttavia troppo spesso viene limitata da considerazioni di opportunità politica espresse e sostenute dai paesi più avanzati.
Putin: "Bisogna abbandonare la dittatura del dollaro"
È evidente che il progetto di creare una nuova Banca mondiale dei paesi in via di sviluppo si inserisce pienamente nella guerra economica che divide, da mesi ormai, gli Usa e l'Europa dalla Russia. In questo quadro il ruolo di promozione del nuovo soggetto economico giocato da Mosca è grande, così come la volontà del Presidente russo Vladimir Vladimirovič Putin di continuare a dare segnali forti di indipendenza all'inquilino della Casa Bianca. Proprio poche ore fa il Presidente russo ha affermato: “la Russia ha intenzione di abbandonare la dittatura del dollaro relativa al mercato energetico e che ha intenzione di utilizzare come moneta di scambio le valute di Mosca e Pechino per le transazioni internazionali. I nostri tecnici sono allo studio per valutare la concreta fattibilità dell'utilizzo delle nostre valute al posto di quella nordamericana. Così facendo il peso del dollaro nei mercati internazionali e soprattutto energetici potrebbe diminuire”. Le parole di Putin e gli atti degli altri presidenti del Latino America, da Maduro alla Kirchner passando per la recentemente rieletta Roussef in Brasile, sembrano indicare la determinazione politica di queste realtà ancora definite in via di sviluppo a sfuggire al controllo dei paesi più avanzati per perseguire, nella prima volta nella loro storia (eccezion fatta per la Russia) vie autonome di crescita.