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I curdi: “La Siria non diventi un Afghanistan bis, i jihadisti non devono essere lasciati al potere”

L’intervista di Fanpage.it a Yilmaz Orkan, responsabile di UIKI-ONLUS (Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia),sul caos in Siria: “La Turchia coordina tutto. Non sappiamo quali scenari si apriranno ma attenzione a cosa farà la Russia. Non vogliamo essere un Afghanistan bis”.
Intervista a Yilmaz Orkan
responsabile di UIKI-ONLUS (Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia).
A cura di Ida Artiaco
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"Speriamo che gli attori internazionali che manovrano la crisi in Siria non lascino il Paese nelle mani dei jihadisti, come già hanno fatto in Afghanistan, piuttosto dovrebbero aiutare a creare un sistema democratico. Cosa succederà adesso? Nessuno può saperlo".

A parlare a Fanpage.it è Yilmaz Orkan, responsabile di UIKI-ONLUS (Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia), che ha spiegato cosa sta succedendo in Siria e quali sono i pericoli per i curdi e per tutte le altre minoranze presenti nel Paese dopo che nei giorni scorsi i ribelli antigovernativi e un cartello di milizie jihadiste guidato da Hay’at Tahrir As-Sham (HTS) ha lanciato una offensiva che ha portato nel giro di poche ore alla caduta di Aleppo, seconda città della Siria, che il governo di Bashar Al-Assad aveva impiegato diversi anni a strappare ai ribelli nel 2016.

Yilmaz Orkan
Yilmaz Orkan

Cosa sta succedendo in Siria e quali sono i pericoli più imminenti?

"Il pericolo per tutti coloro che vivono in Siria, sunniti, sciiti, cristiani, drusi, sono i jihadisti perché quando parliamo dei ribelli Hayat Tahrir al-Sham (HTS) in gran parte son Foreign Fighters. Non sono siriani, ma uzbeki, nordafricani, turchi, kazaki, arrivano dai Paesi del Golfo. Il loro comandante, Abu Muhammad al-Jawlani, non è siriano. È stato prima fondatore di Al Qaeda, adesso è il responsabile del nuovo Califfato di HTS e guida il gruppo verso Hama e Damasco dopo aver distrutto Aleppo, dove ci sono quartieri di sciiti, armeni, cristiani e curdi. Questi ultimi sono rimasti in due quartieri, ma in totale ci sono 300mila persone che vivono lì e sono tutte minoranze. Questi attacchi sono ordinati dalla Turchia attraverso due gruppi: da un lato HTS, che è più disciplinato, e dall'altro il cosiddetto Esercito libero siriano, i cui militanti arrivano dalla provincia e sono dei banditi. Speriamo che con l'intervento di Usa e Russia possa essere evitato un massacro ad Aleppo affinché i jhadisti non attacchino".

Quale è lo scenario più probabile? Chi dovrebbe intervenire per fermare l'escalation?

"Sicuramente c'è una cosa che non abbiamo capito. Prima di Aleppo, vicino Idlib, c'è Lattakia. HTS non ha attaccato perché sappiamo che lì si muovevano sia il regime sia la Russia e subito bombardavano con aerei. Non capiamo perché abbiano attaccato Aleppo e siano andati verso Hama. C'è anche la Turchia e altre forze d'accordo con la Russia ma perché hanno lasciato quella zona libera non si sa. Qualcuno dice che non hanno la capacità per difendersi ma non è solo questo. Per la Russia dicono la stessa cosa, che per la guerra con l'Ucraina non ha la forza. Iraniani ed Hezbollah hanno lasciato questo posto. Il coordinamento l'ha fatto la Turchia di questa operazione verso Aleppo e Hama. Speriamo che la Russia e gli americani intervengano contro i jihadsti. Finora gli occidentali hanno pensato che HTS abbia liberato Aleppo dal regime ma questi sono gruppi terroristici nella lista internazionale per questo non capiamo alla fine che succederà".

Chi è, dunque, che manovra la crisi in Siria?

"La Turchia coordina. Ricordiamo però che Turchia, Russia e Iran hanno firmato il cosiddetto Processo di Astana, l'accordo siglato nel 2016 che ha prodotto quindici round di trattative e, tra fasi più o meno tese, e che ha portato a una sostanziale spartizione della Siria, con il Nord sotto la tutela diretta o indiretta della Turchia, l’area curda in uno stato di parziale autonomia tra patti con Assad e tutela Usa, il resto affidato al controllo di russi, iraniani e regime siriano. Ma a quanto pare la Turchia ha rotto quell'accordo coordinando l'operazione verso Damasco. Come mai Mosca non dice ancora niente. Con il Processo di Astana hanno portato qui i gruppi jihadisti".

Quali pericoli per il Rojava (la regione autonoma de facto nel nord e nord-est della Siria protagonista da anni di un esperimento unico in Medio Oriente, quello del confederalismo democratico, ndr)?

"Le forze a Nord della Siria si sono preparate per difendere la zona. La cosa interessante è che ci sono scenari che non riusciamo a capire, se i jihadisti rimarranno nell'area di Hama o se cominceranno ad attaccare anche nostre città come Kobane. Fino ad ora non abbiamo alcuna idea, ma sarà centrale osservare cosa farà in questi giorni la Russia: se difenderà le sue basi militari o se ne andrà. Anche gli americani vedremo se sono contro i jihadisti o se faranno come in Afghanistan, dove hanno lasciato i ribelli al potere e sono andati via".

Siete preoccupati?

"Certo. Adesso gli Usa non intervengono ma è la Turchia che coordina tutti questi movimenti, pur essendo un membro Nato. La nostra preoccupazione è che turchi e americani se lasceranno la Siria nella mano dei jihadisti come hanno fatto in Afghanistan oppure se aiuterenno a creare un paese democratico. Non vogliamo essere un Afghanistan bis".

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