Generale Chiapperini su controffensiva ucraina: “Per Mosca ora più difficile conquistare intero Donbass”
Ciò che sta accadendo in queste ore in Ucraina, con la controffensiva di Kiev che sta recuperando una serie di territori da mesi sotto il controllo russo, è fondamentale per capire come evolverà la guerra.
Ne è convinto Luigi Chiapperini, generale di Corpo d'Armata dei lagunari in quiescenza, già pianificatore nel comando Kosovo Force della NATO, comandante dei contingenti nazionali NATO in Kosovo nel 2001 e ONU in Libano nel 2006 e del contingente multinazionale NATO su base Brigata Garibaldi in Afghanistan tra il 2012 e il 2013, attualmente membro del Centro Studi dell’Esercito.
A Fanpage.it ha fatto il punto della situazione del conflitto tra Mosca e Kiev dopo il successo del contrattacco ucraino a Est e a Sud, con le possibili conseguenze che una simile situazione può implicare.
Secondo alcuni analisti internazionali per la Russia, con la controffensiva ucraina delle ultime ore, ora diventa quasi impossibile conquistare il Donbass. È d’accordo?
"Sono d’accordo se ci riferiamo al breve periodo. Gli ucraini a partire dal 6 settembre hanno in pratica liberato alcune migliaia di chilometri quadrati nella regione di Kharkiv.
Inoltre gli ucraini hanno raggiunto in alcuni punti la frontiera con la Russia e respinto i reparti russi sulla riva orientale del Fiume Oskil.
In sintesi, alcuni di quei territori che i russi avevano conquistato dopo mesi di furiosi combattimenti e a costo di gravi perdite, sono stati riconquistati dagli ucraini in pochi giorni. Ai russi non rimane altro che ritirare ulteriori forze da altri settori, ad esempio quello di Kherson e a occidente del Fiume Oskil, per rinforzare e stabilizzare la nuova linea del fronte in Donbass e creare le premesse per una lunga difesa dei territori ancora in proprio possesso.
Ritengo opportuno peraltro attendere ancora per capire come intenderà agire il vertice politico russo nel medio e lungo termine in quanto non ha ancora dato fondo a tutte le proprie potenziali risorse militari. D’altronde queste potrebbero essere messe in campo solo con una vera e propria dichiarazione di stato di guerra con conseguente grande mobilitazione che sinora non è stato possibile attuare in quanto le operazioni in Ucraina, come più volte ribadito dallo stesso Putin, sarebbero semplicemente una “operazione speciale militare”.
Pertanto non è da escludere in futuro la ripresa degli sforzi offensivi per conquistare l’intero Donbass, fermo restando che la situazione interna della Russia potrebbe influenzare ogni decisione in merito.
Quel che è certo è che i russi in questi giorni hanno subìto la seconda sconfitta dopo quella patita a Kiev nel tentativo iniziale di far cadere il governo filo occidentale. Credo che questa bruci di più, in quanto ha messo in evidenza gravi deficienze di quella che dobbiamo comunque continuare a considerare una potenza militare".
Quale il segreto del contrattacco ucraino?
"Non è un segreto che l’Ucraina abbia ricevuto sistemi d’arma efficacissimi dall’Occidente, in particolare i micidiali lanciarazzi multipli superficie-superficie di altissima precisione Himars, quelli controcarri tra i quali i Javelin e i missili contraerei leggeri ma pur sempre micidiali come ad esempio gli Stinger, e una pletora di altri mezzi.
Tutto ciò, oltre verosimilmente ad un aiuto fondamentale nel campo delle informazioni operative sull’avversario, sembra che stia assicurando alle forze ucraine più di quanto ci si aspettasse. In sintesi, queste armi non solo hanno fornito il necessario contributo ad una difesa efficace, ma hanno altresì consentito agli ucraini di passare al contrattacco in alcune zone ottenendo, anche con forze non particolarmente pesanti, dei successi che in pochi prevedevano.
Ma il vero “segreto” delle ultime azioni di successo sta essenzialmente nella efficacissima comunicazione strategica ucraina delle ultime settimane ed il connesso piano di inganno attuato in un altro settore, a nord della città di Kherson, contro i reparti russi precariamente schierati sulla riva destra del Fiume Dnepr.
Qualche giorno fa su un noto quotidiano nazionale affermavo che una vera e propria controffensiva volta a liberare completamente Crimea e Donbass fosse poco probabile in quanto agli ucraini mancano presumibilmente le necessarie forze terrestri corazzate e componenti aeree che possano sostenerne con continuità tutti gli sforzi offensivi. Mi riferivo in particolare a quanto stava avvenendo proprio a Kherson, dove erano state annunciate dai vertici politici e militari ucraini estesi contrattacchi per liberare quella importante città che costituisce la porta d’ingresso sia verso la Crimea che verso Odessa.
In effetti gli ucraini hanno iniziato a condurre puntate offensive con lo scopo dichiarato di raggiungere Kherson e liberare tutti i territori posti sulla riva destra del fiume Dnepr. Ma l’azione era invece molto meno risolutiva, con attacchi limitati fatti apparire però come decisivi, che hanno indotto i russi a far intervenire in quel settore le proprie forze in riserva.
