In Afghanistan è iniziata la caccia alle donne, Pangea: “Sono il primo nemico per i Talebani”
È iniziata la caccia alle donne in Afghanistan dove dallo scorso 15 agosto i Talebani hanno preso il potere. A denunciarlo a Fanpage.it è l'organizzazione umanitaria milanese Pangea che spiega: "Le donne emancipate sono il primo nemico per i Talebani: dobbiamo assolutamente portarle in salvo". Le richieste d'aiuto da Kabul e da altre città afgane alla onlus si susseguono senza sosta. La paura è che nei prossimi giorni molte donne saranno sequestrate o uccise dai Mujaheddin che hanno iniziato una vera e propria caccia, casa per casa: ogni porta viene abbattuta alla ricerca di quelle donne che considerano come veri e proprio nemici.
"Ci viene la pelle d'oca ogni volta che leggiamo messaggi che ci arrivano dall'Afghanistan – spiega Luca Lo Presti, il presidente di Pangea – persone uccise o perseguitate, porte abbattute per sequestrare le donne che ci sono dentro". Secondo Presti le notizie che giungono da Kabul sono solo una piccola parte di ciò che sta realmente accadendo e a preoccupare è anche e soprattuto questa idea che i Talebani stanno mostrando di sé ai media e alla comunità internazionale. Niente burqa per le donne e sì all'istruzione, hanno fatto sapere questa mattina. Ma la verità, spiega Pangea, è che sono centinaia le donne che stanno scappando per paura di essere sequestrate, insieme alle loro famiglie. Ecco perché la notte della presa di Kabul, è stato chiesto alle attiviste che operano sul territorio per conto dell'associazione di distruggere tutti i documenti sensibili che potessero portare in qualche modo i Mujaheddin sulle tracce di chi in questi anni ha operato per la libertà delle donne e alle stesse che sono riuscite a costruirsi un futuro.
Le venti donne afgane, che hanno tutte un'età compresa tra i 25 e i 45 anni, che operano per la onlus Pangea sono disperate: si sentono come in trappola e hanno paura di essere proprio loro le prossime vittime dei Talebani. "Ci hanno riferito di avere incenerito le foto dei familiari. Se dovessero prendere loro, vogliono eliminare ogni traccia delle loro radici", spiegano i responsabili di Pangea che ora sperano di poter portare in Italia loro e decine delle persone che hanno aiutato attraverso l'organizzazione in questi anni. Si tratta di 200 persone circa che hanno già iniziato a essere decimate da arresti e uccisioni, come è accaduto a una delle attiviste della onlus che è fuggita e che ha visto i Mujaheddin arrestare per questo parte della sua famiglia. Un clima di terrore che non farà che peggiorare nelle prossime settimane e che deve essere raccontato, ma che rischia di essere nascosto dalla politica di comprensione mostrata dal Talebani se le donne simbolo di questa battaglia saranno arrestate.