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Il caso di O.J. Simpson, l’accusa di omicidio dell’ex moglie e dell’amico e la difesa di Robert Kardashian

Nicole Brown Simpson e Ronald Lyle Goldman sono stati assassinati il 12 giugno del 1994 a Brentwood, distretto di Los Angeles. Per il duplice omicidio fu accusato l’ex sportivo e attore marito di Brown, OJ Simpson. L’uomo, difeso dagli avvocati Robert Shapiro e Robert George Kardashian, fu giudicato innocente in uno dei processi più mediatici degli Stati Uniti d’America.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Nicole Brown Simpson e Ronald Lyle Goldman sono stati assassinati il 12 giugno del 1994 a Brentwood, distretto di Los Angeles. Per il duplice omicidio fu accusato O.J Simpson, celebre ex giocatore di football americano e attore. Orenthal James Simpson fu giudicato innocente in tribunale, ma la sentenza fu ribaltata nella causa civile intentata dalle famiglie delle vittime due anni dopo. L'ex giocatore di football scelse per la difesa gli avvocati e amici Robert Shapiro e Robert George Kardashian, primo marito di Kris Houghton (nota oggi come Kris Kardashian, madre di Kim).

Simpson fu accusato dell'omicidio della moglie e del cameriere e amico Goldman in uno dei processi più pubblicizzati degli Stati Uniti. I due si erano sposati il 2 febbraio del 1984 e sette anni dopo, la compagna dell'ex giocatore di football americano aveva deciso di divorziare. Brown aveva accusato Simpson di violenza domestica nel 1989 e il 25 febbraio del 1992, la donna aveva ufficialmente chiesto il divorzio, motivandolo con "differenze inconciliabili".

Il 13 giugno del 1994, Brown e il 25enne Goldman furono trovati senza vita nei pressi del condominio dove lei viveva.

Le prove raccolte sulla scena del crimine portarono la polizia di Los Angeles a sospettare di Simpson, che era però partito verso Los Angeles alle 23.45 della sera del delitto. Alla notizia di quanto accaduto, Simpson tornò a Los Angeles e nel pomeriggio del 13 giugno fu ammanettato e portato alla centrale di polizia per essere interrogato. Il caso torna in Tv con una docu-serie targata Sky. Cinquanta testimonianze per indagare i dettagli finora sconosciuti sul duplice omicidio e sul processo all'ex sportivo.

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L'omicidio dell'ex moglie Nicole Brown e dell'amico Ron Goldman

O.J Simpson e Nicole Brown avevano ufficialmente divorziato il 25 febbraio del 1992, due anni prima del delitto avvenuto nella zona di Brentwood. Il cadavere della donna fu trovato nei pressi del condominio dove viveva insieme ai due figli avuti dall'ex giocatore di football, Brooke Sydney Simpson e Justin Ryan. Accanto al suo corpo giaceva quello di Ron Goldman, il cameriere 25enne che era giunto sul posto per restituire gli occhiali da sole dimenticati dalla madre di Brown al tavolo del ristorante dove le due avevano cenato poche ore prima dell'omicidio.

Intorno alle 00.10 del 13 giugno 1994, i corpi senza vita di Brown e di Goldman furono trovati sul marciapiede del condominio all'875 di South Bundy Drive. I cadaveri erano a terra in un lago di sangue: la donna aveva ricevuto 12 coltellate e aveva la testa quasi mozzata, mentre sul corpo del 25enne sono stati rinvenuti i segni di 20 fendenti. Entrambi erano morti diverse ore prima di essere ritrovati.

Nessuno dei due figli di Brown ha potuto raccontare cosa fosse accaduto quella notte: entrambi stavano dormendo in casa al momento del delitto e non sono mai stati trovati altri testimoni dell'omicidio. I sospetti degli inquirenti caddero quasi immediatamente su O.J Simpson, che era già stato accusato dall'ex moglie di maltrattamenti domestici.

I precedenti per maltrattamenti e abusi

Le forze dell'ordine di Los Angeles iniziarono quindi le loro indagini sull'ex sportivo, già accusato dalla moglie di maltrattamenti nell'ambito domestico. Simpson e Brown rimasero sposati per 7 anni e più volte la donna denunciò l'ex footballer per maltrattamenti e violenze. Nel 1992, dopo l'ultima denuncia fatta nel 1989, Brown chiese ufficialmente il divorzio.

OJ Simpson e i suoi legali
OJ Simpson e i suoi legali

La cattura di O.J Simpson e l'arresto

A spostare l'attenzione degli investigatori sull'ex giocatore di football, oltre ad alcune tracce di sangue trovate sulla scena del delitto e un paio di guanti sporchi, anche le precedenti denunce fatte dall'ex consorte. A colpire particolarmente gli inquirenti, la violenza usata nei confronti della donna e del 25enne.