Riserve che pertanto, dovendo muoversi, al contrario degli ucraini, per linee esterne e quindi lungo itinerari molto lunghi, non sono più state prontamente disponibili quando gli ucraini hanno attaccato, questa volta in forze, nell’oblast di Karkhiv ed in particolare nelle zone di Izyum, Lysychang e Kupiansk".
Quali le possibili e immediate implicazioni del successo ucraino in particolare a Kharkiv, dove pare che le truppe russe siano in ritirata e restino solo piccole sacche di resistenza?
"L’implicazione immediata è di parziale sollievo per la popolazione di Kharkiv che, ricordiamolo, per popolazione è la seconda città dell’Ucraina dopo Kiev. Ciò in quanto le artiglierie russe, dovendo operare a distanze maggiori, ora avranno più difficoltà a martellare la città con razzi e proietti.
Inoltre, la perdita di gran parte dell’area avrà un impatto drammatico per i russi, almeno nel breve periodo, per altri tre motivi: il primo è che ora il loro fianco destro in quello che doveva essere lo sforzo offensivo verso Sloviansk e Kramatorsk, che risultavano gli obiettivi successivi da raggiungere, è scoperto con il solo fiume Oskil a protezione delle forze; il secondo è che i rifornimenti logistici provenienti dalla frontiera russa a nord verso le forze operanti in Donbass sono interrotti a causa della perdita di Kupiansk, nodo logistico importantissimo in quanto vi passano le principali linee di comunicazione stradali e ferroviarie dell’area; infine, le operazioni volte a chiudere in una sacca i reparti ucraini operanti di fronte a Lysychansk è fallito con la perdita di Izyum che, insieme a Popasna più a sud, finora rappresentava il perno di manovra fondamentale per la riuscita di quella operazione.
L’Ucraina ha dimostrato di essere un grande Paese, con forze armate motivate che si suppone continueranno a difendersi caparbiamente anche contrattaccando come sta avvenendo in questi giorni. Vorrei ribadire però che è presto per giungere a conclusioni affrettate".
Già questa notte Mosca ha bombardato una serie di infrastrutture civili. Pensa che Putin potrebbe decidere di andare verso una escalation della violenza per riaffermare la sua leadership?
"L’intervento contro infrastrutture strategiche si attua generalmente nella condotta di una vera e propria guerra ma, sempre secondo il vertice politico russo, in Ucraina si tratterebbe di una operazione militare speciale.
L’ipotesi che Putin possa decidere di andare verso una escalation della violenza per riaffermare la sua leadership non si può scartare a priori.
Bisognerà vedere di che tipo di escalation si tratterebbe. Come detto, Putin potrebbe decidere di attuare la mobilitazione generale allo scopo di disporre di più forze.
Altra ipotesi è che immetta nuovi sistemi d’arma come i carri armati della serie Armata che sulla carta sono molto più potenti, protetti e mobili dei mezzi attuali ma che sinora non sono stati impiegati presumibilmente perché si teme che possano soffrire di ‘difetti di gioventù'".
La fine del Presidente russo potrebbe davvero essere vicina?
"Dipende da quanto i russi si riconoscono effettivamente nella loro classe politica. Quello che sta avvenendo in questi giorni ci porta a presumere, come ho accennato nel mio libro Il Conflitto in Ucraina, che ci potrebbe essere una lunga guerra di logoramento, con frequenti movimenti della linea del fronte come accadde in Corea all’inizio degli anni ‘50 del secolo scorso.
In quel caso la guerra durò tre anni e nel 1953 ci fu la partizione, che doveva essere temporanea, in due del paese lungo il trentottesimo parallelo con una zona demilitarizzata al di qua e al là della quale sono invece ancora presenti grosse formazioni militari in costante stato di allarme.
I due attuali contendenti in Europa potrebbero quindi non cedere alle istanze dell’avversario, proseguendo nello scontro armato e facendo rivivere qui il canovaccio già scritto 70 anni fa in Corea, e di cui a distanza di tempo ancora vediamo le ripercussioni negative.
A quel punto dovremo abituarci ad assistere a una guerra più o meno guerreggiata e più o meno lunga proprio alle nostre porte, con effetti longevi sulla stabilità internazionale, esattamente come quanto accaduto 70 anni fa, in una situazione che, seppur inalterata da decenni e con esempi similari in tante altre parti del mondo, non ha impedito a tanti di chiudere gli occhi, considerando la guerra (con i suoi carri armati, i soldati e le bombe) qualcosa semplicemente da ignorare perché non più ipotizzabile, specialmente sul territorio europeo.
Ma le notizie degli ultimi mesi e di questi giorni ci dicono che non è così poiché ci sarà sempre qualcuno nel mondo che vorrà imporre con la violenza le proprie istanze. Putin lo ha fatto ma, considerato anche l’andamento negativo delle operazioni militari in Ucraina, potrebbe pagarne le conseguenze. Dipenderà molto da quanto sta accadendo in questi giorni".