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Presidenza Trump

I primi cento giorni di Trump sono stati un disastro, secondo gli americani

I sondaggi statunitensi concordano: il gradimento nei confronti di Donald Trump è calato moltissimo nei suoi primi cento giorni in carica. È soprattutto su due temi cruciali – l’economia e i migranti – che il presidente degli Stati Uniti sta perdendo la fiducia degli elettori, anche se i repubblicani continuano a essergli fedelissimi.
A cura di Luca Pons
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Donald Trump è entrato in carica quasi esattamente cento giorni fa, il 20 gennaio 2025. Pochi mesi prima aveva vinto le elezioni con un risultato decisamente netto, sconfiggendo Kamala Harris nel voto popolare e anche in tutti gli Stati-chiave, considerati in bilico. Oggi però, passati poco più di tre mesi dall'insediamento, il consenso dei cittadini nei suoi confronti è decisamente sceso. Trump ha il peggiore indice di gradimento dopo cento giorni di qualunque altro presidente dal 1952 a oggi – eccetto lui stesso nel 2017. E i temi su cui sembra essere caduto sono soprattutto i due che hanno contribuito di più a farlo vincere: l'economia e l'immigrazione.

Il gradimento verso Trump crolla, nessuno peggio di lui dal Dopoguerra

Non è una novità, per il tycoon: nel primo mandato il suo indice di gradimento dopo cento giorni era stato il più basso mai registrato da un presidente dal secondo dopoguerra in poi. E, a seconda delle rilevazioni, è possibile che nel 2017 la situazione fosse anche peggiore del 2025. Ma quelle elezioni erano state decisamente più ‘contese' dal punto di vista dei risultati, con una vittoria di Hillary Clinton almeno nel voto popolare. Questa volta, invece, la caduta è stata almeno in parte più inattesa.

Come detto, la differenza con i sondaggi di otto anni fa è variabile. Oggi il gradimento di Trump oscilla tra il 39% dei sondaggi più severi (di Abc/Washington Post/Ipsos) e il 47% dei più generosi (di Cbs/YouGov), e anche nel 2017 si piazzava stabilmente attorno al 40%. In ogni caso si tratta dei due risultati peggiori dal 1952 in avanti.

Dopo i loro primi tre mesi in carica, John F. Kennedy e Dwight Eisenhower superavano il 70%; Carter, Reagan e Obama erano sopra il 60%, mentre Bush padre e figlio, Clinton e Biden erano oltre il 50%. Nessuno era mai sceso sotto questa soglia, fino a Trump.

Per il momento, resta forte il sostegno degli elettori che si dichiarano repubblicani: l'88%, secondo Nbc. E anche le persone più anziane, bianche, con un livello di istruzione più basso, tendono a essere soddisfatte dal presidente in carica. Invece gli elettori democratici e indipendenti sono in maggioranza opposti a Trump. Soprattutto le persone non bianche e quelle giovani, che invece alle ultime elezioni avevano ‘tradito' le aspettative di Harris e votato per il candidato repubblicano in una percentuale più alta del previsto.

Sono soprattutto due i temi che, apparentemente, stanno condannando Trump dal punto di vista del consenso. E sono entrambi argomenti su cui aveva puntato molto, e con successo, in campagna elettorale: l'economia e l'immigrazione.

Il caos dazi e la paura della recessione

L'enorme caos delle politiche sui dazi, annunciati e poi sospesi, cambiati in modo apparentemente casuale, con l'ipotesi di portare avanti decine di trattative con Paesi diversi (di cui per ora però non si vede la fine, e in alcuni casi nemmeno l'inizio) hanno lasciato gli elettori in uno stato di ansia e confusione. Come gli esperti hanno chiarito più e più volte, lo Stato più danneggiato in assoluto dai dazi di Trump sono proprio gli Usa.

E così, mentre la situazione economica degli Stati Uniti era piuttosto buona nel momento dell'insediamento del presidente repubblicano, ora le previsioni sono negative: ci si aspetta che l'inflazione aumenti, che il blocco del commercio con la Cina colpisca soprattutto i consumatori più poveri, e che gli Usa corrano anche il rischio di una recessione. Secondo un sondaggio di New York Times/Siena, circa la metà degli elettori pensa che la situazione economica con Trump sia peggiorata, mentre solo il 21% pensa che sia migliorata. Secondo Cnbc, circa il 57% degli americani pensa che il Paese vada verso una recessione o ci sia già entrato. Il tutto mentre i tagli al governo federale (promossi da Elon Musk ma non solo) porteranno a un calo dell'assistenza per i cittadini più fragili.

