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Guerra in Ucraina

Il generale Chiapperini: “Necessaria deterrenza della NATO contro Mosca come nella Guerra Fredda”

L’intervista di Fanpage.it al generale Luigi Chiapperini: “Risulta necessario applicare la vecchia deterrenza della Guerra Fredda, aiutando un Paese aggredito – l’Ucraina – ed incrementando la capacità di difesa dei Paesi membri della NATO. Ma al momento non ci sono elementi tangibili per prevedere uno scontro diretto”.
Intervista a Luigi Chiapperini
Generale di Corpo d’armata dei lagunari.
A cura di Ida Artiaco
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"C'era bisogno di una risposta alla guerra ibrida messa in atto dalla Russia e all'aggressione di quest'ultima all'Ucraina e la NATO nel vertice di Washington l'ha fornita: risulta necessario applicare la vecchia deterrenza della Guerra Fredda, aiutando un Paese aggredito ed incrementando la capacità di difesa dei Paesi membri. Il confronto tra le due è già nuovamente in atto. La Russia per la NATO è nuovamente una minaccia, così come la Cina viene definita una sfida. Al momento non ci sono però elementi tangibili per prevedere uno scontro diretto".

Così Luigi Chiapperini, generale in quiescenza di Corpo d'Armata in quiescenza dei lagunari, già pianificatore nel comando KFOR della NATO, comandante dei contingenti nazionali NATO in Kosovo nel 2001 e ONU in Libano nel 2006 e del contingente multinazionale NATO su base Brigata Garibaldi in Afghanistan nel 2012, autore del libro “Il Conflitto in Ucraina”, attualmente membro del Centro Studi dell’Esercito, ha commentato a Fanpage.it le decisioni prese dal vertice NATO tenutosi a Washington nei giorni scorsi dove, oltre a promette un impegno durevole per l’Ucraina, il segretario Jens Stoltenberg ha parlato del "più vasto piano di difesa dalla Guerra Fredda".

Dalla NATO è arrivato un piano da “Guerra Fredda” per l’Ucraina, ha detto Stoltenberg. Che significa?

"Significa che la Russia, con il suo attacco all’Ucraina, ha fatto tornare l’Europa, direi il mondo intero, al periodo della Guerra Fredda e che in tal senso risulta necessario affrontare nuovamente minacce e sfide che si sperava non esistessero più. Nel corso degli ultimi 75 anni, nell'ambito della contrapposizione tra Est ed Ovest e successivamente al crollo del muro di Berlino, la NATO ha elaborato diversi concetti strategici. Per contrastare la minaccia dell'Unione Sovietica e dei suoi Stati satellite, l’Alleanza paventava, specialmente negli anni '40 e '50 del secolo scorso, l’utilizzo di tutte le capacità militari, compresi gli armamenti nucleari. Lo scopo era rendere non conveniente un possibile attacco da parte dell’URSS. Il concetto strategico si è man mano evoluto adottando dapprima la cosiddetta "Forward Strategy", cioè l'ingaggio dell'avversario il più avanti possibile, ma a causa della sproporzione tra le preponderanti forze convenzionali dell'ex Patto di Varsavia rispetto a quelle disponibili nei paesi NATO, si passò alla "Risposta massiccia", cioè venne rafforzato il peso dell'arma atomica minacciando una guerra nucleare totale e altamente distruttiva.

Tra l’altro questa posizione della NATO, risalente ad un periodo molto buio dello scorso secolo, sembra essere evocata oggi proprio dalla Federazione Russa con i suoi continui riferimenti propagandistici all'escalation del confronto e ad un possibile olocausto nucleare. Tornando alla Guerra Fredda, quando l'URSS raggiunse la parità nella capacità nucleare con la NATO, quest'ultima introdusse il concetto di "Risposta flessibile", molto meno assertiva e che si sviluppava su tre fasi in risposta a situazioni di minaccia crescente. Successivamente, con il dissolvimento dell'URSS, la NATO ha sviluppato due nuovi concetti strategici che riflettevano la situazione di quel periodo: a Londra nel 1991 si previde lo sviluppo di partenariati e cooperazione anche con gli ex avversari del Patto di Varsavia mentre nel summit di Washington del 1999 l'Alleanza si ritagliava un nuovo ruolo non solo strettamente difensivo ma anche quale strumento di stabilizzazione mondiale a disposizione dell'ONU, specialmente in chiave di supporto agli Stati fragili e a quelli falliti. Fu a seguito dell’attacco alle Torri Gemelle del 2001 e alla successiva fase che vedeva il mondo scosso dal terrorismo internazionale, che a Lisbona nel 2010 fu elaborato un nuovo concetto strategico che affiancava alla tradizionale difesa collettiva la necessità di fronteggiare la minaccia terroristica e la volontà di perseguire il controllo degli armamenti nucleari e convenzionali.

