Nella storia dell'ultimo secolo i colpi di Stato – riusciti o falliti – sono stati tantissimi e di certo non finiranno oggi: ma cosa rende molto diverso questo tentato Golpe bolsonarista, fotocopia dell’assalto a Capitol Hill, da tutti gli altri? E perché in un certo senso è – o meglio sono – simbolo della non-cultura da cui siamo sempre più sopraffatti? Forse è proprio nel silenzio di Salvini, che c’è una risposta a queste domande, nell'incapacità di esternare pubblicamente una coerenza inesistente e inaccettabile.
Sono eventi del tutto nuovi e difficilmente definibili per la loro stessa natura meticcia, in bilico fra sommossa popolare spontanea e movimento pilotato ed etero-guidato: quel che appare assolutamente chiaro è che traggono origine da un sentimento di insoddisfazione generica, guidata purtroppo da ignoranza, paura e arroganza. Tre sentimenti che difficilmente insieme hanno dato vita a qualcosa di buono: d'altronde la paura è spesso figlia dell'ignoranza. Tre sentimenti che, di certo, hanno governato l'animo delle migliaia di sostenitori dell'ex presidente Jair Bolsonaro che, ieri in Brasile, hanno assaltato i palazzi del potere. E che purtroppo ancora adesso in questi momenti, stanno creando gravissimi scontri per le strade di San Paolo.
Questi tentati "golpe" sono un dato incontrovertibile generazionale ovvero non esprimono sicuramente il pensiero di tutta una generazione ma al contempo la raccontano. Sono sommosse nate allo stesso modo, dalla falsificazione dei dati e delle notizie e allo stesso modo Trump e Bolsonaro hanno assolutamente negato l'esito delle elezioni senza alcuna tema di smentita, hanno messo in dubbio l’affidabilità dei rispettivi sistemi elettorali, senza fornire alcuna prova, e, a elezioni largamente perse, si sono rifiutati entrambi di ammettere la propria sconfitta. Questo ha fatto sì che maturasse nei loro sostenitori la falsa convinzione che tutto sia figlio di un complotto, che la vittoria appartenga a loro, che il nuovo Presidente Lula non sia stato eletto dal popolo e così via.
Tutto ciò è figlio dei tempi: la polarizzazione e le fake news governano nostro malgrado gran parte dell'informazione e delle nostre scelte. Abbiamo ogni mattina sul palmo delle nostre mani qualsiasi notizia da qualunque parte del mondo, e possiamo farne ciò che vogliamo, cambiarle a nostro piacimento, trasformarle e condividerle e così tante di queste notizie poi sono spesso talmente orribili, che ci siamo assuefatti ad ogni tipo di vergogna e dolore, quasi che nulla più ci possa spaventare perché nulla più sembra davvero reale. Il filtro o sottile linea rossa o limite fra ciò che viviamo e ciò che vediamo si fa sempre più esile come la nostra stessa percezione della realtà e di ciò che è reale, tanto da non comprendere il vero pericolo a cui potremmo essere sottoposti se attaccassimo il palazzo del governo. O quantomeno da non comprenderne davvero le conseguenze, come il protagonista di Capitol Hill ha dimostrato ampiamente.
Tutti protagonisti del golpe che si riprendono, telefono alla mano, nell'atto di assaltare – e ripeto assaltare – il palazzo del Congresso ovvero nell'atto di delinquere, rendendosi così inconsapevoli rei confessi del proprio crimine, ne sono la perfetta testimonianza perfetta e sono inoltre la prova inconfutabile che di anno in anno, la polarizzazione e l'industria delle fake news, stanno appiattendo sempre più le coscienze: non vi è un discorso critico a favore o contro di un governo o di un sistema – quale esso sia -, vi è invece un sempre più brutale e bruto pensiero unico: "non ha vinto quello che piace a me e allora spacco tutto".
Ed è la fine della democrazia intesa come tale – dall'antico greco démos, «popolo» e krátos, «potere» – come partecipazione, come comunità di persone che insieme condividono uno scopo, perché invece così ci riduciamo inesorabilmente al rango di bestie, animali gregari che si distinguono in base agli odori, alla chimica, al colore della pelle, a chi è il più forte: concetti essenziali che sono lo spettro del fascismo, che pone le sue fondamenta sull'ignoranza, la paura, l'arroganza, la fine della democrazia appunto. Nel suo discorso di domenica al Congresso, Lula ha dichiarato che avrebbe combattuto la fame e la deforestazione, risollevato l’economia e cercato di unire il Paese, e poi ha detto a chiare lettere che Bolsonaro, durante il suo mandato, aveva minacciato la stessa democrazia brasiliana: a quanto pare non aveva torto. E difatti ha definito l'attacco alle istituzioni democratiche del Brasile “vandalo e fascista”.
Nel frattempo Bolsonaro è in Florida, al sole, a pochi km da Trump, suo amico e compagno di battaglie, nei loro comodi "letti di lana", mentre i suoi seguaci o forse meglio follower, "povera carne umana", sono mandati al macello, allo sbaraglio, guidati da nessuno se non dalla loro ottusa fede e cieca ignoranza, arrestati fino ad ora in 400, senza alcun proposito o piano di conquista, se non quello di "spaccare tutto". Come fosse un videogioco, come fosse un reel da scrollare, pronti ad andare avanti senza alcuna conseguenza. Purtroppo le conseguenza, ci sono, tante e drammatiche.
Per fortuna esiste tutt'altra generazione da raccontare, che non era a Capitol Hill, che non era per strada davanti al palazzo del Congresso brasiliano, che fissa la luna – cercando di raggiungerla – e non il dito. Spero che la storia non dia ragione agli idioti.