Il ciclone Trump si abbatte sull’Onu: “La lotta al cambiamento climatico è già cancellata”

I provvedimenti di Donald Trump da quando si è insediato come presidente degli Stati Uniti stanno avendo l'effetto di una centrifuga. Rapidi, fulminei, radicali, al punto da sovvertire assetti consolidati da anni. Un vero e proprio terremoto i cui effetti sono già ben visibili nel mercato commerciale internazionale, nelle borse di tutto il mondo e anche nella politica interna con un enorme numero di manifestazioni di protesta in tutti gli Stati americani. Anche sul fronte del cambiamento climatico l'elezione di Trump ha avuto degli effetti devastanti, soprattutto su quelli che sono i programmi delle Nazioni Unite per combattere il cambiamento climatico.
Da sempre nemico del green deal, Trump ha apertamente attaccato tutte le politiche di riduzione delle emissioni e di transizione ecologica, e tra i suoi primissimi provvedimenti c'è stato l'avvio della fuoriuscita degli Usa dagli accordi di Parigi sul clima. Ne abbiamo discusso con Angelica De Vito, consigliera diplomatica dell'Onu sui cambiamenti climatici.

Cosa è cambiato nelle Nazioni Unite sul tema del cambiamento climatico, dopo l'arrivo di Trump?
Per prima cosa è cambiata la nomenclatura. Tutti i programmi che erano volti alla mitigazione del cambiamento climatico, programmi che prevedono attività sui territori, ora devono incentrarsi solo sull'energia e sul riscontro economico di questi programmi. Parliamo proprio del nome dei programmi, dove c'era "cambiamento climatico" ora hanno un nome che richiama "all'energia". Tutti i programmi del consolato americano che portavano la dicitura "cambiamento climatico" e "diritti umani" ora se vogliono sopravvivere come programmi legati all'Agenda 2030, devono inserire "energy" ed eliminare le parole "cambiamento climatico" e "diritti umani". Da un punto di vista concettuale al momento vaghiamo nel nulla, è difficile cambiare un programma che è fortemente legato ai diritti umani e al cambiamento climatico al punto tale da renderlo economicamente vantaggioso o economicamente spendibile, se nasce per aiutare gli esseri umani e la loro salute all'interno di un ambiente naturale che sia rispettoso dei principi dell'agenda 2030.
È come se tutto debba trasformarsi in un piano economico, piuttosto che in un piano di welfare e supporto?
Assolutamente sì. Tutto deve essere legato a un guadagno economico e anche tutto quello che è legato alla transizione ecologica deve essere doppiamente giustificato.
È possibile guadagnarci su un piano pensato per aiutare le persone contro i cambiamenti climatici?
Direi proprio di no. Tanto è vero che prima della seconda era Trump c'era il settore dedicato all'energia che era diverso dal settore dedicato ai cambiamenti climatici, adesso è come se venisse eliminato quel settore e può sopravvivere solo se c'è un ritorno economico. È un modo per dire non lo cancelliamo per evitare una polemica con tutto un mondo, ma vi rendiamo la vita più complicata. Non lo cancello io in primis, ma sono certo che quel programma con le mie nuove regole non può avere vita. Stiamo parlando della maggior parte dei programmi delle Nazioni Unite che hanno come tema il cambiamento climatico. L'Onu si muove attraverso agenzie che fanno rapporto all'assemblea generale e devono tradurre in pratica quello che viene deciso nell'assemblea generale. Ma se la direzione è quella di andare a eliminare tutte quelle che sono le presenze necessarie degli Stati Uniti nei luoghi in cui a livello internazionale si tratta il cambiamento climatico, diventa veramente complicato riuscire ad agire. Quindi di fatto hanno cancellato tutti quelli che sono i piani di azione legati al cambiamento climatico.
Dal punto di vista del personale delle Nazioni Unite impegnato sui cambiamenti climatici, ci sono stati dei cambiamenti?
Certo, moltissimi sono stati allontanati per le difficoltà legate o al rinnovo dei visti lavorativi, oppure perché troppo schierati rispetto al nuovo centro di potere, che è quello che ha una percentuale maggiore rispetto all'assemblea generale, quindi gli Stati Uniti. Sembra quasi che tutti coloro che non sono in linea con le decisioni prese dagli Stati Uniti sul cambiamento climatico e non solo, non avrà più vita lavorativa all'interno delle agenzie delle Nazioni Unite.
Ci sono stati dei licenziamenti politici?
Si ci sono stati licenziamenti politici per persone che vengono soprattutto dal Sud America.
Come sono stati motivati questi licenziamenti?
