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I misteri dell’11 Settembre, i 6 “buchi” della versione ufficiale che resistono ancora

A distanza di 15 anni restano sul tavolo molti dubbi. Un’associazione di 2600 ingegneri e architetti indipendenti chiede al governo Americano di riaprire l’inchiesta, ma senza successo.
A cura di Mirko Bellis
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11 settembre, New York, Twin Towers
Il Boeing 767 della United Airlines istanti prima di colpire la Torre Sud del World Trade Center di New York

L’11 settembre del 2001 è una data scolpita nella nostra memoria. Per la prima volta il mondo assisteva in diretta al peggior attentato terroristico della storia recente in cui persero la vita circa 3000 persone. Prima di allora, nessuno aveva mai utilizzato un aereo di linea come una bomba da schiantare contro un bersaglio civile. Sono stati scritti migliaia di libri e diverse pellicole sono state dedicate all’11 settembre. E fin da subito sono apparse anche le teorie alternative che mettevano in discussione la versione ufficiale contenuta nelle 585 pagine del rapporto della Commissione d'indagine del Congresso degli Stati Uniti, pubblicato il 22 luglio 2004. La ricostruzione degli attacchi, a distanza di quindici anni, ancora non convince una parte di opinione pubblica. Nonostante le numerose pubblicazioni di esperti, la tesi secondo cui gli attentati dell’undici settembre sarebbero il frutto di un complotto ha molti sostenitori.

Le principali obiezioni di chi non crede al racconto ufficiale si possono riassumere brevemente in questi punti:

1. La demolizione delle Torri gemelle

Nel momento del crollo delle Twin Towers i filmati mostrarono degli sbuffi d’aria compressa provenienti dai pilastri. Per molti questa è la prova che le torri del World Trade Center di New York non sarebbero state distrutte dall'impatto dei due aerei di linea, bensì da un’operazione di demolizione controllata condotta con esplosivi militari a base di nano-termite. A muovere questa pesantissima accusa è l’associazione americana non profit Architects & Engineers for 9/11 Truth (Architetti & Ingegneri per la verità sull’11 Settembre), costituita da 2.620 architetti e ingegneri statunitensi che hanno firmato una petizione indirizzata al Congresso degli Stati Uniti per riaprire un'investigazione indipendente.

2. Il crollo dell’edificio 7 del World Trade Center

WTC-7 è la sigla dell’edificio 7, un palazzo di 47 piani inaugurato nel 1987. Ciò che ha dato adito alle speculazioni di molti è il fatto che la struttura – mai colpita da nessun aereo – sia crollata con una facilità e velocità straordinarie alle 17.20, cioè molte ore dopo il collasso delle Twin Tower. Una indagine federale sulle caratteristiche tecniche e di resistenza agli incendi connesse con il crollo delle torri gemelle e del WTC 7 fu condotta dal National Institute of Standards and Technology (NIST). I risultati dell'indagine sul WTC 7 sono stati pubblicati il 21 agosto 2008: il crollo dell'edificio sarebbe stato causato dalla dilatazione termica prodotta dagli incendi incontrollati per ore e il cedimento di una sola colonna – la numero 79 – fece collassare l’intero palazzo.

3. L’attacco al Pentagono

L'unica sequenza di immagini resa pubblica nel 2006 e riguardante l'impatto contro il Pentagono non consente di individuare chiaramente che tipo di oggetto abbia colpito l'edificio, a rigor di logica uno dei più protetti al mondo. Le registrazioni delle telecamere del controllo del traffico autostradale che inquadravano di continuo il tratto attraversato dall'aereo poco prima dello schianto non sono mai state rese pubbliche (l’Fbi ne ha sequestrate 13 che riguardano il Pentagono e sono ancora coperte dal segreto). Le fotografie del luogo dell’impatto – dove si vedono solo piccoli frammenti della fusoliera di un aereo – sono state spesso invocate per contestare la versione ufficiale. I fautori della teoria alternativa, inoltre, si chiedono come sia stato possibile che ad un’ora e mezza dall'attentato alle Torri, l’aviazione americana non sia riuscita a prendere le contromisure ed intercettare l’aereo dirottato. Il foro nella parte divelta del Pentagono – sostengono i “complottisti” – non combacerebbe con la sagoma del Boeing 757, ma sarebbe molto più piccolo. Per ultimo, la traiettoria compiuta dall'aereo, quasi raso terra nell'ultima parte della sua folle corsa, risulterebbe poco credibile viste le scarse abilità come pilota di uno dei dirottatori, il saudita Hani Hanjur, ai comandi del jet nel momento dello schianto.

