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Il nuovo piano Ue sui migranti è inutile e illegale

Il Consiglio Europeo si prepara a dare il via libera a un piano assurdo, per metodo e merito. Sulla pelle dei profughi siriani e dei migranti “economici”.
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Il Consiglio Europeo del 17 e 18 marzo è chiamato a dare il via libera definitivo alle “conclusioni del Presidente del Consiglio” (elaborate con il sostegno della presidenza olandese e della Commissione Europea), per tentare di dare una risposta efficace all’emergenza profughi nel Vecchio Continente. Il vertice di oggi è il terzo nel solo 2016 e dovrebbe concretizzare “l’intesa di principio” raggiunta nell’incontro di Ankara con il Governo turco.

Un’intesa sulla quale già abbiamo avuto modo di esprimere le nostre perplessità, in particolare per quel che concerne uno dei passaggi chiave: “Far rientrare, a spese dell'Unione, tutti i nuovi migranti irregolari che hanno compiuto la traversata dalla Turchia alle isole greche e assicurare che per ogni siriano che la Turchia riammette dalle isole greche, un altro siriano sia reinsediato dalla Turchia negli Stati membri dell'UE”. Come si trattasse di pacchi postali, di balle di fieno, di container, insomma: ne spostiamo un tot dalla Grecia alla Turchia e ne mandiamo un numero equivalente in giro per l’Europa. Senza contare il fatto che, al momento, il sistema di ricollocamento può farsi carico di circa 70mila persone: insomma, che succederà una volta raggiunta e superata tale cifra?

Ma non basta, perché, come vi abbiamo raccontato, "l'accordo è illegale in quanto contravviene a quanto stabilito dalla Convenzione dei diritti umani che proibisce l'espulsione collettiva degli stranieri" e violerebbe anche il diritto a richiedere l'asilo riconosciuto dalla Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 e le garanzie contenute nella Convenzione sui rifugiati dell'Onu del 1951, in cui è sancito che per richiedere l'asilo, i rifugiati possono violare le leggi sull'immigrazione".

Una follia logica e concettuale, un accordo forse anche illegale, su cui i nostri “tecnici” stanno provando ad avvertire il Governo:

In proposito, si può osservare che l’accordo prospetta una sorta di “scambio” che non sembra pienamente compatibile con le regole vigenti in materia di asilo quando si tratti di soggetti che avrebbero comunque i requisiti per chiedere la protezione internazionale. Si può inoltre osservare che l’accordo prefigura un regime speciale con riferimento ai soli migranti siriani

E qualcuno, come Briguglio su LaVoce, aggiunge:

Di fronte a una sua domanda d’asilo, il diritto Ue imporrebbe comunque di esaminarla e solo a seguito di un rigetto definitivo si potrebbe chiedere alla Turchia di riammetterlo: la gestione dell’emergenza ne trarrebbe scarsissimo giovamento, dati i tempi richiesti dalla procedura di esame. Il fatto, però, che si contempli la riammissione in Turchia di un siriano "irregolare" sembra imporre una diversa interpretazione, che includa "qualunque straniero che tenti di raggiungere un’isola greca", a prescindere dal fatto che presenti o intenda presentare una domanda di asilo. È difficile infatti immaginare un siriano che non sia oggi intrinsecamente titolare del diritto alla protezione sussidiaria. Se le cose stanno così, siamo di fronte a una patente violazione della direttiva 2011/95/Ue. Solo una previa riforma della normativa permetterebbe di negare l’asilo o, addirittura, lo stesso accesso alla procedura di richiesta a una persona che sia fuggita da un paese in guerra o di dare rilievo al fatto che la persona possa ottenere adeguata protezione in altro Stato extra-Ue.

Ha senso "fidarsi" dei turchi, lasciando loro una responsabilità così grande? Sono in molti a pensare di no e con buona ragione. Anche perché sul come il Governo turco stia ottemperando ad accordi precedenti c’è più di qualche perplessità. Come ricorda la scheda dei tecnici della Camera dei deputati, la Turchia si era impegnata (con il piano d’azione siglato nel novembre dello scorso anno e confermato, anzi ampliato, il 3 febbraio scorso) a:

  • assicurare la registrazione dei migranti e fornire loro documenti anche con l’uso della forza;
  • facilitare l’accesso dei Siriani sotto protezione temporanea ai servizi pubblici, inclusi l’educazione, la sanità e l’inserimento nel mercato del lavoro;
  • rafforzare le capacità di intercettazione da parte della guardia costiera turca;
  • cooperare con Bulgaria e Grecia al fine di prevenire la migrazione irregolare lungo i confini comuni terrestri;
  • aumentare la cooperazione per quanto riguarda la riammissione dei migranti irregolari provenienti dalla Turchia

Per tali compiti, sulla cui opportunità si potrebbe peraltro discutere a lungo, erano stati stanziati i famosi 3 miliardi di euro (1 miliardo a carico della Ue, 2 dai bilanci nazionali da ripartire in base al reddito nazionale lordo dei singoli Stati).

C'è poi un altro punto che il Consiglio Europeo è chiamato a dirimere: la chiusura della rotta balcanica e la durata della sospensione di Schengen. Come noto, al momento, la rotta balcanica è "chiusa", anche se in centinaia ogni giorno provano ad attraversarla (e le immagini di questi giorni forniscono una testimonianza drammatica).

Svezia, Norvegia, Danimarca, Austria, Belgio e Germania hanno reintrodotto i controlli alle frontiere interne, giustificando le misure con “l’eccesso di richiedenti asilo”. Secondo gli articoli 23 e 25 del Codice Schengen, tale chiusura unilaterale può protrarsi fino a 6 mesi, ma alcuni Stati hanno già fatto sapere di voler estendere tale periodo a 2 anni. La norma cui si appellano è l’articolo 36 del Codice che “prevede che in caso di circostanze eccezionali in cui il funzionamento globale dello spazio senza controllo alle frontiere interne è messo a rischio a seguito di carenze gravi e persistenti nel controllo delle frontiere esterne, a seguito di raccomandazione del Consiglio, gli Stati membri possano ripristinare i controlli alle frontiere interne per un periodo che può essere prorogato fino a due anni”.

Il punto è che una eventuale decisione di questo tipo, che potrebbe essere attivata dalla Commissione Europea, provocherebbe con ogni probabilità un cambiamento nelle rotte per i migranti. Così come, in generale, “il più efficace monitoraggio dei flussi lungo la rotta dei Balcani occidentali potrà indurre i migranti a ricorrere ad altre vie d’ingresso in Europa (è stata da più parti evocata l’eventualità di una ripresa dei flussi verso l’Albania)”.

Di fronte a questa eventualità il Consiglio risponderà provando ad accelerare il piano per il controllo delle frontiere esterne affidato a una “Guardia costiera e di frontiera europea”. Piano che passa per un deciso rafforzamento del carrozzone Frontex, cui si cercheranno di affidare, oltre a una squadra di “almeno 1500 esperti”, anche le attività di rimpatrio.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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