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Il Papa: “La chiesa non deve chiudersi in sé stessa”

Nell’omelia della messa di Pentecoste, Papa Bergoglio invita i cristiani ad accogliere le novità e sottolinea come una Chiesa “autoreferenziale” possa rappresentare un pericolo per essa e per i credenti.
A cura di Biagio Chiariello
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Il Papa è intervenuto oggi sulla banca vaticana durante la messa a Santa Marta. “Quando la Chiesa vuol vantarsi della sua quantità e fa delle organizzazioni e diventa un po' burocratica, perde la sua principale sostanza e rischia di trasformarsi in una ong. E la Chiesa è una storia d'amore”.

Una Chiesa troppo "chiusa e autoreferenziale" rappresenta un pericolo per essa e per i cristiani, secondo Papa Francesco. Nella sua omelia della messa di Pentecoste celebrata a piazza San Pietro, ha sollecitato i fedeli con una serie di domanda: "Siamo aperti alle sorprese di Dio o ci chiudiamo con paura alla novità dello Spirito Santo? Siamo coraggiosi o ci difendiamo in strutture caduche che hanno perso la capacità di accoglienza?", è ciò su cui il Pontefice invita a riflettere. "L'armonia la fa lo Spirito Santo". Esso ci "salva dal pericolo di una Chiesa gnostica e di una Chiesa autoreferenziale, chiusa nel suo recinto e ci spinge ad aprire le porte per uscire, per annunciare e per testimoniare la vita buona del Vangelo, per comunicare la gioia della fede e dell'incontro con Cristo". E davanti agli oltre 200 mila fedeli presenti alla messa di Pentecoste, con 70 cardinali e vescovi dal sagrato della basilica vaticana, Bergoglio ha esortato: "Abbiamo la tendenza a chiuderci in noi stessi, nel nostro gruppo o lasciamo che lo Spirito Santo ci apra alla missione? La liturgia di Pentecoste -spiega – è una grande preghiera che la Chiesa con Gesù eleva al Padre perché rinnovi l'effusione dello Spirito Santo. Ciascuno di noi, ogni gruppo, ogni movimento -conclude- si rivolga al Padre per chiedere questo dono, nell'armonia della Chiesa".

Francesco si è poi soffermato su due concetti all'apparenza contrapposti: divisione e uniformità. Il concetto di unità non deve essere sinonimo di omologazione come la diversità non deve necessariamente portare al conflitto, ha fatto intendere il Santo Padre. E ha spiegato: "Quando siamo noi a voler fare la diversità e ci chiudiamo nei nostri particolarismi e nei nostri esclusivismi, portiamo la divisione. Quando siamo noi a voler fare l'unità secondo i nostri disegni umani, finiamo per portare l'uniformità e l'omologazione". Invece, assicura il Papa, anche in questo caso diventa determinante farsi "guidare dallo Spirito: solo così la ricchezza, la varietà, la diversità non diventano mai conflitto, perché ci spinge a vivere la varietà nella comunione della Chiesa".

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