“Chi scappa dalla guerra arriva in Italia in aereo, come già fanno in tanti, non con i barconi”. Così twitta il Ministro dell’Interno Matteo Salvini, peccato che non la pensi così Musli Alievski, operaio con la passione della fotografia, che con “Stay Human Onlus” è partito da Pesaro anche verso i campi profughi in Grecia. Qui, insieme a gruppi organizzati di volontari, ha portato vestiti (soprattutto scarpe), medicine e cibo. Ma non solo…
Siamo a Vaiochori, a 55 chilometri ad est di Thessaloniki e a circa 170 chilometri dal confine turco. Musli, durante una delle sue missioni no-profit, ha incontrato un bimbo profugo siriano: uno dei tanti milioni “ospitati” ancora oggi dalla Turchia, là dove il poeta Nazim Hikmet diceva che "La vita non è uno scherzo".
“Non ricordo il nome del piccolo – racconta Musli Alievski -, quando lo abbiamo incontrato era insieme ad altri bambini più o meno in condizioni simili, precarie. Ma lui in particolare mi ha colpito perché, quando con gli altri volontari abbiamo organizzato la distribuzione degli oggetti portati, era in prima fila per scegliere le scarpe.”
Il suo primo paio di scarpe dopo il lungo, estenuante viaggio di oltre 170 chilometri: un percorso infinito compiuto a piedi nudi, in pieno agosto, sull’asfalto bollente. Lui e i suoi genitori, disperati al punto da affidare a quel cammino ogni briciola di speranza per un futuro, passo dopo passo, più luminoso.
“I suoi piedini erano completamente screpolati e sporchi per mancanza di cure mediche e per le condizioni del campo in cui viveva: terra battuta e tante tende senza mezzo metro di ombra, divorato dalle cimici e dalle zanzare.”
Le foto scattate da Musli al piccolo siriano fanno il giro dei social, sollevando reazioni di vario tipo ma soprattutto curiosità per la storia di quel bimbo senza nome. Una storia che, si spera, possa riscriversi nel miglior modo possibile, insieme ai troppi in fuga da un destino ingiusto: esseri umani che hanno vissuto orrori e subìto violazioni dei propri diritti umani.
“Nei campi in Grecia non si muore subito come ad Aleppo est, ma si muore un po’ alla volta, giorno dopo giorno.”
E intanto c'è ancora chi semina odio e fomenta intolleranza, con frasi sconclusionate, facendo finta di non ricordarsi che per prendere un aereo occorre un visto d’ingresso Schengen (quello turistico), a concessione altamente discrezionale e, comunque, con tempi burocratici infiniti e ad un costo non indifferente.
Così ha commentato su Vice Marco Paggi, avvocato e socio dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI):
"Se al consolato italiano si presenta una persona che dichiara di non avere lavoro, o di averne uno insufficiente, e dice di voler andare in Italia in vacanza ospite da amici, gli diranno che intende abusare del visto per turismo per poi restare illegalmente alla scadenza, e glielo negheranno. È fin troppo evidente. Chiedersi con tono sospettoso perché chi migra verso l’Europa non prenda l’aereo invece del barcone suona tanto come quella battuta che si attribuiva alla regina francese Maria Antonietta: ‘Il popolo protesta perché non ha pane? Che mangino brioches!' "