Questa evoluzione verso un ruolo votato più a contribuire alla stabilità mondiale che alla mera difesa, si è interrotta proprio per la situazione venutasi a creare in Ucraina: dapprima nel 2014 con gli scontri tra forze regolari ucraine e quelle separatiste del Donbass appoggiate da Mosca e con l'annessione della Crimea da parte della Federazione Russa, poi con la messa in atto di una guerra ibrida, con attacchi combinati comprendenti azioni militari e operazioni più o meno occulte nei campi economico, tecnologico, cognitivo ed informatico per destabilizzare e indebolire la coesione dell'Occidente, ed infine con l’aggressione di larga portata del 2022 all’intera Ucraina.

C'era bisogno di una risposta e la NATO nel vertice di Washington l'ha fornita: risulta necessario applicare la vecchia deterrenza della Guerra Fredda, aiutando un Paese aggredito ed incrementando la capacità di difesa dei Paesi membri. In tale quadro si inseriscono varie iniziative come gli accordi di sicurezza siglati dall’Ucraina con singoli Paesi e con le organizzazioni di riferimento come l’Unione Europea e la stessa NATO, l'annuncio dell'avvio del processo "irreversibile" di adesione di Kiev alla NATO (che comunque non potrà avvenire se non al termine della guerra in corso) e il cosiddetto Ukrainian Compact con la fornitura, che continuerà verosimilmente senza sosta, di aiuti militari a supporto dello sforzo difensivo ucraino".

Tra le notizie arrivate dal vertice NATO c’è il trasferimento degli F-16 in Ucraina. Cosa rappresenta questa decisione e cosa implica materialmente?

"Il trasferimento degli F-16 rappresenta la determinazione del mondo, a parte poche autocrazie amiche di Mosca, a continuare in maniera tangibile a supportare l’Ucraina. La decisione è in linea con quanto fatto sinora da tanti Paesi e non credo che determinerà implicazioni di natura geopolitica. Alcuni hanno paventato conseguenze disastrose per l'equilibrio mondiale in quanto Mosca percepirebbe l'impiego di questi aerei come coinvolgimento diretto nel conflitto dei Paesi donatori, ma non è così. Gli aerei saranno pilotati da piloti ucraini e opererebbero da basi ucraine, quindi rimane una questione bilaterale tra Russia e Ucraina".

Come può cambiare la guerra in Ucraina con la presenza degli F-16 sul suo territorio?

"Gli aerei F-16, ma non solo quelli stando alle dichiarazioni di alcuni Paesi come ad esempio la Svezia che ha preannunciato il trasferimento all’Ucraina di cacciabombardieri Gripen, consentirà a Kiev di colmare alcune carenze capacitive in termini di difesa aerea e di attacco al suolo. Più in generale gli aiuti militari che continuano a giungere, hanno lo scopo di fermare l'attuale sforzo offensivo russo e di consentire una eventuale ulteriore controffensiva ucraina che però, mi sento di dire, non potrà essere condotta in tempi brevi. Kiev necessita di soldati addestrati e dell'integrazione dei nuovi pacchetti di aiuti nell’ambito della sua organizzazione militare prima di poter provare a cambiare le sorti del conflitto".

Come crede potrebbe rispondere Mosca?

"Continuerà la sua guerra di aggressione ma con maggiori difficoltà dovendo affrontare questa ulteriore minaccia nelle mani di una nazione che la Federazione Russa a partire dall’aggressione del 2022 pensava di poter sottomettere in poche settimane. Invece sono trascorsi quasi due anni e mezzo e Mosca non ha ancora ottenuto quanto sperato, anzi: l'Ucraina si sente sempre più europea e la NATO si è ricompattata accogliendo due nuovi membri tradizionalmente neutrali come Svezia e Finlandia. Se vuole vincere la guerra, la Federazione Russa dovrà gonfiare sempre di più un'economia di guerra che a lungo andare potrebbe provocare un collasso interno già sperimentato con la disgregazione dell'URSS. Il suo PIL sembra crescere, ma è drogato dalle spese militari e quindi non implica un vero e proprio miglioramento della situazione, con possibili conseguenze nefaste nel tessuto sociale anche se al momento non sembrano essere percepibili ed evidenti. Molto dipenderà dagli aiuti diretti ed indiretti della Cina e degli altri, pochi, Paesi amici come l’Iran e la Corea del Nord".

Quali le implicazioni con la Russia? C’è il rischio concreto di uno scontro NATO/Mosca?

"Il confronto tra Russia e NATO è già nuovamente in atto. La Russia per la NATO è nuovamente una minaccia, così come la Cina viene definita una sfida. Al momento non ci sono però elementi tangibili per prevedere uno scontro diretto. D’altro canto la storia ci insegna che dalle situazioni di crisi potrebbero scaturire conseguenze imprevedibili. La domanda è se siamo disposti ad accettare quel rischio. Credo che sia necessario poiché l’alternativa sarebbe accettare passivamente che un Paese ne occupi un altro con la forza brutale, colpendo scientemente obiettivi civili come recentemente avvenuto all'ospedale pediatrico di Kiev, calpestando il diritto internazionale e applicando la legge della giungla. Come la storia insegna, dobbiamo essere consapevoli del fatto che ciò che oggi sta accadendo in Ucraina domani potrebbe accadere a noi. Siamo veramente disposti a chiudere vigliaccamente gli occhi?".

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