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La morte di Luca Ventre in Uruguay

Il giallo di Luca Ventre, ucciso nell’ambasciata italiana in Uruguay

Il 1° gennaio del 2021 Luca Ventre moriva dietro le mura dell’ambasciata italiana in Uruguay. Il 35enne viveva nel Paese estero da anni insieme alla famiglia e la mattina del 1° gennaio aveva scavalcato il cancello dell’ambasciata, trovandosi davanti due guardie uruguayane.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Luca Ventre, 35 anni, è morto dopo essere stato fermato da un poliziotto di Montevideo, in Uruguay, il 1 gennaio del 2021. Ventre, fermato dall'agente uruguayano, era stato immobilizzato per 14 minuti con un braccio premuto sul collo, una tecnica chiamata "chiave di judo", all'interno dell'ambasciata italiana. Il poliziotto, infatti, aveva agito all'interno dell'ambasciata del nostro Paese e sotto le telecamere di sorveglianza che hanno ripreso tutto.

Ventre si era trasferito a Montevideo otto anni prima della sua morte per affiancare il padre Mario, che pure vive in Uruguay. Il 35enne aveva da poco avuto una figlia e con il padre aveva gestito prima un bar e poi una pizzeria.

Il 1 gennaio del 2021 era entrato alle 7.04 nell'ambasciata italiana di Montevideo. Davanti alla struttura aveva parcheggiato il suo pick-up, ripreso anche dalle telecamere di sicurezza. Alle 7.05, dopo aver suonato senza ricevere risposta, aveva deciso di scavalcare la cancellata all'ingresso. In mano aveva un portadocumenti. La prassi avrebbe voluto all'interno della struttura guardie italiane, invece Ventre aveva trovato un vigilante privato e un agente di polizia locale armato, entrambi uruguayani.

Dalle 7.05 alle 7.07 non è chiaro cosa fosse accaduto tra le mura della struttura, perché l'uomo era improvvisamente sparito dalle riprese delle telecamere. Luca era riapparso nei video del sistema di sorveglianza solo al momento dell'uscita, quando intorno alle 7.06, dopo aver tentato di scavalcare il cancello, era stato inseguito e trascinato giù dalla guardia privata. A quel punto, era stato immobilizzato e trattenuto a terra per più di 14 minuti con un braccio sul collo.

Luca Ventre
Luca Ventre

Chi era Luca Ventre, il 35enne morto a Montevideo

Il 35enne si era trasferito dall'Italia a Montevideo 8 anni prima della sua morte. Con il padre Mario aveva gestito un bar, poi una pizzeria. Ventre era incensurato e nonostante la fedina penale pulita, era stato stato immobilizzato e ucciso tra le mura dell'ambasciata italiana.

Il 35enne aveva origini lucane e da poco aveva avuto una figlia di 8 mesi, nata sul territorio uruguayano. Il ramo paterno della famiglia del 35enne si era sviluppato in Uruguay, dove si era trasferito già dagli anni '50. Ventre collaborava anche con la Camera di commercio della città nel settore dell'import-export di alimentari, in particolare della cioccolata.

Cosa sappiamo sulla morte di Luca Ventre: il video

La storia relativa alla morte di Luca Ventre è ancora oggi avvolta nel mistero. Alcuni video nelle mani di Fanpage.it testimoniavano il suo arrivo nell'ambasciata italiana in Uruguay intorno alle 7 del mattino del 1 gennaio. Dopo aver suonato al campanello intorno alle 7.05, Ventre aveva deciso di scavalcare il cancello all'ingresso. In mano aveva una cartellina con dei documenti che deve aver mostrato alle guardie davanti al portone dell'ambasciata.

Ventre non aveva però trovato, come da prassi, militari italiani, ma due guardie private uruguayane. Entrambe erano state inquadrate mentre parlavano con il 35enne e poi, per lunghi minuti, l'uomo era sparito dall'inquadratura delle telecamere di videosorveglianza. Nelle immagini era apparso nuovamente intorno alle 7.06, quando si era allontanato per scavalcare il cancello e uscire dalla struttura. Subito dopo, però, i due agenti lo avevano trascinato a terra, immobilizzandolo e premendogli sul collo un braccio per circa 14 minuti. Luca Ventre sarebbe morto così, schiacciato dalla mossa che in gergo si chiama "chiave di judo.

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L'autopsia e le cause della morte

Nonostante quanto mostrato dai filmati, l‘autopsia effettuata dal medico legale uruguayano non aveva evidenziato lesioni particolari sul colpo del 35enne legate a traumi o lesioni provocate da terzi. Il cervello però presentava uno stato edematoso compatibile con la morte da asfissia, così come suggerito dalle immagini delle telecamere di videosorveglianza dell'ambasciata. Il viso e il corpo di Luca riportavano ferite superficiali, e gli ematomi sul collo erano stati giustificati con presunte iniezioni di farmaci.

Secondo le autorità uruguayane, il decesso sarebbe stato legato invece a uno "stato di eccitazione psicomotoria associata al consumo di cocaina", smentita però dall'esito dell'autopsia effettuato sul corpo su mandato della Procura di Roma.

Le indagini e l’archiviazione

L'ambasciata italiana aveva specificato dopo la pubblicazione dei filmati che Ventre aveva scavalcato il cancello nelle prime ore della mattina di un giorno festivo e che nessuno si trovava negli uffici. Per questo era stato fermato dal personale di una società di vigilanza locale e da un agente della polizia uruguaiana deputato alla protezione delle sedi diplomatiche.

Dopo aver visionato le immagini e l'inizio di un'indagine in Uruguay, la Procura di Roma aveva aperto un'inchiesta per omicidio preterintenzionale, in un primo momento a carico di ignoti. Durante l'indagine era stata accertata la responsabilità del vigilante Ruben Eduardo Dos Santos Ruiz, che però non era stato processato con l'accusa di omicidio preterintenzionale perché aveva agito su suolo straniero e non era mai stato in Italia. Per il caso era quindi stata chiesta l'archiviazione per improcedibilità: il nome del vigilante era infatti stato inserito nel registro degli indagati, ma il caso non era mai arrivato nelle aule di tribunale perché la guardia giurata aveva agito all'estero e avrebbe dovuto essere processata in Uruguay.

Ruben Eduardo Dos Santos Ruiz
Ruben Eduardo Dos Santos Ruiz

Cosa non torna sulla morte del 35enne

Sulla morte di Luca Ventre, sono diversi i dettagli che non tornano. Tra i primi, quelli emersi dalle riprese delle telecamere di videosorveglianza dell'ambasciata italiana in Uruguay. Non è infatti stato possibile ricostruire cosa sia accaduto nei pochi minuti in cui Ventre era sparito dall'inquadratura della telecamera, né cosa gli agenti privati si siano detti quando, davanti al 35enne ancora immobilizzato a terra, avevano iniziato a fare alcune telefonate.

Non è stato possibile neppure ricostruire cosa l'uomo avesse detto ai due vigilantes mentre alzava un braccio per l'ultima volta in segno di resa prima di morire per asfissia da strangolamento, così come accertato dall'autopsia.

Le autorità uruguayane hanno invece imputato il decesso al consumo di cocaina, le cui tracce però non sarebbero state trovate negli esami effettuate dai medici legali e dal consulente del Tribunale di Roma. Nei documenti redatti sui risultati degli esami autoptici, i medici uruguayani davano la colpa dell'accaduto al consumo di stupefacenti nonostante l'evidente presenza di ferite sul collo del 35enne provocate da una marcata compressione delle vie aeree.

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