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Opinioni

“I terroristi vogliono campi nemici opposti: più si infiamma, meglio è”

Thierry Bresillon, reporter di guerra ed esperto di fondamentalismi, si sofferma sull’attentato alla redazione del Charlie Hebdo ed avverte: i terroristi vogliono che l’Occidente risponda all’odio con l’odio.
A cura di Sabina Ambrogi
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Parla Thierry Bresillon, reporter di guerra e blogger di Rue89 (Nouvel Observateur), esperto e attento osservatore del Medio Oriente e di fondamentalismi. Come molti giornalisti e intellettuali francesi in passato ha aspramente criticato Charlie Hebdo. Oggi considera la strage una “dichiarazione di guerra” che si nutre di radicalismi e fa leva sulla rabbia dei più giovani in un quadro internazionale delicatissimo.

Che idea ti sei fatto degli ultimi avvenimenti, Thierry, alla luce delle tue esperienze in Africa in particolare in Tunisia e della tua conoscenza dei fondamentalismi…

La sola constatazione per ora è ricordare che tutto accade in un doppio contesto sensibile per la Francia. Il primo aspetto è l'impegno internazionale in zone di guerra in cui i movimenti jihadisti sono coinvolti, nel Sahel per esempio, contro l'Isis. E questo ha significato minacce di azioni di rappresaglie da parte dell'Isis. Tenta molto fare dei legami, ma ancora si sanno troppe poche cose su questo attacco. Il secondo aspetto è la cristallizzazione delle tensioni sociali intorno alla questione dei migranti nella società francese in cui l'Islam è presente e radicato.

Queste tensioni sociali di cui parli, appunto legate ai migranti, sono una tragica realtà in tutta Europa…

In modo particolarmente acuto in Francia: il 10% della popolazione è di cultura o di confessione musulmana, senza trascurare l'importanza della storia del colonialismo e della guerra in Algeria. Infine direi che da alcuni anni, il rifiuto della visibilità dell'Islam, le censure che subisce e di cui tutti i musulmani sentono gli effetti, va di pari passo con una radicalizzazione dei giovani che usano appunto l'Islam radicale come registro simbolico e la jihad come giustificazione. Si è maturata una vera e propria rabbia. La banalizzazione del discorso islamofobo (come quello di Eric Zemmour, o Alain Finkielkraut ) e l'espressione di un malessere crescente attraverso atteggiamenti sempre più settari, hanno creato un clima deleterio. Per me oggi l'attacco alla redazione di Charlie ha portato questa “rabbia” a uno stadio in cui rischiano di liberarsi reazioni terribili. Ciò che è accaduto va ben oltre a un attacco mortale alla libertà di espressione. E'un atto di guerra. Una modo di trasformare tensioni culturali e sociali in un conflitto di civiltà, in una guerra vera e propria, è fatto per aizzare le persone le une contro le altre, per dare potere ai radicalismi e scavare un abisso nelle nostre società. Siamo oltre la libertà di espressione. Quello che dobbiamo proteggere è la coesione di una società plurale contro quelli, di ogni parte, che vogliono sradicare l' “altro” dal loro paesaggio.

Hanno forse identificato i terroristi… Si dice anche che non fossero così professionisti: hanno sbagliato indirizzo, hanno fatto l'attentato in macchina senza prevedere il traffico di Parigi etc.

La sola certezza è che armi, capacità di movimento, preparazione all'attacco e alla fuga, compreso il sangue freddo per finire un poliziotto rantolante a terra, sono cose che rimandano a un addestramento importante. Avevano già ucciso. Inoltre era tutto ben preparato: sapevano tutto, orari delle redazione, nomi. Preferisco però non speculare su chi è stato (ancora ne sappiamo troppo poco), mi vorrei concentrare sugli effetti.

Charlie, era già da un po' di tempo che derideva Maometto e solleticava fondamentalismi già particolarmente schierati. Era diventata un po' una carta “marketing”. Spingevano su un bottone, il dibattito già incandescente si infiammava, loro vendevano più copie. E' terribile dirlo oggi, ma in sede di analisi è giusto capire di cosa si parla e di che natura siano gli orribili “ben gli sta” che si leggono un po' ovunque.