I cadaveri erano infatti a terra in un lago di sangue e la testa di Brown era quasi stata mozzata. La donna aveva ferite da difesa sulle mani e il taglio attraverso il collo l'aveva lasciata con la bocca aperta: da qui, stando ai rilievi medico-legali, si poteva vedere la laringe. Anche la vertebra era stata incisa. Sul corpo del giovane erano stati trovati i segni di 20 coltellate.

Gli investigatori avevano trovato alcune macchie di sangue nel giardino del condominio nel quale risiedeva Brown compatibili con quello di Simpson. Alla luce di queste prove, il Los Angeles Police Department aveva subito cercato di contattare l'ex giocatore di football che però la sera del delitto era partito verso Chicago alle 23.45. Alla notizia della morte della moglie, Simpson era tornato a Los Angeles e il pomeriggio del 13 giugno era stato interrogato.

Dopo aver risposto alle domande degli investigatori, era stato rilasciato e aveva formalmente scelto come avvocato l'amico Robert Shapiro. Nonostante l'alibi di un viaggio a Chicago, gli inquirenti avevano formulato tra il 16 e il 17 giugno l'accusa formale di duplice omicidio di primo grado.

Intorno alle 8.30 del 17 giugno, la polizia telefonò a Shapiro per metterlo al corrente delle accuse a carico del suo assistito, chiedendo che l'ex giocatore di football si consegnasse spontaneamente entro le 11. Al termine di quel periodo di "tolleranza", le autorità lo avrebbero considerato un fuggitivo.

Vista l'urgenza, Shapiro si recò a casa dell'amico e collega Robert Kardashian per sapere cosa fosse accaduto a Simpson che non rispondeva al telefono. Dopo una seconda chiamata da parte della polizia, Shapiro fornì l'indirizzo dell'abitazione dove l'ex sportivo avrebbe dovuto trascorrere la notte, giustificando il ritardo con alcune visite mediche che Simpson avrebbe dovuto compiere per una diagnosi di forte depressione.

La polizia di Los Angeles si recò poco dopo le 11 a casa di Kardashian per arrestare Simpson. Qui trovò i due avvocati e alcuni medici ma non lo sportivo, che nel frattempo era fuggito insieme a un amico ed ex compagno di squadra Al Cowlings. Mentre gli agenti si lanciavano all'inseguimento dell'attore, Shapiro e Kardashian tennero una conferenza stampa annunciando la fuga e ipotizzando che l'amico comune potesse tentare il suicidio.

Qualche ora dopo, la polizia intercettò la Ford Bronco sulla quale viaggiavano i due fuggitivi sull'Autostrada 405. L'inseguimento della vettura per le autostrade di Los Angeles fu ripreso in diretta Tv e seguito da 75 milioni di telespettatori. Durante tutta la fuga, O.J minacciò più volte di suicidarsi. La "caccia" finì quando Simpson decise di tornare a casa e la polizia riuscì ad arrestarlo.

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Le prove contro O.J Simpson

Contro O.J Simpson, gli investigatori presentarono le analisi di laboratorio di tracce di sangue trovate su alcuni guanti nel giardino dell'abitazione di Brown. La tesi dell'accusa era che Simpson avesse agito mosso dalla gelosia morbosa nei confronti dell'ex moglie che lo aveva già denunciato per violenza domestica. Secondo gli inquirenti, l'ex sportivo non si era mai rassegnato alla separazione.

Oltre alla prova dei guanti, l'accusa presentò le numerose denunce per maltrattamenti da parte della vittima e il report di ulteriori tracce ematiche trovate nell'auto di Simpson e sotto le unghie delle vittime. Di anni dopo, invece, è il rinvenimento di un coltello, ipotetica arma del delitto mai recuperata dalle forze dell'ordine fino al 1998, anno in cui l'ex proprietà dello sportivo fu demolita.

A prendere il coltello fu un agente della polizia di Los Angeles che però non parlò di quanto trovato nell'abitazione dello sportivo fino al 2016. L'arma fu consegnata solo allora agli investigatori, che annunciarono di averla sottoposta ad "ulteriori accertamenti" che confermarono però l'estraneità del coltello al delitto.

Il processo mediatico e la difesa di Robert Kardashian

Quello a carico di O.J Simpson fu forse uno dei processi più rilevanti dal punto di vista mediatico della storia americana. Vista la fama dell'uomo accusato e l'inseguimento in auto in diretta sulle reti nazionali seguito da 75 milioni di telespettatori, il processo penale in aula di tribunale fu uno dei più combattuti e più seguiti degli Stati Uniti. 

