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Il racconto delle 108 donne di Azovstal prigioniere dei russi: “Torturate con scosse elettriche”

Le 108 donne tornate in Ucraina dopo lo scambio di prigionieri con Mosca hanno rilasciato alcune interviste ai media di Kiev appena tornate in patria. “Ci torturavano con le scosse elettriche e non ci davano da mangiare”
A cura di Gabriella Mazzeo
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Nella notte tra domenica 16 ottobre e lunedì 17 ottobre è avvenuto un grande scambio di prigionieri tra Ucraina e Russia. Questa volta sono tornate a Kiev 108 donne, quasi tutte parte della Marina Militare. Tra le donne tornate a casa vi sono anche soldatesse della Guardia nazionale, delle guardie di frontiera, medici e due donne del reggimento Azov.

A raccontare l'arrivo in patria delle 108 donne liberate è Ukrinform, la principale agenzia di stampa ucraina che ha assistito al rientro dell'autobus sul quale viaggiavano le prigioniere. "Siamo state torturare con la corrente elettrica, picchiate con martelli e scottate con acqua bollente" avrebbero raccontato alcune delle vittime ai microfoni dell'agenzia di stampa.

Lo scambio è avvenuto nel sud dell'Ucraina, ma le 108 prigioniere non hanno potuto vedere nulla durante il trasferimento dalla loro prigione. "Ci hanno coperto gli occhi per non farci capire dove ci trovassimo – ha spiegato una delle donne liberate -. Siamo salite sugli autobus senza capire dove stessimo andando, perché non credevamo allo scambio. Nessuno può essere sicuro che la Russia non cambi idea e interrompa tutto all'ultimo minuto".

I giornalisti non hanno potuto assistere al trasferimento, ma hanno aspettato le giovani sopravvissute al confine con l'Ucraina. "Non posso ancora crederci, ho sognato tante volte di tornare a casa – ha spiegato Hanna, militare 26enne dei Marine di Kiev prigioniera di Mosca per sei mesi -.Ho lasciato l'acciaieria Azovstal quando gli occupanti hanno iniziato a bombardarla. Se non ci fossimo arresi, saremmo sicuramente morti".

"Ci trattavano come animali – ha continuato -. Ci picchiavano, ci torturavano e non ci davano da mangiare. Ci scottavano con acqua bollente e volevano rimuoverci i tatuaggi tagliandoci la pelle. Sono sopravvissuta solo perché ho pensato a casa, dove mi aspettano mio figlio, mia madre e mia sorella. Mio marito è prigioniero dei russi, ma non so dove sia".

Tra le 108 rilasciate c'è anche un medico militare di Azovstal. La donna, separata dalla sua bimba di 4 anni che vive da diversi mesi in Polonia con la nonna, lavorava in un ospedale Militare di Mariupol ed è poi andata ad Azovstal per ordine del comandante.

"I russi mi hanno catturata dopo l'evacuazione dell'acciaieria. Mi hanno trattenuta per 165 giorni senza spiegarmi perché – ha raccontato la giovane mamma -. Mi hanno costretta a rilasciare un'intervista ai media russi, a farmi dire quello che volevano. Non c'era altro modo di sopravvivere".

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