Sì. Charlie andava male. E diciamo che era il portavoce di una certa concezione della laicità e dell'universalismo. Avevano nei confronti dell'Islam lo stesso registro anti- clericale che hanno sempre adoperato con tutte le altre religioni ma in un contesto in cui la tensione superava largamente il quadro del dibattito – tutto francese – sulla laicità, erano diventati il simbolo internazionale di una guerra che li superava totalmente. Tutto molto più grande di loro. Loro vedevano solo derisione e satira, altri però leggevano l'espressione di un'altra forma di guerra conto i musulmani, in tutti i paesi in cui un intervento militare è in corso contro i jihadisti. Le loro armi erano pacifiche, ma sono scesi in un'arena in cui altri lottano con armi mortali. Oggi ne hanno pagato un prezzo altissimo. Tengo molto a precisare la mia totale condanna all'attacco che hanno subìto, anche se in altri momenti ho contestato vivamente il loro approccio perché attizzava l'ingranaggio del rifiuto e dell'incomprensione.

Si potrebbe replicare: per noi la libertà di espressione è un diritto. Allora il terrore vincerebbe se ci si lasciasse condizionare?

Vorrei rispondere che davvero non è più il momento di questo dibattito. Ma da parte loro una certa coscienza politica internazionale un po' più ampia e una sensibilità al sentimento di dominazione culturale e di stigmatizzazione dei musulmani in Francia (e non solo religioso) li avrebbe portati – forse – a prendere di mira ben altre forme di potere proprio grazie alla satira. Ma ancora una volta: ormai il dibattito è superato perché sono morti. Sono stati uccisi. Non possiamo più parlare con loro ma esprimere solo solidarietà e compassione.

In altri momenti gli intellettuali francesi e una fetta ampia di stampa molto accorta e spesso loro colleghi li hanno contrastati duramente. Parlo del 2011 quando a seguito delle bombe all'ambasciata americana di Tunisi fecero uscire il numero “Charia Hebdo” deridendo Maometto ma, appunto, non le forme di potere che avevano consentito il partito islamista Ennahada in Tunisia. Come reagivano allora alle critiche?

Hanno sempre difeso il diritto alla satira. Ma ancora una volta quello che mi interessa è quale sarà il seguito.

Per ora che idea hai?

Si leggono sui social network le due sponde di giustificazioni: “così si imparano” e dall'altra parte le chiamate all'odio, a uccidere gli anti – musulmani, oppure i discorsi del tipo “noi i francesi, voi i musulmani”. E questo mentre la maggioranza dei musulmani in Francia sono appunto cittadini francesi. Ho letto anche una roba come: “è stato un diversivo di Israele contro la Palestina…” .

E Marine Le Pen guadagna punti…

E' peggio: non abbiamo più bisogno di lei. Le sue idee vinceranno anche senza di lei. E' chiaro che i profeti di disgrazie, della perdita di identità, del pericolo dell'islamizzazione, del rifiuto degli stranieri vedranno il trionfo della loro visione del mondo.

A mettersi nei panni di un terrorista hanno fatto qualcosa che gli si ritorcerà contro

I terroristi non amano le persone che si integrano. Vogliono che si creino i campi nemici opposti, a morte. Quindi per loro più si infiamma il terreno meglio è. Vogliono proprio questo.

Oppure si potrebbe credere a una trama tessuta da chi trae vantaggio da questi attacchi, come la destra?

Non ci credo. Anche se, come tutti, l'ho pensato.

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Autrice televisiva, saggista, traduttrice. In Italia, oltre a Fanpage.it, collabora con Espresso.it. e Micromega.it. In Francia, per il portale francese Rue89.com e TV5 Monde. Esperta di media, comunicazione politica e rappresentazione di genere all'interno dei media, è stata consigliera di comunicazione di Emma Bonino quando era ministra delle politiche comunitarie. In particolare, per Red Tv ha ideato, scritto e condotto “Women in Red” 13 puntate sulle donne nei media. Per Donzelli editore ha pubblicato il saggio “Mamma” e per Rizzoli ha curato le voci della canzone napoletana per Il Grande Dizionario della canzone italiana. E' una delle autrici del programma tv "Splendor suoni e visioni" su Iris- Mediaset.
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