I parenti dei militari affondati con il Moskva chiedono verità: “Diteci se nostri figli sono morti”
La scorsa settimana la guerra in Ucraina è stata caratterizzata da una notizia, che molti analisti hanno giudicato determinante per il proseguo del conflitto: l'affondamento dell'incrociatore Moskva. Sul destino della nave da guerra russa, ormai, si è saputo praticamente tutto, nonostante le prime smentite del Cremlino. Su quello dei circa cinquecento militari che erano a bordo, invece, si sa ancora poco e niente. Le famiglie, però, cominciano a chiedere verità e risposte su cosa è accaduto ai propri figli. È venuto fuori che molti di loro erano coscritti – militari di leva, appena arruolati – anche se Mosca aveva annunciato che non ne avrebbe più utilizzati dopo le catture avvenute nelle prime settimane di guerra.
Se da un lato le conseguenze dell'affondamento – anche se la dinamica ancora non è chiara – hanno avuto un impatto importante sulla guerra in positivo per il morale degli ucraini e in negativo dal punto di vista militare per i russi, le famiglie stanno mettendo sempre più pressione all'opinione pubblica per cercare di scoprire la verità. Per il ministero della Difesa russo si è trattato di un incidente, un incendio divampato a bordo e non un attacco ucraino, come rivendicato dai militari di Zelensky.
Dei cinquecento militari russi a bordo del Moskva, dicevamo, non c'è quasi nessuna traccia: non si sa se siano morti, feriti, dispersi. O se stiano bene. Tutto ciò che riguarda l'incrociatore è avvolto dal segreto di Stato. Il Guardian ha riportato le testimonianze di diverse famiglie russe che – anche facendo rete tra loro – stanno cercando di capire che fine abbiano fatto i propri ragazzi. I morti dichiarati al momento sono appena due, ma potrebbero essere molti di più. Sono state trovate delle foto in cui si vedono le scialuppe di salvataggio in acqua, mentre sempre più parenti dei militari a bordo riconoscono i propri familiari nei video che arrivano da Sebastopoli.
Le poche famiglie che riescono a mettersi in contatto con i militari ricevono risposte vaghe, limitate a semplici "sto bene". Cosa è accaduto all'incrociatore è un segreto di Stato, e nessuno ha intenzione di violarlo. Gli Shkrebets hanno raccontato all'Insider di aver cercato proprio figlio tra circa duecento militari ustionati in un'ospedale in Crimea, senza riuscire a trovarlo. Nell'arco di poche ore sono stati contattati da molte altre famiglie di varie zone della Russia. Giorno dopo giorno la percentuale di coscritti a bordo, almeno ascoltando le testimonianze, sembra sempre più alta. Ogni famiglia cerca il proprio ragazzo, spaventata per la vita del giovane militare, ma anche per le conseguenze che può comportare l'esporsi troppo in questa storia.