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Il premier libico avverte: “L’Isis è un pericolo per l’Italia, aiutateci a contrastarlo”

Fayez Serraj, in un’intervista concessa al Corriere della Sera, lancia un appello alle autorità italiane e chiede che il Belpaese intervenga in aiuto della Libia inviando aiuti e contributi umanitari. “L’Isis è un’organizzazione pericolosissima. Utilizzerà qualsiasi mezzo per inviare i suoi militanti in Italia e in Europa” e l’Italia è in pericolo.
A cura di Charlotte Matteini
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In un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, il premier libico Fayez Serraj parla della situazione geopolitica del Medioriente e lancia un appello all'Italia: "La nostra Libia ha bisogno dell’aiuto internazionale nella battaglia contro l’Isis. L’Italia è tradizionalmente il nostro Paese amico, potete fare tanto". Un momento importante per comunicare con l'Italia, per questo Serraj ha voluto incontrare i cronisti del Corriere per affidare questo messaggio che spera possa essere accolto dalle autorità italiane.

"L’Isis è un’organizzazione pericolosissima. Utilizzerà qualsiasi mezzo per inviare i suoi militanti in Italia e in Europa. Non sarei affatto sorpreso di scoprire che i suoi uomini si nascondono sui barconi diretti verso le vostre coste. Dobbiamo affrontare insieme questo problema. L’Isis ci minaccia tutti allo stesso modo", ha dichiarato Serraj al Corriere.

"I nostri soldati avevano ottenuto grandi successi negli ultimi periodi contro gli uomini del Califfato. Erano avanzati per centinaia di chilometri. Ma l’Isis ricorre adesso a tattiche nuove nella difficile guerra urbana per le strade di Sirte. Sono infidi, pericolosi. Per evitare ulteriori perdite tra la popolazione civile locale e i nostri soldati abbiamo quindi deciso di chiedere aiuto alla alleanza internazionale impegnata contro l’Isis in Siria, in Iraq e qui in Libia. Le nostre truppe necessitano di armi più sofisticate per combattere la guerriglia urbana. Le richieste agli Stati Uniti sono venute dai nostri comandi impegnati sul campo. Comunque i nostri uomini possono fare da soli una volta ottenuto la copertura dall’aria. Ho chiesto solo l’intervento con attacchi aerei Usa che devono essere molto chirurgici e limitati nel tempo e nelle zone geografiche, sempre coordinati con noi. Non ci servono truppe straniere sul suolo della Libia".

L'Isis costituisce un grave pericolo per la Libia ed è per questo che Serraj si è visto costretto a chiedere aiuto alle forze militari degli alleati europei e americani impegnati nella battaglia contro il Califfato e adesso è il turno dell'Italia, a cui il premier libico chiede aiuto. "All’Italia chiediamo qualsiasi aiuto possa darci. L’Isis è un nemico difficile, infido, pericoloso per il nostro Paese, ma anche per l’Italia, l’Europa e il mondo intero", spiega Fayez Serraj. Ma non ci si chiede un aiuto di tipo tecnico-militare, la Libia spera invece che l'Italia possa "trattare e curare nei suoi ospedali i nostri feriti di guerra. Vorremmo più cooperazione in questo senso. Gli aiuti medici e i visti per il trasferimento dei nostri feriti sul vostro territorio dovrebbero essere più rapidi. Abbiamo anche richiesto alcuni ospedali da campo che sarebbero molto utili per trattare in tempo utile i nostri feriti gravi sulle prime linee. Inoltre, abbiamo già ottenuto dall’Italia partite di visori notturni e giubbotti anti-proiettili che servono per salvare la vita ai nostri uomini. Ma non bastano. Necessitiamo di altri invii e altri aiuti". Contributi di carattere umanitario, quindi, che permetterebbero ai soldati libici impegnati nella battaglia contro l'Isis di potersi curare per sopravvivere alle ferite di guerra.

Nel mentre, il governo di unità nazionale della Libia sta aspettando che il parlamento voti per sancire la legittimità della leadership di Ferraj. "Il nostro dialogo con il generale Haftar non è mai cessato. Come norma di principio, i comandi militari devono però obbedire ai politici di un Paese. Non può esistere uno Stato con due eserciti. Anche in Libia deve imporsi una sola catena di comando militare che risponde all’ombrello civile dell’autorità politica. Noi speriamo fermamente che il nostro Paese si adatti a questi principi: è il modo più efficiente per combattere l’Isis, stabilizzare la Libia e cooperare con la comunità internazionale", spiega il primo ministro libico. "Secondo l’accordo raggiunto l’anno scorso in Marocco, il parlamento di Tobruk deve votare la mozione riguardante il mio governo di unità nazionale. Sino ad oggi tuttavia i suoi esponenti sono divisi. Sappiamo che 103 deputati sostengono il nostro governo. Ma non riescono a mettersi d’accordo per il voto finale. Noi siamo pronti a rispettare le loro decisioni. Nel frattempo però noi non possiamo attendere. Il Paese è in grave crisi, le sfide sono immense, la destabilizzazione cresce. Per questo abbiamo deciso di agire per il bene di tutti e permettere al nostro gabinetto di agire e operare, almeno su base temporanea".

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