4. Il volo 93

Dei quattro aerei dirottati l’11 settembre, uno non raggiunse mai la sua destinazione: era il volo United Airlines 93. Secondo i piani dei terroristi, quell'aereo avrebbe dovuto colpire il Campidoglio o la Casa Bianca. Ma i passeggeri, una volta appreso dai telefoni di bordo degli attentati alle Torri Gemelle, si sarebbero ribellati e il dirottatore avrebbe fatto schiantare il velivolo in un campo nei pressi di Shanksville, in Pennsylvania. La posizione dei detriti e il solco nel terreno lasciato nel luogo del disastro hanno suscitato molte speculazioni sull'accaduto. A differenza di quanto dichiarato dalle autorità, la tesi alternativa sostiene che sia stato in qualche modo abbattuto da un ordigno presente in volo oppure proprio dall'aviazione americana.

5. Le speculazioni in borsa

E' opinione abbastanza diffusa che alla vigilia degli attentati dell'11 settembre si siano verificati fenomeni di “Insider Trading”, ovvero di speculazioni di borsa operate da soggetti in possesso di informazioni non conosciute dagli altri operatori del mercato. Molti esperti qualificati ne sono convinti e talvolta la circostanza è citata persino nei testi accademici, come lo studio realizzato dal Professor Allen M. Poteshman. Il docente della facoltà di Finanza dell'Università dell'Illinois afferma che c’è stato insider trading soprattutto con le azioni delle due compagnie, United Airlines e American Airlines, proprietarie degli aerei usati dai kamikaze. Il 19 settembre del 2001, otto giorni dopo l’attentato, Claudio Gatti sul Corriere della Sera scriveva che le autorità statunitensi stessero già indagando sull'improvvisa e massiccia vendita di titoli assicurativi e di compagnie aeree nella settimana che precedette le stragi. L’ipotesi più probabile è che alcune figure colluse con il commando dei jihadisti suicidi abbiano organizzato la cessione delle azioni sapendo che, dopo gli attentati, sarebbero crollate. Il livello di scambi delle Put Option (una specie di scommessa al ribasso di un titolo azionario: se il titolo perde, l’investitore guadagna) ebbe un picco abnorme nei giorni immediatamente precedenti l’attentato (per l'American Airlines raggiunse il 10 settembre quota 4078 contro le circa 200 medie). Questi oscuri manovratori finanziari sono sempre rimasti nell'ombra.

6. I mandanti dell’attentato

Subito dopo gli attacchi furono individuati i diciannove terroristi (quindici dirottatori provenivano dall'Arabia Saudita, due dagli Emirati Arabi Uniti, uno dall'Egitto e uno dal Libano) e la responsabilità di Al Qaeda nell'organizzazione del massacro. In risposta agli attentati, l’allora presidente americano George W. Bush diede inizio ad una campagna di bombardamenti contro i talebani in Afghanistan colpevoli di dare ospitalità a Osama bin Laden. Ma il 15 luglio del 2016 sono state finalmente rese pubbliche 28 pagine del rapporto compilato dalla Commissione congressuale sull’11 settembre 2001, rimaste segrete tutti questi anni. Le 28 pagine riguardano i legami tra i dirottatori ed esponenti del governo saudita, e proprio per questo motivo sono state tenute nascoste per così tanto tempo. Basandosi su numerosi documenti dell'Fbi e su un memorandum della Cia, il testo indica che alcuni degli attentatori durante la loro permanenza sul suolo americano ebbero contatti con personalità riconducibili all'intelligence, alla diplomazia e al governo dell’Arabia Saudita. Tra le persone che entrarono in contatto con i terroristi vi sarebbero Omar al-Bayoumi (schedato dall’Fbi come membro dei servizi segreti sauditi) e Osama Bassnan che ricevette forti somme di denaro dall'ambasciatore saudita negli Stati Uniti, il principe Bandar Bin Sultan, e da sua moglie, la principessa Haifa. Entrambi sono sospettati di aver fornito supporto logistico ai dirottatori Khalid al-Mihdhar e Nawaf al-Hazmi al loro arrivo nel 2000 a San Diego, in California. E ancora, Saleh al-Hussayen, ufficiale del ministero degli interni saudita, che alloggiò nello stesso albergo di al-Hazmi in Virginia. Il memorandum della Cia, da cui la Commissione d’indagine ha appreso di questi legami, non venne mai inoltrato all'Fbi, che rimase quindi all'oscuro di queste attività.

A distanza di quindici anni dall'attentato che cambiò la storia del mondo, capire a fondo perché l'11/9 non fu evitato nonostante le informazioni in possesso dell'intelligence rimane il grande mistero ancora da chiarire.

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