Al momento, però gli stessi sondaggi che mostrano che gli elettori hanno poca fiducia nel presidente, dicono anche che non ne hanno neanche nei confronti dei leader democratici. L'elettorato americano, insomma, cerca nuovi punti di riferimento. Una rilevazione di Gallup sulla fiducia dei cittadini in tema economico ha piazzato al secondo posto dietro i repubblicani il presidente della Fed, Jerome Powell, ma solo perché molti elettori dicevano di non conoscerlo più che non fidarsi.

Sull'immigrazione Trump è andato "troppo in là"

L'immigrazione è uno dei temi su cui Trump ha insistito di più, e per diverse settimane il gradimento da questo punto di vista è rimasto alto, anche quando le intenzioni della Casa Bianca erano decisamente chiare. Spesso dipende anche da come si pone la questione: quando si parla di "sicurezza dei confini", ancora oggi diversi sondaggi vedono il presidente uscire con una maggioranza a favore, o comunque si avvicina al 50% dei consensi. Ma si entra nello specifico delle deportazioni portate avanti in questi mesi, le cose cambiano.

Secondo un sondaggio Nbc, il 59% degli americani è contrario all'idea di revocare il permesso di soggiorno a chi si dimostra un "problema per la politica estera" – come nel caso degli studenti che partecipano a proteste contro l'attacco di Israele a Gaza. In una rilevazione di Economist e YouGov, il 45% diceva che le mosse dell'amministrazione sull'immigrazione sono andate "troppo in là".

Già a fine marzo, peraltro, un sondaggio Reuters/Ipsos che vedeva Trump ben messo sull'immigrazione (gradimento del 49%) mostrava che molte delle sue politiche specifiche non erano affatto apprezzato. Gli elettori erano contrari all'idea che il presidente disobbedisse alle sentenze di tribunali federali. In diversi sondaggi c'era una netta opposizione alle deportazioni nei confronti di persone che hanno vissuto negli Usa per più di dieci anni, o che hanno figli con la cittadinanza americana, o che non hanno commesso alcun reato se non quello di entrare nel Paese in modo irregolare: tutte cose che sono regolarmente successe nelle ultime settimane. E così anche l'immigrazione è diventato un tema che Trump non può usare come cavallo di battaglia ‘garantito' per i consensi.

L'intervista a Trump: "Guido il Paese e il mondo"

In un lungo articolo della rivista The Atlantic, Trump ha risposto per due volte alle domande dei giornalisti, prima telefonicamente e poi di persona. Il presidente ha mostrato ottimismo, parlando del suo secondo mandato: "La prima volta dovevo fare due cose: guidare il Paese e sopravvivere; avevo tutti questi tipi corrotti. E la seconda volta, guido il Paese e il mondo".

Confermando di sentirsi sostanzialmente invulnerabile, nonostante i sondaggi, Trump ha ricordato le condanne ricevute in tribunale: "Normalmente ti butterebbe a terra. Non arriveresti nemmeno al giorno dopo. Sai, daresti le dimissioni, torneresti a casa e combatteresti ‘per il tuo nome', come dicono tutti". Invece nel suo caso "mi hanno reso più forte, molto più forte".

Poi ha parlato del suo futuro politico e del cambio nella sua base di sostenitori: "Ho preso i voti del 38% degli elettori maschi neri, è un sacco. Nessuno sapeva che fosse possibile. Ho preso il 56% degli ispanici". Questi numeri sono sbagliati, ma è vero che ha ottenuto più sostegno di quanto ci si aspettasse in queste fasce di popolazione.

Parlando delle deportazioni ha detto: "Non me ne occupo personalmente", ma "direi che sono tutte persone dure e estremamente pericolose". Di fronte all'ipotesi che venisse deportato per errore un cittadino statunitense: "Niente al mondo sarà mai perfetto".

Infine, riguardo ai suoi avversari Democratici, ha notato la mancanza di una leadership che gli si possa opporre: "Penso che abbiano perso la fiducia nel senso più profondo. Non penso che sappiano cosa stanno facendo. Penso non abbiano un leader. Se me lo chiedete adesso, e io so molto del Partito democratico, non so dirvi chi è il loro leader. Non posso dire di vedere qualcuno all'orizzonte".

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