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In fuga da 2 anni e bloccato in Grecia: la storia di Sheyar, il farmacista siriano che cerca la pace

Sheyar vive a Lavrio, in Grecia, in un campo autogestito che ospita 250 persone circa. Sta scappando da due lunghi anni. Deve ancora fermarsi perché il suo sogno è la Germania dove vorrebbe finire gli studi e aprire una farmacia, la stessa farmacia che aveva in Siria prima di scappare dalla guerra.
A cura di Elia Cavarzan
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Sheyar non ha ancora 30 anni, mastica bene l'inglese, mi fa vedere un selfie di lui con un camice bianco in mezzo agli scaffali pieni di farmaci. Vive a Lavrio, in Grecia, in un campo autogestito che ospita all'incirca 250 persone. Mi dicono che la Grecia è piena di questi campi fantasma, ci credo. "Qui sono in Siria, nella mia farmacia. Poi sono scappato perché non era più un posto sicuro per me". Due anni di fuga, due anni alla ricerca di un luogo sicuro che non gli ricordi quello che visto quando era nel suo Paese.

"Eravamo sotto i bombardamenti, c'erano palazzi che cadevano, cibo che mancava, due ore al giorno di elettricità. Ho visto moltissimi bambini morire", racconta Sheyar che a ogni parola fatica a trovare la seguente. Rimestare dentro alla saccoccia dei suoi ricordi, del suo vissuto, è un qualcosa che lo ferisce, lo rattrista, lo incupisce. Meglio parlare di domani, dei suoi sogni, delle sue speranze.

"Tutti i miei sogni riguardano la speranza di vivere in un luogo sicuro. Quando ero in Siria non potevamo nemmeno dire la parola libertà; avevamo paura della polizia, del governo, di tutti. Abbiamo pagato con il sangue". Sheyar si illumina in volto solo quando parla della sua farmacia e di quella che vorrebbe aprire in Germania. Ha già una laurea triennale conseguita in Siria, ma non gli basta: "Vorrei fare un master in Germania per continuare i miei studi. Lavorare e poi mandare dei soldi alla mia famiglia".

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È stanco di "viaggiare", come dice lui, forse gli manca il vocabolo inglese per "scappare". Ma gli occhi lo correggono. Vive pensando a come e dove spostarsi per realizzare i suoi sogni e nutrire fino in fondo le aspettative della famiglia, fratelli e sorelle, intrappolati in Siria. "I'm not stable", questo si capisce, "non sono stabile". Un nomade dei giorni nostri. Pieno di cicatrici, fame, dolore, aspettative, sogni.

L'ho conosciuto nel cortile improvvisato di un campo di rifugiati 40 chilometri a sud di Atene; lui si era presentato dicendomi che era un siriano e che faceva il farmacista. Il paese di origine e la sua professione. Ho parlato con moltissime persone quel giorno: Paese e professione. Paese e professione. Venivano tutti dal Medio Oriente, poi c'erano ingegneri, insegnanti di arte, musicisti, un pittore, informatici, ho conosciuto un architetto e un designer di esterni.

Tutti uomini e donne senza libertà. Come il siriano Sheyar, alle porte dell'Europa, sognando la sua farmacia.

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