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I golpisti novecenteschi turchi sconfitti da FaceTime

Per la prima volta un medium personale non ha solo fatto la cronaca degli eventi ma è stato lo strumento che ha sovvertito l’ordine delle cose.
A cura di Jvan Sica
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Erdogan rassicura sulla sua leadership via FaceTime (@Burak Kara/Getty Images)
Erdogan rassicura sulla sua leadership via FaceTime (@Burak Kara/Getty Images)

Nel film “Vogliamo i colonnelli” di Mario Monicelli del 1973, la banda un po’ rabberciata di militari che decide di prendere il potere con un golpe alla buona predispone una serie di azioni rapide e, come sempre, serali. Una di quelle, forse la più importante e quella che poi darà il là a tutta una serie di risvolti comici, sarà l’occupazione della televisione di stato. Monicelli prende e colora di ridicolo una prassi costante di ogni golpe militare della seconda metà del Novecento.

Per i militari di ogni parte del mondo, la televisione era il potere, la faccia che il governo in carica usava per parlare di sé e del Paese che andava costruendo. Non mostrare all’improvviso quella faccia portava due conseguenze necessarie per il buon risultato del golpe: in primo luogo creava caos psicologico in tutti. Il flusso senza interruzione del medium televisivo faceva già parte del nostro vivere quotidiano, era ed è ancora (forse per poco) un sottofondo esistenziale per il quale ci sentiamo nel presente delle cose. Bloccare le immagini della televisione crea una distanza dal quotidiano e mette in evidenza un momento di passaggio, uno distacco netto dagli eventi della Storia come dovrebbero fluire, per segnare un salto di livello. Come seconda conseguenza c’è la dimostrazione chiara che il volto del potere non è presente e per una semplice sineddoche la non presenza del volto del potere viene percepita come assenza del potere stesso. L’idea di essere in un vuoto di potere crea tensione e la rassicurazione militare arriva proprio a distendere gli animi nazionali.

Stanotte i militari turchi hanno seguito il processo canonico del golpe militare secondo-novecentesco: blocco della viabilità, attacco alle caserme e ovviamente stop alle trasmissioni della televisione di Stato. Ma non siamo negli anni ’70. Dopo pochi minuti dalla notizia del golpe, Erdogan era già dato per arrestato o peggio ancora in fuga verso la Germania o qualche emirato. Niente di tutto questo. Erdogan ha semplicemente preso il suo cellulare, ha attivato FaceTime e il volto del potere è riapparso, dimostrando di essere ancora lucido e presente e incitando alla resistenza di fronte al colpo di stato. Quell’intervento di Erdogan al cellulare è stato fondamentale perché ha evitato quello che i militari volevano, creare sconnessione con il flusso quotidiano e quindi paura, riaffermando il potere del Presidente turco di fronte all’intera nazione.

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Per la prima volta nella storia un medium personale non solo ha fatto cronaca degli eventi, come accade da tanti anni con Twitter e gli altri social media, ma ha addirittura agito da arma fortissima e decisiva per la riaffermazione dell’esistente socio-politico creando quella continuità necessaria ai governi per non far immaginare il vuoto d’ordine che la collettività teme. Erdogan ha vinto (se tutto termina così come sembra) ribaltando l’immaginario collettivo che si stava creando e tutto grazie a un medium personale ancora mai entrato così profondamente nella Storia.

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