Quello tra Amber Heard e Johnny Depp è stato un amore durato giusto il tempo di un film, ma questa ad Hollywood non è certo una novità. Del resto, un taroccato non è facile da individuare quando si tratta di amore. E ciò vale anche per i divi da red carpet. Un vero e proprio cataclisma legal mediatico ha tenuto tutti con il fiato sospeso per settimane. Non solo il mondo del glamour e del patinato. La stampa famelica si è interrogata su chi dei due protagonisti di questa triste storia stesse bleffando o, a ragion veduta, recitando meglio.
Depp contro Heard (o se preferite, versus come latineggiano negli States). Da un lato il governo cecchino di Depp, sostenuto da un consenso che forse non aveva dai tempi della saga Jack Sparrow, e dell’altro la recita decadente della ex moglie. Quest’ultima citata in giudizio dal primo per diffamazione e condannata a risarcire il divo hollywoodiano nella misura di 15 milioni di dollari.
Non sono mai stata un’esperta di cinema, ma lo sono nell’ analisi del linguaggio del corpo. Per questa ragione, voglio spiegarvi perché – ad un occhio attento – Amber ha dimostrato di mentire in aula attraverso il linguaggio non verbale. Al contrario, Johnny, ordinato e metodico, ha messo in campo una narrazione credibile e coerente. Soprattutto nel rapporto tra linguaggio verbale e non verbale.
Il linguaggio del corpo di Amber Heard
Chi mente e non riesce a simulare la lacrimazione cerca di nascondere gli occhi asciutti stropicciandoli, passandoci sopra il fazzoletto o colpendoli con le dita proprio come fa Amber. Ha messo in piedi una recita, e questo la Heard lo sa. Forse, però, non è consapevole – o almeno non lo è stata fino alla condanna – che è andata in scena una delle sue peggiori prestazioni. Un copione, dicevo, che diventa innegabile nel momento in cui – riferendosi alla giuria – l’ex di Depp corregge il tono di voce. Seppur con un’esperienza che non può essere ignorata, ci sono emozioni che neppure un attore da oscar può nascondere. Amber è visibilmente tesa quando va in scena e questo lo si può agevolmente evincere dall’accartocciamento del mento e della costante contrazione della fronte.
Niente è casuale, neppure l’acconciatura. Ha sempre lasciato il volto scoperto così i giurati potevano vederla bene in faccia. Non era un caso, infatti, che i suoi capelli fossero spesso raccolti ed ondulati sulla sinistra, mentre la giuria era seduta sulla sua destra. In termini concreti, Heard ha fatto in modo che chi doveva giudicarla potesse vederla negli occhi. In qualità di esseri umani, difatti, tendiamo a fidarci di più quando possiamo vedere l’espressione oculare di una persona. Heard, pertanto, ha guardato spesso negli occhi i giurati con il chiaro intento di instaurare un legame emotivo con chi deteneva il potere di influenzare il verdetto. Così, ha potuto leggere in tempo reale la reazione dei giurati ed ha (a questo punto maldestramente) cercato di adattarsi secondo necessità.
Veniamo alle sue deposizioni. Anzitutto, quando raccontava alla Corte delle presunte violenze subite, i tempi verbali utilizzati passavano dal passato al presente. In psicolinguistica forense, questo passaggio dimostra che chi sta parlando assimila fatti realmente accaduti a vicende integralmente inventate. Ma non è tutto. Di fronte alle domande incalzanti dei chiamati a giudicarla, Amber iniziava frasi e discorsi lasciandoli inconclusi. In analisi comportamentale, si parla di frasi “start and stop”. In quei frangenti, dunque, Heard temeva evidentemente di contraddirsi. Preferendo, quindi, passare oltre. Questo timore è avvalorato anche dal suo frequente inciampare nell’utilizzo delle parole e dal conseguente ricorso ai c.d. “fluff”, “uhm, uh, ehm”. Insomma, pause visibili – oltreché udibili – fatte da chi cerca costruire scenari inverosimili e di fantasia.
