Donald Trump è stato eletto 45° Presidente degli Stati Uniti. E' diventato Presidente nonostante i giornali USA (solo due testate locali l'hanno sostenuto). E' diventato Presidente nonostante l'establishment. E' diventato Presidente nonostante i sondaggi. Sondaggi che non rispecchiavano il sentimento della paese. Chi ha osservato questa campagna si è trovato in un mondo distopico fatto, da una parte, da CNN – et similia – che al termine di ogni dibattito tra la Clinton e il tycoon davano la candidata democratica vincitrice; e dall'altra la rete, in cui le dirette Facebook e YouTube erano colme di commenti inascoltati dai media mainstream. Non vedere quei commenti, non leggerli, non capirli è il peccato originale di chi non riesce più a parlare con i ragazzi di strada.
Trump è stato eletto perché ha parlato – anche – a quella “massa silenziosa” che non risponde ai sondaggi, a quelle “legioni di imbecilli” che Eco non riusciva a comprendere. Quel popolo di Jersey Shore al quale l'intellighenzia democratica non ama più parlare.
Perché le “legioni di imbecilli” non sono i commentatori da tastiera ma i giornalisti, gli scrittori, i politici che restano chiusi nelle proprie stanze. Legioni di imbecilli che credono di essere migliori dei propri lettori, dei propri elettori. Così tanto "migliori" da non riuscire a trovare le parole per parlargli.
Le legioni di imbecilli non si nascondono dietro Facebook ma siedono ogni giorno dentro le redazioni dei giornali, nelle sedi di partito, nei salotti che fanno tanto ‘900 ma che nulla hanno a che vedere con la modernità. Quelli che sanno solo ripetere "l'America di 8 anni fa non avrebbe mai votato Trump". Come se la modernità dovesse chiedere permesso. Come se la modernità non fosse davvero qualcosa che “non si ferma davvero davanti a un portone”.
Quella modernità che ha affermato, ancora una volta, che tutti i voti sono uguali. Che nell'urna non c'è nessuno a chiederti se la sera prima hai guardato l'ultimo Ken Loach o il Grande Fratello. E' la democrazia bellezza: deal with it.
E' la modernità bellezza, deal with it too e smettila di guardare al XXI secolo con le stesse lenti inforcate lungo tutto il secolo scorso. Quegli occhiali vanno presi e buttati nel water. Occhiali che non hanno saputo scorgere la Brexit, la Grecia, Trump, Le Pen. Che non hanno saputo scorgere un populismo alimentato dalla paura al quale l'intellighenzia è stata così intelligente da non saper contrapporre argomenti a chi parlava con la pancia. Well done!
Si può chiamare élite una classe dirigente incapace di contrapporre speranza alla paura? Si può definire "classe dirigente" un ceto incapace di parlare a chiunque oltre il proprio "circolo degli artisti"?
Un'élite così autoreferenziale da non rendersi nemmeno conto di essere stata spazzata via. Così razzista da non rendersi contro di essere figlia della peggiore tradizione aristocratica che ha sempre chiamato i diversi da sé, quelli a cui non riusciva a parlare: "oi barbaroi", "lazzari", "plebe", "cafoni".
Forse è il tempo di uscire dal proprio punto di vista e guardarlo. E' tempo di iniziare a dire che la colpa non è del pubblico di “Uomini&Donne” che non "capisce", ma di chi "comunica" sentendosi costantemente superiore. Giornalisti e politici che trattano come "barbari" tutti quelli che hanno un punto di vista diverso dal proprio. Che guardano dall'alto in basso i problemi "banali", quotidiani, ovvero chi meramente sogna una vita migliore.
No, chi non riesce a parlare ad altri che non sia il proprio "circolo degli artisti" non è "un intellettuale", né un giornalista, né un politico, né un innovatore. L'utilizzo dell'intelletto è altro rispetto a replicare e seguire modelli "accettati". E' altro rispetto a essere "amanuensi" di manuali scritti da altri.
"To lead", essere avanguardia, vuol dire andare oltre ciò che è stato. Vuol dire guardare avanti, rischiare, osare. Essere deriso.
Chi scende nel terreno della reazione, in quello della nostalgia del tempo che fu, chi non sperimenta, chi non resta amico dei ragazzi di strada è responsabile tanto quanto chi ha cavalcato questa deriva populista. Chi ha riso della "plebe", fino a quando la "plebe" non ha cambiato la contemporaneità assomiglia molto di più a un imbelle protagonista di una novella di Boccaccio che a un intellettuale.
Trump è la "sveglia" necessaria per tutti i "rivoluzionari da salotto" convinti che le idee del secolo scorso non sono "mai morte". Il XX secolo è finito, chi non l'ha capito è un reazionario, anzi peggio è il portaborse incapace di un futuro scritto da altri.