Il Generale Bertolini sul discorso del 9 maggio di Putin: “Toni pacati per non infiammare la situazione”
"Putin ha rinunciato ai toni accesi per evitare una esacerbazione della situazione. Né a lui né a noi conviene una guerra ancora più grande che si combatta sul suolo del continente europeo". Il generale Marco Bertolini, già comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze e della Brigata Folgore, nonché Presidente dell'Associazione Nazionale Paracadutisti d'Italia, ha commentato così a Fanpage.it l'atteso discorso che il presidente russo ha tenuto oggi in occasione della parata per il 77esimo anniversario della vittoria dell'Armata Rossa sui nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. A dispetto di quello che avevano pensato i maggiori analisti internazionali, il leader del Cremlino non ha parlato direttamente di Ucraina e non ha dichiarato a Kiev guerra totale.
Generale Bertolini, hai visto la parata in tv? Che ne pensa?
"Ho visto alcune immagini della parata di Mosca, devo dire che è sempre molto bella e impressionante dal punto di vista tecnico, parlo da militare. Si vede la precisione dei movimenti da parte dei soldati. Ho anche visto che non c'è stata la parte aerea, non so a cosa possa essere dovuto. È possibile effettivamente che ci siano state condizioni meteo non favorevoli. In generale, il maltempo non impedisce a quei velivoli di volare ma impedisce magari di goderne lo spettacolo da terra. Ci sono stati poi degli aspetti simbolici interessanti e importanti, come l'uscita del ministro della Difesa dalla cattedrale mentre si fa il segno della croce e la rassegna dei reparti. Dopo la sfilata c'è stata anche la resa degli onori al Milite Ignoto e ai monumenti delle città martiri della guerra. In questa fase mi è sembrato di leggere una maggior mestizia sul volto di Putin rispetto agli anni precedenti, forse considerando che oltre ai caduti di 80 anni fa rendeva omaggio anche ai caduti di questa guerra, che non sono pochi.
Ma quest'anno l'attenzione era tutta sul discorso di Putin anche per le aspettative che c'erano soprattutto in Occidente. Si diceva che avrebbe dichiarato guerra totale o annunciato qualcosa di irrimediabile, invece sono stati usati toni abbastanza pacati, ha ricordato l'impegno durante la Seconda Guerra mondiale e addirittura l'impegno dei militari americani nel 1945 quando erano alleati".
Come mai secondo lei ha voluto usare questi toni pacati, facendo solo un riferimento allo scontro con la NATO?
"Ha usato dei toni pacati perché ogni vittoria che possa avere da un punto di vista tattico, e sta vincendo sui territori che voleva portare sotto il proprio controllo, viene vanificato dall'assenza di un negoziato. Non ha interesse ad esacerbare gli animi più di quanto non siano già esacerbati e quindi di innescare ulteriori irrigidimenti non tanto da parte dell'Ucraina, che è la scusa di uno scontro che la riguarda solo relativamente. In realtà lo scontro riguarda gli Stati Uniti soprattutto e la NATO, a mio modo di vedere. Il fatto che lui abbia deciso di usare questi toni è per non alzare l'asticella di questa guerra e per bloccare ulteriormente i negoziati. C'è stata una qualche apertura di Zelensky nei giorni scorsi, abbiamo visto che subito c'è stata una contro reazione del segretario generale dell'Alleanza, Stoltenberg, che non ha nessun titolo per farlo, intervenendo sulle scelte di un paese sovrano come l'Ucraina. Quindi è chiaro che deve far attenzione a quello che dice perché le reazioni di quelli che hanno un interesse a mantenere acceso lo scontro sono molto importanti".
Per questo non ha fatto nessun tipo di riferimento all'Ucraina?
"Lui non ha usato toni accesi che avrebbero infiammato ancora di più la situazione e l'avrebbero resa non gestibile. Siamo incamminati su una strada di spiralizzazione deliberata, c'è chi vuole spingere questo conflitto verso un punto di non ritorno. Lui se ne rende conto e non è nei suoi interessi e neanche nei nostri per le stesse ragioni, perché apparteniamo allo stesso Continente dove si verificherebbe lo scontro ed è una cosa da evitare assolutamente".
Putin avrebbe potuto anche dichiarare la presa di Mariupol e Kherson, come avevano osservato alcuni analisti. Ma anche questo non è stato menzionato nel suo discorso. Secondo lei è dovuto al fatto che continuano le difficoltà del suo esercito di fronte alla controffensiva ucraina?
"Può essere, anche se a Mariupol la situazione è chiara: gli ucraini sono ancora asserragliati nell'acciaieria Azovstal ma il resto della città è ormai sotto il controllo russo. La resistenza a Mariupol da un punto di vista tattico non ha nessun significato, si spegnerà da sola col tempo se non vogliono condurre azioni particolarmente cruente. Il fatto che non abbia voluto rivendicare nulla, contrariamente a quello che molti analisti pensavano, è dovuto sempre alla volontà di non esacerbare troppo i torni con affermazioni trionfalistiche che di fronte soprattutto ai morti sarebbero state di cattivo gusto. Quella di oggi è stata manifestazione di orgoglio per la vittoria di 80 anni fa ma usarla per fini di propaganda sarebbe stato sbagliato.
Le aspettative occidentali sono state anche un po' pretestuose. All'inizio si diceva che era fallita la guerra lampo, ma lui non l'ha mai menzionata. Si è detto che non era riuscito a invadere tutta l'Ucraina, ma anche in questo caso non l'ha mai detto. Putin ha sempre dichiarato di voler riunire le due Repubbliche separatiste del Donbass e la Crimea. Anche il fatto di dire che avrebbe organizzato un sfilata a Mariupol oggi per me è un'ipotesi ridicola perché l'avrebbe esposto a critiche maggiori. Dichiarare delle cose per innescare aspettative per poi dire che non verranno rispettate è un chiaro sintomo di propaganda che è molto aggressiva, da una parte e dall'altra".