Hollande vince, la Francia torna socialista: un’analisi del voto
Quarantasei i milioni di francesi chiamati a scegliere l'uomo che – per i prossimi cinque anni – guiderà la Francia attraverso una delle crisi economiche più dure della Storia. Nove milioni di essi hanno deciso di non esprimere la propria preferenza, portando il dato dell'astensionismo al 19%, in rialzo rispetto al 2007. Poco più di due milioni le schede bianche e nulle – 4.66% sul totale dei votanti – mentre la differenza tra Sarkozy e Hollande in termini di voti è di oltre un milione di preferenze. Il programma di François Hollande ha convinto diciotto milioni di persone, ma sono in molti a sostenere che buona parte delle preferenze conquistate dal neo presidente rappresentino più la delusione nei confronti di Sarkò che un reale convincimento rispetto ai propositi del leader socialista. Quella che senza alcun dubbio ne esce sconfitta è la politica pro austerity; politica che persino l'ex presidente francese si è visto costretto a rinnegare in diversi punti, promettendo una maggiore resistenza sul piano europeo nei confronti dei programmi lacrime e sangue. Per quanto riguarda la distribuzione territoriale del voto, Hollande concentra il suo potere nelle zone del nord-ovest e del centro-sud-ovest della Francia , ma sono molti i centri situati al nord del paese in cui la popolazione si è espressa con più del 60% delle preferenze in favore del leader socialista, compresa la regione di Parigi. Sarkozy, di fatto, pur perdendo di incisività, ha confermato la sua leadership nel nord-est del paese, nella Costa Azzurra e in diverse zone del sud-est.
Un'analisi profonda del voto, però, ha il dovere di oltrepassare i confini della Francia e considerare le implicazioni politiche sul piano europeo. Dalla pagine del New York Times, Paul Krugman – premio Nobel per l'Economia – ha salutato con entusiasmo i risultati delle elezioni in Francia e in Grecia affermando che: "I francesi si rivoltano: I greci anche. Era ora. La strategia che consiste nell'optare per l'austerità finisce qui, e questa è una cosa buona". Il giudizio di Krugman è chiaro e privo di sfumature. La strategia dell'asse Merkozy, secondo il premio Nobel, "non funziona e non ha mai avuto alcuna chance di funzionare" e Krugman sottolinea anche come i "i popoli europei, alla fine, si sono mostrati molto più saggi delle elite del continente".
Si apre quindi una nuova era per la Francia. Ora non resta che aspettare e vedere se Hollande saprà tenere fede alle promesse elettorali o se si troverà nella condizione di non poter dire "no" alle elite europee. Rispetto alla questione TAV, ad esempio, il neopresidente ha già dichiarato di ritenere il progetto "necessario", dimostrando che – almeno su questo punto – la sua posizione converge con quella del PD. Per quanto riguarda altri aspetti, invece, il Partito Socialista francese e il Partito Democratico nostrano divergono completamente, specie se si pensa alle scelte propugnate in ambito comunitario. In ogni caso, la vittoria di Hollande non è certo di quelle travolgenti. I favori per la destra neogollista francese restano alti e, anzi, si estremizzano. Inoltre sono molti i francesi che si dicono spaventati all'idea di veder attuato il programma elettorale del leader socialista, pertanto il mandato di Hollande non sarà facile da gestire. È infatti probabile che i suoi consensi oscilleranno ad ogni singola mossa e che – a seconda delle tematiche affrontate – le decisioni del neopresisente si troveranno di fronte ad ampie aree di resistenza. In ogni caso, l'evento che ha segnato il ritorno del socialismo al potere è stato uno dei più seguiti della storia dal punto di vista mediatico. In Belgio, ad esempio, le trasmissioni politiche hanno fatto registrare altissimi livelli di audience, mostrando quanto questa competizione politica fosse sentita dal punto di vista emotivo. La svolta, quindi, è realmente avvertita come tale. La sua entità è tutta da definire.