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Il finanziere infiltrato tra i trafficanti di coca: 11 arresti, c’è anche Antonino Vadalà

Scattano le manette per 11 persone accusate di traffico internazionale di stupefacenti, tra loro c’è anche Antonino Vadalà già arrestato in Slovacchia, ma poi rilasciato, per l’omicidio del giornalista Kuciak. L’operazione è scattata per tutelare un agente sotto copertura a rischio dopo il clamore degli arresti per l’omicidio del giornalista.
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Antonino Vadalà,
Antonino Vadalà,

Diciassette persone sono state raggiunte da provvedimenti restrittivi emessi dalla Procura di Venezia perché responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti con l'aggravante, per alcuni, dell'agevolazione mafiosa e del riciclaggio. E' stata disposta la custodia cautelare per 11 persone e i domiciliari e l'obbligo di dimora per le restanti sei. In Slovacchia, in particolare, è stato arrestato Antonino Vadalà.

La polizia slovacca lo ha nuovamente arrestato precisando, questa volta, che la richiesta viene dall'Italia e che il motivo sarebbero dei grossi traffici internazionali di cocaina e non l'omicidio Kuciak. Il primo fermo e la sua immediata scarcerazione erano stati erroneamente posti in relazione con l'uccisione del nostro collega e della sua giovanissima fidanzata.

Le dodici persone arrestate oggi in Lombardia, Calabria, oltre che a Mestre e Marcon erano da tempo investigate dalla Guardia di Finanza di Venezia per conto della procura antimafia. Gli inquirenti italiani monitoravano da tempo i tentativi della Ndrangheta di organizzare nuovi canali di approvvigionamento per la cocaina che i clan distribuiscono in regime di quasi monopolio su diverse piazze di spaccio europee. Questo specifico gruppo di trafficanti era però seguito da vicino grazie ad un coraggioso agente infiltrato.

Proprio il rischio che la sua copertura finisse per essere bruciata dal clamore suscitato dal caso Kuciak, le autorità italiane avevano chiesto alla NAKA (agenzia di sicurezza slovacca) di operare immediatamente dei fermi. La tempistica e il mancato riscontro di prove nel corso delle perquisizioni della scorsa settimana avevano portato al rilascio degli arrestati.

La conclusione delle indagini italiane ed il presumibile invio di un fascicolo investigativo completo hanno oggi portato alle nuove misure cautelari nei confronti di Vadalà. La convinzione è, perciò, che gli inquirenti abbiano prove in abbondanza per perseguire Vadalà per qualche traffico sporco. Improbabile invece che Vadalà possa avere organizzato l'omicidio di Kuciak mentre era più o meno seguito dalle polizie di diversi paesi. L'arresto di oggi, insomma, lo incrimina per cocaina ma indirettamente lo scagiona di una ben più grave accusa.

"L'importanza dell'indagine sta anche nel coinvolgimento di alcuni personaggi che sono di grosso spessore nell'ambito della criminalità organizzata – spiega il procuratore capo, Bruno Cherchi – in particolare c'è Vadalà, arrestato per l'omicidio del cronista slovacco e poi rilasciato".

L'agente infiltrato a rischio

Per documentare quanto avveniva, un militare della Guardia di finanza si e'è infiltrato nell'organizzazione sotto copertura "dando immediata comunicazione – riferisce Cherchi – degli spostamenti e le modalità attraverso cui veniva importato e smistato lo stupefacente in Italia. Ma anche dando possibilità di disporre di un riscontro immediato per la Procura in merito agli accertamenti che mano a mano si facevano". Per importare la droga, sottolinea il Procuratore, la banda aveva creato delle società per l'import dal Sudamerica di frutta. Nei carichi veniva nascosta una quantità ingente di droga. L'indagine ha coinvolto anche Paesi stranieri, come la Slovacchia, dove era presente Vadalà. "C'è stato coordinamento di EuroJust e delle autorità slovacche – ha aggiunto -. La Guardia di finanza di Venezia e la Procura sono riuscite a tenere un'indagine complessa senza fuga di notizie. Altrimenti sarebbe stato un problema per l'incolumità dell'agente sotto copertura". La droga arrivava attraverso navi e camion: complessivamente si tratta di 400 chili di cocaina. "La ‘ndrangheta calabrese si muove in maniera diversa rispetto al passato – conclude Cherchi -. Non opera più direttamente, ma ha un radicamento attraverso cui si muove in maggiore autonomia sia con approvvigionamento che distribuzione della sostanza stupefacente".

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