Possiamo far finta di crederci, se volete, alla favola dei talebani buoni folgorati sulla via di Doha, che promettono libertà all donne e ai giornalisti, e che danno lezioni a Facebook sulla libertà d’espressione, come un Donald Trump qualunque.
Possiamo pure far finta di credere pure a chi crede ancora oggi che l’Afghanistan degli ultimi vent’anni, de-talebanizzato dagli americani, sia stato un bengodi di libertà e benessere e non un faticosissimo processo di decostruzione di un intricato sistema di leggi tribali e coraniche fondate sull’oppressione della donna e sulla legge del più forte.
Possiamo far finta di credere pure che gli americani non stessero facendo il doppio gioco da almeno cinque o sei anni, sostenendo il governo fantoccio di Kabul e intanto chiacchierando amabilmente coi capi talebani a Doha di un eventuale, futuribile, insediamento di un nuovo emirato islamico in Afghanistan, con tanti saluti a tutte le chiacchiere sul nation building e sull’esportazione della democrazia.
Possiamo far finta di credere a tutto, insomma, basta che non ci prendete per fessi.
Perché non ci vuole una laurea in geopolitica internazionale per capire che tutto l’interesse a normalizzare la crisi afghana ha un unico obiettivo: evitare che dall’Afghanistan arrivi una fiumana di profughi da accogliere.
Ad aprire la strada – o meglio: a chiuderla a doppia mandata – è stato il Pakistan, che Occidente non è, ma che ha deciso comunque di mettere in galera e rispedire a casa propria chiunque provi a varcare il confine tra i due Paesi. Del resto, se i Talebani sono diventati così buoni e moderati, perché scappare in massa dai loro kalashnikov? Lo stesso presidente americano Joe Biden del resto ha minimizzato la questione degli afghani – “qualcuno”, ha detto – che se ne vogliono andare. E ha detto che difenderà con la diplomaziai diritti delle donne afghane. Di ospitarle in America, nemmeno per sogno.
L’Europa, al solito, non ha fatto mancare il suo fondamentale contributo, in ogni caso. Per bocca di Emmanuel Macron, prima di tutto, per il quale la grande emergenza dei prossimi mesi sarà quella dell’immigrazione clandestina, con tanti saluti per le donne afghane. Del resto, basta solo riavvolgere il nastro di qualche giorno per trovare notizia dei sei Paesi europei – Austria, Belgio, Danimarca, Grecia, Olanda e pure la Germania di Angela Merkel – che premevano per rimpatriare comunque i profughi afghani, nonostante i Talebani fossero già alle porte di Kabul.
Ma siccome in questa estate di notti magiche l’Italia non è inferiore a nessuno, pure Draghi, Salvini e Conte , in un inconsueto afflato tripartisan si sono prodigati a parlare del rischio di recrudescenza del terrorismo internazionale (Salvini e Draghi), di quanto questi vent’anni di occupazione militare atlantica abbiano comunque cambiato l’Afghanistan e che accoglieremo solamente chi ha collaborato con noi (Draghi), di quanto in fondo questi talebani sembrino molto diversi dai loro predecessori del 1996 (Conte). Nessuno dei tre ha osato parlare di accoglienza, di profughi, di corridoi umanitari. E pure chi ha stigmatizzato la ritirata occidentale dal suolo afghano – da Renzi a Berlusconi – si è ben guardato dal pronunciare la parola accoglienza. Che grandioso spirito di squadra, in quest’estate italiana.