Il Regno Unito non li vuole: 114 profughi bloccati in una base militare di Cipro
Circa 114 profughi sono bloccati dallo scorso 21 ottobre nella base militare britannica Raf – Royal Air Force, sulla costa meridionale di Cipro. Il gruppo – che comprende richiedenti asilo siriani, libanesi e palestinesi, tra cui 19 donne e 28 bambini – è sbarcato a bordo di due barconi in quello che è considerato a tutti gli effetti suolo britannico. Le basi di Akrotiri e quella di Dhekelia, infatti, sono "sovereign base areas", territori sovrani del Regno Unito, dove vivono civili, si parla inglese e la giurisdizione dipende da Londra. Da lì partono per altro i caccia-bombardieri della RAf impegnati nei raid contro Isis in Iraq. I barconi sono stati notati da un pescatore cipriota a poca distanza dalla base di Akrotiri. I migranti sono stati fatti sbarcare lì, prima di essere trasferiti a Dhekelia.
Nonostante si trovi a poche miglia dalle coste siriane, la crisi migratoria ha solo sfiorato l'isola di Cipro (colonia britannica fino al 1960), che in questi anni ha registrato pochissimi arrivi e altrettante richieste d'asilo. Sbarcando ad Akrotiri, però, le 114 persone sono tecnicamente arrivate sul suolo britannico: una porta sull'Europa a soli 300 km dalle coste siriane. Si ritiene che sia la prima volta dall'inizio dell'emergenza umanitaria nel Mediterraneo che dei richiedenti asilo sbarchino alla base. Nel 1998 c'è stato un precedente, quando sono arrivati 21 migranti iracheni curdi che vivono tuttora, a distanza di diciassette anni, a Dhekelia, ma in una zona separata.
La situazione all'interno della base, a due settimane dallo sbarco, è parecchio nervosa. Un video diffuso dal Guardian mostra scene di tensione e disordini tra i profughi e i militari. In una clip si vede un uomo che minaccia il suicidio, tra il caos di altri richiedenti asilo e l'arrivo degli ufficiali; in un'altra, un uomo con la faccia coperta di sangue chiede ai giornalisti di essere presenti. "Perché volete tenere questo nascosto? Perché ci tenete in delle tende?", dice. "Siamo uomini, non animali", si sentono urlare alcuni migranti saliti per protesta su una recinzione.
In altri frammenti, i richiedenti asilo supplicano la loro liberazione dalla base. "Ho 12 anni, siamo seduti qui nelle tende, abbiamo freddo e non ci è permesso uscire. Per favore aiutateci", dice un ragazzino.
Sabato scorso alcuni membri del gruppo hanno dato fuoco ad alcune tende per protesta. Oltre alle condizioni di vita, lamentano la totale mancanza di progressi nelle loro richieste d'asilo. Una donna ha riferito al Guardian che le forze dell'ordine britanniche li "contano ogni giorno, come se fossimo in prigione. Non ce la facciamo più".
"Siamo a conoscenza di un piccolo numero di incidenti nella sistemazione temporanea dei migranti – hanno detto dal ministero della Difesa britannico – Gli ospiti hanno accesso a cibo, rifugio, privacy e possibilità di comunicare. L'Onu ha visitato il sito e ha detto che supera gli standard. Stiamo lavorando con le autorità cipriote per risolvere questa situazione il più velocemente possibile".
I migranti sono infatti al centro di una diatriba tra Cipro e Gran Bretagna, che ha escluso categoricamente che le sue basi possano diventare una porta secondaria per il Regno Unito, una sorta di nuova Melilla.
L'Unhcr ha detto chiaramente che è la Gran Bretagna ad avere l'obbligo di gestire le richieste di asilo di chi arriva nelle basi militari cipriote: l'isola "ha solo l’obbligo di prestare assistenza ma la questione dello status è, e rimane britannica". E questo anche secondo un accordo siglato tra Uk e Cipro nel 2003.
Nonostante questo, il governo di Cipro si è offerto di occuparsi dei 114 profughi, che però vogliono presentare richiesta al governo di Londra. Il risultato è una situazione di stallo che, come mostra il video, inzia a non essere più tollerata. "Il secondo giorno che siamo arrivati ci hanno detto che saremmo stati spostati nel giro di cinque giorni e dopo saremmo stati in grado di fare le nostre richieste di asilo. Ma siamo ancora qui", ha riferito uno dei migranti.