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Guerra in Ucraina

Il vero significato della tregua di Putin per lo storico Galeotti: “Convincere Trump che il problema è Kiev”

Lo stop ai combattimenti in Ucraina resta teorico. Proseguono i raid e gli attacchi russi. Zelensky ammette però che Mosca “sta cercando di creare l’impressione generale di un cessate il fuoco”. Obiettivo del Cremlino: “Influenzare gli Stati Uniti e far apparire Kiev come il vero ostacolo alla pace”, commenta il putinologo Mark Galeotti a Fanpage.it.
A cura di Riccardo Amati
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Trenta ore invece di trenta giorni. E comunque l’artiglieria di Mosca “ha continuato a sparare”, mentre le sue truppe hanno assaltato “diversi settori del fronte”, ha scritto Volodymyr Zelensky su X dopo il via alla tregua annunciata da Putin per Pasqua. Durante la notte, oltre 380 colpi di artiglieria, 290 lanci di droni e una ventina di attacchi di terra, secondo il presidente ucraino. Le truppe di Kiev stanno “rispondendo simmetricamente”. Ma il tono è un po’ meno pessimistico rispetto alla sera prima prima. “L'esercito russo sta cercando di creare l'impressione generale di un cessate il fuoco”, dice Zelensky.

Un gesto politico

La tregua unilaterale annunciata da Vladimir Putin per la Pasqua non ha nulla di “umanitario”, anche se il presidente russo ha usato proprio questo aggettivo. Ha ragioni di politica interna e soprattutto di politica estera. Il Cremlino cerca di convincere la Casa Bianca che fa sul serio, riguardo alla pace. Oltre tre anni dopo aver ordinato l’invasione su vasta scala dell’Ucraina.

“Dal punto di vista militare, 30 ore di tregua non hanno alcun significato”, dice a Fanpage.it lo storico britannico Mark Galeotti — autore di decine di libri sulla Russia e il suo attuale leader. “Ma se il gesto servisse a persuadere Donald Trump che non è Mosca il problema, avrebbe una valenza politica cruciale”.

Solo un giorno prima, il presidente americano aveva espresso in pubblico la sua impazienza, già ventilata dai suoi collaboratori: “Se per qualche ragione una delle due parti rendesse [i negoziati di pace] molto difficili, diremo loro ‘siete stupidi e sconsiderati, siete gente orribile’, e passeremo ad altro”. Niente più mediazione sull’Ucraina, insomma. Gli Usa hanno le loro priorità.

Si tratta adesso di capire quale sia la portata della mossa di Putin. È davvero un primo passo verso la fine di questa guerra infinita? “Nei confronti di Trump, che si è detto in attesa di segnali di quanto davvero Mosca e Kiev vogliano la pace, l’intenzione è quella di dare un’indicazione in questo senso”, commenta Galeotti.

La tregua che divenne un massacro

Gli ucraini sono scettici: “Nessuna fiducia nelle parole che arrivano da Mosca”, è stata la reazione di Zelensky poco dopo l’annuncio di Putin. Non c’è da biasimarlo: mezz’ora prima dell’inizio previsto per la pausa nei combattimenti, su Kiev suonavano le sirene: allarme aereo. Droni Shahed in arrivo. E poco dopo a Kharkiv sono stati colpiti alcuni edifici residenziali, secondo immagini postate sui social e che mostrano i condomini fiamme.

Non è la prima volta che il Cremlino proclama una breve tregua. L’ultima, fu in realtà un massacro. Putin dichiarò che le armi avrebbero taciuto il 6 e il 7 gennaio del 2023, in occasione del Natale ortodosso. Ma i combattimenti non si fermarono. Secondo i dati raccolti da Mediazona e dal servizio russo della Bbc, almeno 274 soldati russi morirono in quei due giorni. Contando tutti i caduti del gruppo Wagner, praticamente integrato nelle forze armate di Mosca, si arriva a 329. I dati sono conservativi.

Non ci fu alcuna riduzione dell’intensità della guerra. Durante quel presunto stop alle ostilità, la Wagner lanciò un assalto a Soledar, in una delle battaglie più sanguinose nella lunga offensiva russa per conquistare Bakhmut, nell’Ucraina orientale.