Sono stati motivati con il loro pregresso e la loro condizione non ha permesso una stesura di motivazioni tali da poter trattenere loro all'interno degli uffici delle Nazioni Unite. È successa una cosa molto simile a quello che è avvenuto alle agenzie del governo degli Stati Uniti. Il giorno dopo l'insediamento di Trump, chi lavorava nelle agenzie governative federali nei ruoli apicali ha ricevuto una mail in cui veniva comunicato o un licenziamento immediato o un tempo di pochi giorni per allinearsi alle nuove direttive. All'Onu è successa sostanzialmente la stessa cosa, con lo stesso approccio. Se mi tagli i fondi per il personale io devo fare i licenziamenti.
Quanto pesano queste azioni sulla lotta cambiamento climatico?
L'ultimo atto della prima era Trump era l'uscita dal patto di Parigi, ed è stato anche il primo atto della nuova era Trump. Nell'ultima COP sul cambiamento climatico in Azerbaigian, che c'è stata prima dell'insediamento di Trump, già mancavano i delegati degli Stati Uniti. Non ci vanno proprio e la loro assenza pesa. L'accordo di Parigi si basa sul coinvolgimento dei paesi che inquinano di più al mondo, come appunto gli Stati Uniti. Se vengono a mancare tutto è inefficace e pesa tantissimo. Per come funziona ora il patto di Parigi, se gli Stati Uniti inquinano di più devono metterci più soldi per le compensazioni. Tutto quello che si può mettere in campo contro il cambiamento climatico funziona anche con i soldi degli Stati Uniti, è difficile pensarne la sopravvivenza totale senza di loro. Il rischio è la chiusura di ogni tentativo di intervenire sul cambiamento climatico, e questo è dovuto a Trump.
Che ripercussioni ha in Europa questa situazione?
Ha un effetto domino, le politiche ambientali sono basate sulla cooperazione e la coesione, e il cambiamento climatico è stato il collante per legare più dinamiche complesse, come l'economia, i migranti, i trasporti, la logistica. Il cambiamento climatico era diventato lo strumento con cui fare una serie di negoziazioni internazionali, su temi anche non legati all'ambiente. Venendo meno gli Stati Uniti ci sarà un effetto domino, come la fine del green deal europeo, anzi proprio la messa in discussione di tutti gli atti del green deal sembra essere la sola chiave di approccio con Trump da parte dell'Europa per andare a discutere dei dazi. In questo modo gli americani influenzano anche le scelte europee.
I soldi per il cambiamento climatico in Europa li useremo per coprire il disavanzo delle imprese causato dai dazi di Trump?
Quando Sergio Costa era Ministro dell'Ambiente istituì il fondo nazionale delle emergenze, come ad esempio l'alluvione in Emilia Romagna. Con il governo Meloni i fondi sono stati impegnati durante il G7 per attuare politiche legate al nucleare, quindi i fondi destinati all'ambiente e ai cittadini compiti dai disastri ambientali, erano stati già impiegati in altro. Alcuni di questi fondi sono stati poi usati dalla Meloni per il cosiddetto "Piano Mattei" con i paesi africani, sull'energia soprattutto. Non mi sorprende che oggi voglia attingere da questo fondo, per prosciugarlo, per agire sui dazi americani. Difatti, Trump mette i dazi e noi togliamo i soldi dal fondo per i cambiamenti climatici per equilibrare il disavanzo delle imprese causato dai dazi. Nel frattempo ci sarebbero anche i soldi del PNRR che sarebbero serviti alla transizione ecologica, e useranno anche quelli per fronteggiare i dazi. È il segnale della messa in discussione del green deal europeo da parte dell'Italia.
Di fatto stiamo già operando come Trump sul cambiamento climatico?
Praticamente sì.
Come è possibile che l'Onu che si è opposta per due anni, ad esempio, al governo d'Israele rispetto a Gaza, ora cambia rotta in maniera così veloce rispetto all'orientamento di Trump? In poche settimane all'Onu è cambiato tutto, perché?
Se si pensa che economicamente il Palazzo di Vetro dell'Onu si sorregge grazie agli Stati Uniti, fa un po' timore la scelta di un uomo di spostare la posizione delle Nazioni Unite o di chiuderle (come nel caso di alcune agenzie) perché non considerate necessarie per quello che è il piano di crescita degli Stati Uniti, Make America Great Again. Questa cosa fa terrore, e fa terrore che non ci sia realmente spazio per la diplomazia internazionale.
Ci sono stati anche dei tagli alle persone impiegate nelle missioni Onu in giro per il mondo?
Sì, ci sono stati molti tagli.
Come si fa la diplomazia senza poter stare sul campo?
Non si fa.
E quindi cosa resterà dell'Onu?
Un bel museo.