Il blocco di Israele agli aiuti a Gaza sta causando una carestia peggiore di quella in Somalia: i dati
"A Gaza la malnutrizione sta peggiorando più di quanto aveva previsto il nostro scenario peggiore". Se Israele non consentirà ai camion colmi di aiuti umanitari di accedere all'enclave palestinese "tra 6 o 12 settimane ci troveremo in una situazione di carestia indescrivibile, peggiore di quella in Somalia. Le prospettive sono catastrofiche". A parlare, intervistato da Fanpage.it, il professor Francesco Checchi, docente di epidemiologia e salute internazionale presso la London School of Hygiene and Tropical Medicine e autore, insieme ad altri scienziati, di uno studio pubblicato nei giorni scorsi che prevede quante persone moriranno a Gaza nei prossimi sei mesi non solo a causa delle bombe israeliane, ma anche per la diffusione di malattie, carestia e malnutrizione.
I dati pubblicati dai ricercatori sono terrificanti: anche se "miracolosamente" si giungesse subito a una tregua moriranno fino a 11mila palestinesi nei prossimi sei mesi a causa della distruzione degli ospedali e della diffusione di malattie. Ma questo numero sale a 85mila nello scenario peggiore, quello che ad oggi appare il più probabile, ovvero se Israele attaccherà Rafah.
Professore, come siete arrivati a questi dati spaventosi?
Va fatta una doverosa premessa. Prima della guerra le autorità sanitarie di Gaza collezionavano dati molto dettagliati su morbilità, mortalità, cause di morte ed altri fattori, proprio come si fa in Italia. La "base line", ovvero la situazione di partenza pre-crisi, ci era quindi molto chiara: questo ci ha aiutato moltissimo nel nostro studio.
In Italia i dati forniti dal Ministero della Salute di Gaza, gestito da Hamas, vengono spesso descritti sui media come inaffidabili e propagandistici. Lei ci sta confermando che così non è.
I dati che ci arrivano dal Ministero della Salute di Gaza sono attendibili e perfettamente in linea con quelli forniti anche dall'OMS, UNRWA e OCHA, tutte e tre agenzie ONU, che tra l'altro ci hanno messo a disposizione altre importanti informazioni. Penso ad esempio alla disponibilità di acqua, al livello di sovraffollamento dei centri di rifugiati nonché allo stato di funzionalità di ciascun ospedale e clinica di Gaza. In questo modo siamo riusciti a capire quali servizi erano disponibili e quali invece no, come ad esempio la dialisi per i pazienti affetti da malattie renali. Abbiamo fatto un enorme lavoro di rilevazione e cura dei dati. Poi ci abbiamo messo del nostro, inventando dei metodi che non erano mai stati impiegati prima: nessuno, infatti, aveva finora effettuato rilevazioni e proiezioni di questo tipo sulla mortalità in contesti di crisi.
Su cosa avete focalizzato il vostro studio?
Abbiamo cercato di capire come evolverà la crisi sanitaria a Gaza tenendo conto di varie ipotesi, e come tutto ciò influirà sulla diffusione delle malattie infettive, sulla cura del cancro, sul trattamento ai dializzati, eccetera. Gli scenari che abbiamo ipotizzato sono tre: il più ottimistico è quello del cessate il fuoco immediato della durata di almeno sei mesi. In questo caso prevediamo un incremento tra i 6.550 e gli 11.580 morti fino al 6 agosto.
E qual è lo scenario peggiore?
È quello che avremo in caso di decisa escalation, ad esempio se Israele deciderà di attaccare Rafah come preannunciato. Se accadrà prevediamo che il bilancio delle vittime potrebbe salire tra 74.290 e 85.750 nei prossimi sei mesi.
E se tutto resta così com'è, ovvero in caso di estensione fino ad agosto di quanto si è già verificato finora?
Questo è lo scenario medio. Oltre ai più di 30mila morti già accertati se ne rischiano tra i 58.260 e i 66.720 in più.
Nelle scorse settimane l'ONU ha messo in guardia da un incremento della fame a Gaza a causa del blocco israeliano ai camion carichi di aiuti umanitari. Alle vittime delle bombe si sommeranno quelle della malnutrizione?
Il fattore della malnutrizione sta peggiorando più di quanto aveva previsto il nostro scenario peggiore. Abbiamo analizzato la quantità di cibo che entrava a Gaza prima del 7 ottobre e abbiamo stimato quale è stata la riduzione percentuale dell'apporto calorico medio per ciascun palestinese residente nella Striscia. Infine abbiamo calcolato quanto la riduzione di calorie avrebbe cambiato la prevalenza della malnutrizione, soprattutto su bambini e donne incinta. Ebbene, la traiettoria che si sta delineando, alla luce dei camion che stanno attualmente entrando a Gaza, è persino peggiore dello scenario più critico che avevamo ipotizzato. Personalmente sono assolutamente terrificato da questo aspetto.
Le cronache da Gaza riportano già decine di bambini morti di fame. Ma a quali scenari andiamo incontro, senza un deciso sblocco degli aiuti umanitari?
Queste sono solo le prime avvisaglie. Cosa accadrà tra 6 o 12 settimane, se andremo avanti così? Ci troveremo in una situazione di carestia indescrivibile. Anche qui fornisco qualche dato: secondo il nostro peggior scenario (che è comunque migliore di quanto sta effettivamente avvenendo sul campo) noi stimiamo che tra tre mesi avremo un tasso di malnutrizione severa nei bambini di circa il 15%, con malnutrizione globale di circa il 45%. Sono percentuali che non si sono verificate neppure nelle ultime carestie in Somalia, Paese che studio da tempo. Non so se mi spiego: le prospettive sono catastrofiche. Oltretutto il rapporto tra aumento della malnutrizione e vulnerabilità alle malattie infettive è di tipo esponenziale. Indicativamente: al raddoppio del tasso di malnutrizione quadruplica il rischio di contrarre malattie potenzialmente letali, come polmoniti e diarrea.
A Gaza è in corso un massacro in "mondovisione". Eppure i decisori politici non riescono ad imporre un cessate il fuoco…
Il concetto è molto semplice: in merito al conflitto a Gaza ci sono differenze di vedute, alcune delle quali assolutamente legittime. Tuttavia tutti questi discorsi devono radicarsi nella realtà, che è l'impatto che la guerra sta avendo sulla vita e la sopravvivenza dei palestinesi. Il nostro lavoro vuole che tale impatto venga considerato prima di ogni altro paramento e di ogni altra valutazione politica della situazione. Prima vanno salvate vite umane. Poi viene tutto il resto.