Il Giappone dice addio al nucleare, ma guarda con perplessità al futuro
Questo weekend in Giappone sarà ricordato indubbiamente per lo spegnimento dell'ultimo reattore nucleare ancora in funzione. Una data storica per il Paese del Sol Levante che resterà senza energia elettrica generata dall'atomo dopo 46 anni. Gli ingegneri della Hokkaido Electric Power hanno già avviato i lavori per disattivare l'unità n.3 della centrale di Tomari, l'ultima delle 54 sparse sull'arcipelago nipponico, per una procedura che dovrebbe concludersi col blocco totale previsto alle 23 (ore 16 in Italia). Gli effetti devastanti del dopo-Fukushima hanno spinto il Giappone ad un decisione che poco più di un anno fa era qualcosa di impensabile.
Solo 14 mesi fa, in Giappone operavano come detto 54 reattori nucleari, che rappresentavano circa un terzo dell'approvvigionamento energetico del Paese, con Tokyo intenzionato a espandere la percentuale al 50% entro il 2030. Poi l'apocalisse. Diciassette di questi impianti sono stati danneggiati dal terremoto e dallo tsunami dell' 11 marzo 2011 o spenti l'anno scorso su esplicita richiesta del governo. Trentasei centrali sono state, poi, chiuse dopo gli accertamenti e mai più riavviate. L'energia dell'atomo è stata sostituita da quella di impianti funzionanti a petrolio e gas naturale. Ma Tokyo ha fatto sapere che il futuro dovrebbe essere rappresentato dalle rinnovabili, un settore ancora poco sviluppato in Giappone, ma sulla cui spinta dovrebbe essere garantito un forte abbassamento dei livelli di inquinamento dell'aria.
Il Giappone guarda con un punto interrogativo al proprio futuro. La verità è che non sono pochi coloro che vorrebbe far ripartire alcune centrali per evitare la crisi energetica estiva, periodo in cui ci sarà il picco di consumi legati al caldo. In particolare, il premier Yoshihiko Noda e il Ministro dell'Industria Yukio Edano spingono per riavviare due reattori nella poco popolata prefettura di Fukui, a nord di Osaka. Ma si tratta solo di una ipotesi. Nulla si sa sui tempi, anche perché al momento nessuno degli impianti già disattivati, dopo Fukushima, è stato rimesso in moto. A pesare è stato ovviamente il forte sentimento anti-nucleare dell'opinione pubblica.
Una nuova strategia energetica dovrebbe essere annunciata dal Giappone nei prossimi mesi, ma per adesso si andrà avanti soprattutto con petrolio e gas, che significa un rialzo dei prezzi del barile, ma soprattutto maggiori emissioni di CO2. Così se da una parte, Greenpeace chiede al Governo di Tokyo «di cogliere l’opportunità di un Paese denuclearizzato, tenere spenti i reattori e concentrare ogni sforzo per aumentare l’efficienza energetica e l’uso delle energie rinnovabili», dall'altra gli ambientalisti dovranno tenere conto di un produzione compresa tra 180 e 210 milioni di tonnellate di emissioni in più rispetto al 1990.