Il rilancio di Kyiv

Fatto sta che, nonostante i giustificati dubbi e le notizie di attacchi russi in corso, l’Ucraina questa tregua di Pasqua l’ha accettata. Proponendo di estenderla ben oltre le 30 ore concesse da Putin. E ricordando — attraverso un post su X del ministro degli Esteri che Kiev l’11 marzo scorso aveva già detto sì a un cessate il fuoco generale di 30 giorni, parecchio più significativo dell’attuale. Ma di fatto rifiutato dalla Russia.

La montagna di chiacchiere fatte da Washington sulla fine della guerra ha partorito un ridicolo topolino, come diceva il poeta latino Orazio, di chi promette grandi cose ma poi produce poco o punto. Se c’è una differenza rispetto alla sanguinosa “tregua” del Natale 2023 è solo “in termini di contesto politico, per il fatto che Trump è ormai annoiato e infastidito” da trattative che non sembrano portare a niente, spiega Galeotti.

Annuncio ben orchestrato

Putin ha dichiarato il suo breve cessate il fuoco alla fine di un colloquio con il Capo di stato maggiore delle forze armate russe Valery Gerasimov, che gli ha riferito le ultime sulla guerra: “Stiamo avanzando”, ha detto il generale al presidente. “La situazione sta andando alla grande per la Russia”, ha concluso Putin. Poi, l’annuncio a sorpresa. E un commento: “La tregua mostrerà se il regime di Kiev è pronto per negoziare”. Proprio così, il “regime”. E “negoziare”. Paradossale, detto da lui. Il tutto, a favore delle telecamere, nell’ufficio presidenziale del Cremlino illuminato come un set cinematografico.

La tregua unilaterale è stata preceduta dallo scambio di oltre 500 prigionieri di guerra tra Russia e Ucraina. Come avvenuto in altri momenti della guerra. Il fatto che almeno su questo Mosca e Kiev siano capaci di trattare è forse l’unica certezza, l’unico indizio che si possono raggiungere risultati concreti e che si possa arrivare da qualche parte sulla strada della pace.

La Pasqua è la festa civile e religiosa più importante in Russia. Batte di gran lunga il Natale. Le chiese ortodosse si riempiono di gente che assiste rigorosamente in piedi — e spostandosi allegramente da un’icona all’altra come in un mercato, magari bevendo tè — alla lunga messa di mezzanotte.

La scenografia della fede

Putin è andato nella  Cattedrale di Cristo Salvatore, simbolo della rinascita spirituale della Russia e dell'alleanza tra il Cremlino e il patriarcato, sottomesso al potere temporale come vuole la tradizione zarista. In abito scuro, il presidente reggeva una sottile candela rossa come la sua cravatta. Si è fatto tre volte il segno della croce con tre dita, alla maniera russa, rispondendo “Voistinu voskres” (è davvero risorto) quando il patriarca ha pronunciato le parole “Khristos voskres” (Cristo è risorto). È il saluto di Pasqua da molti secoli, da quelle parti.

Nella sua omelia, il patriarca Kirill, ex agente del Kgb — il famigerato servizio segreto sovietico — ha invitato i credenti a pregare e a lavorare per "una pace duratura e giusta nella Rus' storica”: il riferimento è alla narrativa putiniana sulla storia dei più o meno condivisi destini medievali delle odierne Bielorussia e Ucraina, e di parte della Russia.

“Per il suo popolo, Putin impersona il premuroso e devoto leader cristiano”, nota Mark Galeotti. Uno zar buono e impeccabilmente ortodosso “che si riserva il diritto di maledire gli ucraini come se fossero diavoli, nel caso in cui non rispettassero la tregua di Pasqua”. Chi conosce e critica il regime che attualmente governa la Russia, non può che aspettarsi provocazioni militari e accuse all’Ucraina. Anche nel giorno di Pasqua. Ma non può nemmeno non sperare che stavolta invece Putin sia sincero. E che un breve e in teoria insignificante cessate il fuoco serva ad avvicinare la pace.

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