Secondo l'accusa, Simpson aveva "un carattere violento" provato anche dalle denunce per maltrattamenti fatte dall'ex moglie anni prima dell'omicidio. Per la difesa, invece, O.J era vittima di discriminazione razziale: l'ex sportivo, seppur ricco e famoso, restava secondo i poliziotti "un afroamericano" e pertanto era diventato un bersaglio facile per le autorità già sotto pressione per individuare un colpevole. Per i legali dell'ex sportivo, gli agenti coinvolti (prevalentemente. bianchi) stavano cercando di incastrarlo.

Bianco era anche l'investigatore che trovò i guanti insanguinati di Simpson. Mark Fuhrman si era già reso colpevole in passato di insulti e discriminazioni razziali e secondo gli avvocati, anche in questo caso aveva cercato di accusare l'ex sportivo in quanto nero.

La difesa trovò infatti dei nastri registrati nei quali Fuhrman si scagliava verbalmente contro gli afroamericani con epiteti molto pesanti, dichiarando che "quando c'è la certezza della colpevolezza, in qualche modo le prove saltano fuori".

La prova costituita dai guanti insanguinati fu gradualmente "smontata" dalla difesa dell'ex sportivo. L'inesperto procuratore Darden, infatti, decise di far provare i guanti a Simpson davanti alla giuria, incalzato dai legali di O.J che sostenevano che il capo fosse "troppo piccolo" per le mani dell'imputato. Il tutto avvenne contro il parere dei superiori di Darden, che dall'altra parte sostenevano che i guanti potevano essersi ristretti a causa del sangue e dell'umidità.

Quanto al rinvenimento di tracce ematiche in auto e sotto le unghie delle due vittime, i difensori riuscirono a dimostrare che il test del DNA non era stato effettuato attenendosi scrupolosamente alla procedura raccomandata dai manuali e vi era dunque la possibilità che il risultato fosse stato alterato e/o manipolato.

In un primo momento, la difesa fu a carico esclusivo del legale e amico di Simpson, Robert Shapiro. A lui si unì poi Robert George Kardashian come assistente volontario. Fu "promosso" ad avvocato difensore dallo stesso Simpson.

A destra l'ex giocatore di football OJ Simpson con il running back dei Los Angeles Rams Eric Dickerson
A destra l'ex giocatore di football OJ Simpson con il running back dei Los Angeles Rams Eric Dickerson

La condanna e poi l'assoluzione per mancanza di prove

La celebrità di Simpson e la fama del processo per omicidio attirarono l'attenzione nazionale anche sulle disparità di giudizio nei procedimenti a carico di neri e bianchi. Il caso Simpson differisce in modo particolare dalla "norma" delle condanne per afroamericani e statunitensi bianchi: l'ex sportivo fu infatti giudicato innocente dopo 253 giorni di processo con un verdetto formulato in meno di 4 ore.

Normalmente, i processi per gli afroamericani sono molto lunghi e quasi tutti si concludono con un giudizio di colpevolezza basato su prove molto meno schiaccianti di quelle presentate in tribunale per Simpson. Gli analisti e l'opinione pubblica rimasero sconcertati dalla velocità con cui i giurati raggiunsero l'unanimità di verdetto. Era infatti ritenuta possibile una camera di consiglio di diversi giorni per la sentenza.

La difesa però era riuscita a offrire alla giuria la possibilità di dichiarare che tecnicamente non esistevano elementi a supporto di una condanna per lo sportivo oltre ogni ragionevole dubbio. Il 3 ottobre del 1995, la giuria scagionò Simpson dall'accusa di duplice omicidio per mancanza di prove.

Nel 2012, il serial killer Glen Edward Rogers, detenuto nel braccio della morte, avrebbe confessato al fratello e a un criminologo di essere il vero autore del duplice omicidio di Brown e Goldman. La rivelazione fa parte di un documentario su Rogers in cui il detenuto confessa molti altri delitti oltre a quelli per cui era stato condannato.

L'uomo dichiarò però di aver agito per rubare dei gioielli su incarico di Simpson stesso, che secondo quanto da lui affermato gli avrebbe detto di concludere il colpo ad ogni costo, "anche uccidendola". Le dichiarazioni dell'uomo non hanno avuto seguito legale, ma le famiglie delle due vittime hanno citato in giudizio Simpson per danni in un processo civile. Le udienze iniziate nel '96 con una giuria prevalentemente bianca giudicarono Simpson colpevole. Ai familiari delle due vittime furono assegnati risarcimenti di 8,5 milioni di dollari.

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