In barca da Barcellona a Gaza, 22 donne in viaggio per forzare il blocco navale di Israele
Si chiamano Amal e Zaytouna (Speranza e Oliva), sono due piccole imbarcazioni a vela con le quali le attiviste di Freedom Flotilla sperano di arrivare alla Striscia di Gaza. A bordo ci sono solo donne, undici per ogni barca. Compongono l’equipaggio personalità di spicco internazionale quali Malin Bjork, membro del parlamento europeo, e Mairead Maguire, pacifista britannica e premio Nobel per la pace nel 1976. La lista dei passeggeri comprende anche la parlamentare tunisina Latifa Habashi, la giornalista algerina Khadija Benguenna, Ann Wright, colonnello in pensione dell’Esercito USA e ex diplomatico che si dimise nel 2003 in opposizione all'invasione dell’Iraq, la poetessa e sceneggiatrice Naomi Wallace e l’atleta turca Cigdem Topcuoglu.
Con il loro viaggio sperano di focalizzare l'attenzione internazionale sulle condizioni degli abitanti della Striscia di Gaza. Il Women’s Boat to Gaza ha dichiarato che l’assedio illegale di Israele deve terminare affinché ogni persona possa vivere in libertà e dignità. Il loro viaggio servirà a denunciare “l'immobilismo della comunità internazionale”. Da oltre dieci anni, Israele mantiene quasi due milioni di palestinesi bloccati in un sottile lembo di terra.
Ci vorranno tre settimane per completare l’attraversata e giungere a Gaza, dove le barche cercheranno di forzare in modo non violento il blocco navale imposto da Israele dal 2007. E’ previsto uno scalo al porto di Aj ad Ajaccio (Corsica, Francia); l’arrivo a Gaza, salvo impresti, dovrebbe avvenire nei primi giorni di ottobre.
Non è il primo tentativo di rompere l’assedio di Gaza via mare. Nella maggior parte dei casi però l’esercito israeliano ha impedito l’approdo alla Striscia, confiscando le barche e arrestando gli equipaggi. Nel 2010, l’assalto delle forze speciali israeliane alla Mavi Marmara, una barca di proprietà della Fondazione Ihh Humanitarian Relief, una Ong turca, provocò la morte di dieci attivisti. In segno di protesta, la Turchia ritirò il proprio ambasciatore e la crisi diplomatica tra i due Paesi durò sei anni. Da allora, altri tre flottiglie di aiuti umanitari hanno cercato di raggiungere le acque di Gaza, tutte senza successo. Questa volta, il capitano Madeleine Habib – una skipper con più di 30 anni di esperienza – si è mostrata convinta di poter rompere l'assedio di Gaza ed è entusiasta, nonostante le difficoltà del viaggio tra cui spazi angusti, poco sonno, il potenziale mal di mare e la possibilità di arresto al momento dell'arrivo. Per Khaldiya Abu Bakra – attivista nata proprio a Gaza – la loro impresa rappresenta anche un modo per onorare tutte le donne palestinesi. “La donna palestinese ha partecipato alla causa per anni, proprio come gli uomini, se non di più, ma non c'è mai stato il riconoscimento del suo ruolo", ha detto ad Al Jazeera.
Israele dal canto suo teme che le imbarcazioni possano essere utilizzate per il trasporto di armi o altro materiale destinato all’organizzazione terrorista Hamas. Una fonte diplomatica israeliana ha detto al Jerusalem Post che il ministero degli esteri stava facendo tutto il possibile per affrontare la questione. La fonte ha aggiunto che gli sforzi del ministero sono indirizzati a ridurre al minimo eventuali danni diplomatici e mediatici causati dal viaggio delle attiviste del Women’s Boat to Gaza.
L'assedio di Gaza ha paralizzato gravemente il territorio palestinese: un rapporto della Banca Mondiale del 2015 ha rilevato che l'economia di Gaza era "sull'orlo del collasso", e secondo una relazione dell’Ufficio di statistica palestinese realizzato quest’anno il tasso di disoccupazione nella Striscia di Gaza superato ormai il 40 per cento. Il deterioramento delle condizioni di vita della popolazione palestinese dopo oltre un decennio di blocco da parte di Israele potrebbe rendere Gaza inabitabile nel 2020, in base ad una relazione della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD), pubblicata nel 2015.