Suleiman e Ibrahim Ismail, due fratelli siriani, nella loro giovane vita hanno conosciuto solo la guerra. Domenica notte sono morti assieme alla loro mamma incinta in un raid aereo russo a Kafranbel, nella provincia di Idlib. Il bilancio del bombardamento è drammatico: dieci civili uccisi, la metà bambini. Per la Russia, alleata del governo di Damasco, l’attacco dei suoi jet è la risposta al lancio di razzi da parte dei jihadisti sulla base aerea di Hmeimim, a sud-est di Latakia. Ma da settimane, nella Siria nord-occidentale sono in corso pesanti bombardamenti che non hanno risparmiato ospedali e scuole, nell'ormai consueta indifferenza dell'Occidente.
Ad essere colpite sono la provincia di Idlib, abitata da tre milioni di persone, e le aree di Hama e Aleppo. Zone che sfuggono al controllo del governo siriano e dove è forte la presenza di estremisti islamici, come i combattenti di Hay’at Tahrir al-Sham, l’ex Fronte al-Nusra, costola siriana di al-Qaeda. Ancora una volta, però, a pagare un alto prezzo in vite umane sono stati i civili. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, nell'ultimo mese i morti sono 230, tra cui 51 bambini e 52 donne.
Nove bimbi uccisi a scuola
Save the Children ha documentato la morte di almeno 38 bambini dall'inizio di aprile, nove dei quali uccisi mentre si trovavano a scuola. “Eravamo in mezzo alla strada quando la bomba è caduta. Ci siamo messi a correre. Avevamo paura perché la terra attorno a noi tremava. L’insegnante ci ha detto di scappare e anche il preside urlava a squarciagola”, è la testimonianza di Hasan, un bimbo di 9 anni che ha visto morire un suo amico nel bombardamento della scuola. Più del 65% delle scuole di Hama sono state costrette a chiudere, secondo i partner di Save the Children nella zona. L'escalation di violenza è arrivata alla fine dell'anno scolastico, impedendo a 250.000 studenti di terminare gli esami.
In meno di un mese attaccati 19 ospedali
Come si trattasse di un copione già scritto, la violenza non ha risparmiato neppure gli ospedali. Il 15 maggio, la clinica ostetrica Tarmala, a sud di Idlib, è stata completamente distrutta in un raid aereo. L'ospedale, ogni mese, prestava servizio a circa 6.000 persone e ospitava un importante centro dialisi. Secondo la Union of Medical Care and Relief Organizations (UOSSM), una Ong di medici siro-americani, la distruzione della clinica “rappresenta una perdita catastrofica”. La struttura era stata evacuata prima dell’attacco e non ci sono state vittime. Dalla fine di aprile, tuttavia, questo è il diciannovesimo centro medico messo fuori uso dai bombardamenti. “Attaccare ospedali pediatrici è molto più che un atto vile e sadico. Siamo fortunati che nessun bambino sia stato ucciso anche se perdere questa struttura porterà a grandi sofferenze. Dove partiranno le donne? I pazienti stanno evitando gli ospedali perché sanno che verranno bombardati. Il personale è terrorizzato di andare al lavoro. Gli attacchi contro le strutture mediche sono un chiaro crimine di guerra e gli autori devono essere ritenuti responsabili”, ha detto il dottor Hussam Al Fakir, presidente di UOSSM.
Migliaia di sfollati costretti a dormire nei campi
Di fronte all'escalation militare, sono circa 180mila i disperati che hanno abbandonato le zone sotto attacco. Con la frontiera turca chiusa per volere di Ankara e i campi di rifugiati già strapieni, molti degli sfollati hanno trovato come unico riparo un campo di olivi. Famiglie fuggite con lo stretto necessario e che adesso vivono all'aperto tra gli uliveti a nord di Idlib. “Questa doveva essere una zona sicura, dov’è la sicurezza?”, si chiede Khani, un uomo di 30 anni scappato con la famiglia da Khan Sheikhoun. “E’ da 15 giorni che non ci laviamo – ha detto Khani – siamo costretti a ripararci sotto gli alberi. Chi potrebbe sopportare una vita simile?”
Ad incutere terrore tra i civili ci sono anche le minacce delle milizie pro Assad, come quelle riportate in un video diffuso pochi giorni fa. “Questa volta non ci saranno autobus verdi (i mezzi utilizzati per evacuare i ribelli e le loro famiglie dalle zone riconquistate dall'esercito siriano, ndr). Saranno sepolti sotto i tetti delle loro case”.“Intere famiglie anche di otto persone stanno caricando tutto ciò che possiedono sul retro di piccoli camioncini e si dirigono a nord, non sapendo dove dormiranno. Lo abbiamo visto succedere più e più volte in otto anni di conflitto in Siria in cui i civili stanno pagando il prezzo più alto”, ha dichiarato Sonia Khush, la direttrice di Save the Children.
Un fragile cessate il fuoco e il rischio di “un incubo umanitario”
La Russia due giorni fa ha annunciato un cessate il fuoco unilaterale da parte dell’esercito siriano. I media affini al governo di Damasco, tuttavia, scrivono che le truppe di Assad stanno preparando la seconda fase della loro offensiva sulla Siria nord-occidentale puntando a riconquistare la città chiave di Kabani, da cui poi puntare verso la pianura di Al-Ghaab e sulla vicina Jisr Al-Shughour.
Per le Nazioni Unite, in Siria c’è il rischio di “un incubo umanitario”. Venerdì scorso, durante una riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza dell'ONU, il coordinatore degli affari umanitari, Mark Lowcock, ha avvertito che l’escalation di violenze potrebbe portare “alla peggiore tragedia umanitaria del 21° secolo”. In caso di attacco su vasta scala, infatti, i tre milioni di abitanti della provincia di Idlib si troverebbero senza via di fuga, schiacciati in mezzo ai combattimenti tra l’esercito e le sigle ribelli. E l’orrore già vissuto in oltre otto anni di guerra sembra destinato a ripetersi.