Il premier inglese Boris Johnson ha un piano per fermare Putin e la sua guerra in Ucraina
Il premier inglese Boris Johnson ha un piano, articolato in sei punti, per fermare Putin e la sua invasione militare in Ucraina. Lo ha presentato al New York Times, spiegando che i leader di tutto il mondo dovrebbero creare una coalizione internazionale di carattere umanitario, sostenendo con forza Kiev "nei suoi sforzi di difesa" del Paese. Per iniziare a parlarne lunedì il primo ministro incontrerà i leader di Olanda e Canada a Londra, il giorno dopo ospiterà i capi di governo di Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia (in prima linea nella crisi dei rifugiati).
Altro punto di Johnson: andrebbe aumentata la pressione sulla Russia dal lato economico, dopo le pesanti sanzioni già inflitte a Mosca. Come? Ad esempio "colpendo il denaro sporco" di matrice russa, perseguendo "gli oligarchi" ed espellendo "tutte le banche russe dal sistema internazionale Swift". E ancora: continuare a percorrere la via diplomatica, ma coinvolgendo in maniera più forte il governo ucraino di Zelensky, avviando una "campagna per rafforzare la sicurezza e la resilienza" tra i Paesi della Nato.
Il numero uno di Downing Street chiama così a raccolta tutta la comunità internazionale, esortandola a reagire contro la "orribile e barbara" aggressione all'Ucraina. Secondo Johnson, infatti, "non saranno gli storici a giudicarci, ma il popolo ucraino" e non va accettata la "strisciante normalizzazione" delle azioni russe in Ucraina. Il riferimento diretto è all’invasione russa della Georgia nel 2008 e all’annessione della Crimea nel 2014.
Nonostante questo, però, il governo inglese frena sul fatto che il conflitto in essere possa diventare una guerra della Nato, visto che nessun alleato finora ha inviato delle truppe da combattimento a Kiev e dintorni. Johnson, insomma, conferma al New York Times di non volere alcuna guerra diretta contro una "potenza mondiale" come la Russia. Inoltre spiega che l'Ucraina, in questi anni e anche ultimi mesi, non aveva in realtà "una prospettiva seria di adesione alla Nato nel prossimo futuro”.