Il pompiere che ha salvato migliaia di vite: “L’Italia mi accusa di complicità con i trafficanti”
“Nel Mediterraneo stiamo assistendo ad un autentico massacro. Tutte queste morti dovrebbero farci provare vergogna”. Ne è convinto Miguel Roldán, 32 anni, un vigile del fuoco di Siviglia. Nel giugno 2017 era volontario a bordo della Iuventa, la motonave della Ong tedesca Jugent Rettet impegnata nelle operazione di soccorso ai migranti nel Mediterraneo. “Nei venti giorni in cui stato in mare – spiega Miguel a Fanpage.it – ho contributo a salvare circa 5.000 persone”. Una volta ritornato in Spagna, però, arriva la doccia fredda e scopre di essere indagato dalla procura di Trapani per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Un reato che può costargli diversi anni di carcere. “Quando hanno sequestrato la nostra barca (il 2 agosto 2017, ndr) io ero già tornato a casa perché avevo completato la mia missione. Dopo un anno, io e altri volontari siamo stati indagati dai magistrati italiani per aver favorito la tratta di esseri umani”. “E’ assurdo – sottolinea – abbiamo solo salvato migliaia di persone da una morte sicura”.
Nell'estate del 2017 dalle coste libiche partono decine di gommoni diretti in Europa. In quei giorni, nel Mediterraneo centrale sono impegnate a soccorrere i naufraghi diverse imbarcazioni, tra cui anche la Iuventa. L’equipaggio è composto da 10 volontari, per lo più tedeschi. Con loro c’è anche Miguel, dell’unità sommozzatori dei vigili del fuoco di Siviglia. “Per me fare il pompiere è una vocazione. Appena sono entrato nel corpo, ho deciso partecipare a progetti umanitari che avessero a che fare con il soccorso marittimo”. E’ così che Miguel Rondán inizia a dedicare le ferie estive a fare volontariato. Quella con la Iuventa non è la sua prima missione: nell'estate del 2016, è a Lesbo, l’isola greca in quel momento approdo di migliaia di profughi in fuga dalla guerra in Siria.
Secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom), il 2017 è stato uno degli anni più tragici per i migranti che hanno cercato di attraversare il Mediterraneo. Solo nella rotta centrale sono affogate in mare 2.853 persone. E giugno, il mese in cui il pompiere spagnolo era a bordo della Iuventa, è stato il più mortifero con oltre 500 morti. “Abbiamo dovuto affrontare delle situazioni drammatiche – ricorda il volontario – perché i naufragi erano all'ordine del giorno. A volte le imbarcazioni dei migranti erano in condizioni accettabili e in quei casi dovevamo solo aiutarli a mettersi i giubbotti salvagente. Poi li facevamo salire a bordo per trasportarli su altre navi più grandi, come quelle di Medici senza Frontiere e Save the Children, che li avrebbero condotti in porto”.
Non sempre, però, i salvataggi sono stati facili. “In altre occasioni era più complicato perché in un gommone potevano viaggiare più di 300 persone. Quando ci vedevano cominciavano a buttarsi in acqua per essere i primi a salire sulla nostra barca. Un comportamento che purtroppo veniva imitato anche dal resto dei migranti che, uno dopo l’altro, si lanciavano in mare. In quei momenti bisogna mantenere la calma per evitare una strage”. Il giorno più terribile è ancora impresso nella memoria di Miguel. “E’ stato durante la mia terza missione. Quando siamo arrivati, il gommone era mezzo affondato e c'erano già centinaia di persone in acqua. Non avevamo né i mezzi né il personale per aiutare tutta quella gente. E’ in quegli attimi – continua – che devi decidere quali salvare. Se soccorri quelli alla tua destra, saprai che quelli a sinistra moriranno. E’ stata la parte più dura da affrontare”.
Rispetto all'ipotesi di reato che gli viene rivolta non ha dubbi. “Non abbiamo mai fatto alcunché di illegale – ci tiene a sottolineare Miguel – abbiamo sempre operato rispettando le regole che ci venivano date dal Mrcc di Roma, il centro di coordinamento delle operazioni di salvataggio della Guardia Costiera. E’ per questo che sono rimasto incredulo quando mi hanno incolpato di aver cooperato nella tratta di esseri umani. Per i magistrati italiani – aggiunge – il semplice fatto di aver aiutato i migranti ad attraversare il Mediterraneo ci ha messo sullo stesso piano dei trafficanti”. “Quando sento dire da qualcuno che le Ong generano un effetto chiamata per i migranti – ribadisce – vorrei rispondergli di venire un solo giorno in mezzo al mare con noi. Vorrei che vedessero le facce di disperazione delle persone che stanno per affogare. Ecco, sono convinto che dopo un’esperienza simile, chi ci accusa cambierebbe sicuramente opinione”.
Dopo aver ricevuto un avviso di garanzia, il pompiere spagnolo aspetta la conclusione delle indagini, coperte dal segreto istruttorio, prevista per l'estate. Entro la fine dell’anno dovrebbe iniziare il processo contro Miguel e gli altri cooperanti della Jugent Rettet. Sono tre gli episodi contestati ai volontari della Ong tedesca e per i quali il gip ha disposto il sequestro preventivo della nave Iuventa, che si trova ancora al porto di Trapani. Le principali fonti dell’accusa sono le testimonianze e le foto scattate da un agente dei servizi segreti sotto copertura, imbarcato come personale di sicurezza sulla nave Vos Hestia dell’organizzazione umanitaria Save the Children, attiva nello stesso tratto di mare. Miguel Roldán è assistito da un avvocato spagnolo e un altro italiano. “Il mio legale di qui mi rassicura, mentre quello in Italia non è così ottimista. Non penso troppo al processo, mi preoccupa di più che non ci sia nessuno ad aiutare i migranti che in questo momento cercano di attraversare il Mediterraneo”. “Il problema dell’immigrazione è globale – sottolinea – è assurdo pensare che riguardi solo l’Italia, la Grecia o la Spagna. Non è girando la testa dall'altra parte che si risolverà il fenomeno migratorio”. Sapere di essere indagato comunque non ha indebolito lo spirito di solidarietà del pompiere spagnolo. “Voglio ritornare in mare al più presto – conclude Miguel – e aiutare gli altri. Lo considero un mio dovere come essere umano”.