C’è un altro dettaglio capace di catturare l’attenzione di chi, come me, si occupa di analisi comportamentale. Nel descrivere i presunti episodi di violenza domestica, Amber riferisce di una bottiglia gettatale contro dall’ex mentre si trovavano in camera da letto. Quella bottiglia che, a suo dire, nello schivarla, era andata a colpire un quadro affisso in camera da letto. Non un quadro qualsiasi, ma il “suo preferito”. Ebbene, che cosa sposta in termini di abuso il fatto che quell’opera d’arte era la sua preferita? Niente. Ragionando in questi termini la psicolinguistica forense ci dice che arricchire un enunciato di elementi irrilevanti rispetto al messaggio che si vuole trasmettere è un chiaro sinonimo di menzogna.
Un ulteriore passaggio fondamentale è quello nel quale Heard mostra alla giuria il kit di trucco da lei utilizzato per coprire i presunti lividi. Da questa prospettiva l’attrice hollywoodiana fa ampio ricorso ad un preciso codice comunicativo: quello visivo. Quindi, nella sua strategia, la donna ha volutamente fatto ricorso a strumenti (in questo caso ai trucchi) per fare breccia nelle emozioni dei giurati. E, peraltro, è stata anche smentita con un comunicato dell’azienda produttrice di quei cosmetici. Quest’ultima ha infatti precipitosamente fatto sapere che, all’epoca delle presunte violenze, quel prodotto non si trovava in commercio.
Il linguaggio del corpo di Johnny Depp
A differenza dell’ex moglie l’attore hollywoodiano ha dimostrato anche davanti alla Corte di essere un abile e ammaliante narratore. Toni pacati, mai scomposti. Impeccabile e sincero. Si è lasciato andare a qualche risata sarcastica trasudando la tranquillità di chi sa di avere in mano la situazione. E lo ha fatto riferendo l’episodio dell’incidente al dito. Smentendo il racconto di Amber, ha raccontato di essersi tagliato per pararsi dalla bottiglia di vodka lanciatagli proprio da quest’ultima. In realtà, l’ex pirata dei caraibi, prima di scendere nei dettagli, ha preso tempo. Ha aspettato, recuperando fiato. Ma, poi, senza alcun tipo di tentennamento e senza ricorrere ai “fluff” della Heard, ha raccontato ineccepibilmente l’accaduto. Perché quella lunga pausa? Semplice. Siamo esseri umani, non macchine. Di conseguenza, Depp ha riordinato le idee e cercato di ricostruire fedelmente l’accaduto. Altrettanto crudo e schietto è decisamente apparso durante la deposizione di apertura: “Non sono mai arrivato al punto di colpire la signora Heard in alcun modo né ho mai colpito nessuna donna in vita mia”.
Johnny ha decisamente saputo padroneggiare i suoi occhi e di conseguenza lo sguardo. Mai un movimento o un’espressione di debolezza. Tutte le micro-espressioni del volto erano dirette in una sola direzione: quella della verità. Verità e coerenza trapelate anche nella scelta, annunciata in passato alla ex, di non guardarla mai negli occhi.
Così, lui che divo di Hollywood lo è davvero, è stato in grado di dimostrare di possedere l’arte della retorica e di saper interloquire con il proprio pubblico. Di qualunque natura esso sia.
In chiusura, ci tengo a ribadire un concetto per chi avesse dubbi sull’innocenza di Depp. Chi agisce violenza ripete gli stessi schemi di abuso in tutte le relazioni. Kate Moss è stata la sua fidanzata per diversi anni ed ha dichiarato di non aver mai subito alcun torto. Né fisico né psicologico. Dunque, e lo dico per esperienza, l’attore può aver fatto anche abuso di alcool e sostanze, ma non è stato un partner maltrattante nelle modalità descritte dalla Heard.