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Guerra in Ucraina

Guerra in Ucraina, Giovanni racconta la sua vita a Kherson: “Non abbiamo più cibo né medicine”

Giovanni Bruno è uno degli italiani rimasti bloccati in Italia. Dopo l’attacco russo di fine febbraio, la città in cui si trova insieme alla sua famiglia, Kherson, si trova sotto il controllo russo.
A cura di Beatrice Tominic
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Fra i circa 34 italiani che sono rimasti bloccati in Ucraina dopo lo scoppio della guerra a fine febbraio, c'è Giovanni Bruno. Giovanni, 35enne originario di Pozzallo, si trova con la sua famiglia, sua moglie e sua figlia di appena 22 mesi, a Kherson, una città nella zona sud del Paese che è stata fra le prime ad essere occupata dai militari russi.

"Stiamo provando ad andare via in tutti i modi – ha dichiarato a Fanpage.it raccontando la sua vita dopo l'attacco russo a Simona Berterame – qui la situazione è invivibile, non possiamo restare qui a lungo."

A Kherson mancano cibo e medicinali

Come spiega Giovanni, nella città di Kherson ormai beni alimentari e medicine iniziano a scarseggiare. Sua moglie, ad esempio, ha da poco terminato i farmaci per la cura della tiroide, ma ormai anche gli alimenti sono sempre di meno: "I supermercati sono tutti vuoti, fatta eccezione per uno, ma ci sono lunghissime file anche di 100 o 150 persone – ha detto – L'alternativa è rivolgersi agli agricoltori locali che ancora riescono a vendere ortaggi, patate, cipolle e carote, ma anche lì ci sono file lunghissime."

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Provare a fuggire a Kherson

Come ha dichiarato subito, Giovanni e la sua famiglia vorrebbero fuggire e rientrare in Italia, ma da quando l'esercito russo ha preso il controllo di Kherson e istituito posti di blocco intorno alla città, sembra impossibile: "Da fonti certe, sappiamo che l'esercito ha sparato contro coloro che provavano ad uscire dalla città. Alcuni colpi hanno raggiunto il motore di un'automobile, ma in un altro caso, mentre una famiglia tentava la fuga, è stato colpito e ucciso il marito, mentre la moglie e la figlia sono rimaste ferite."

Da quando i russi sono arrivati in città, anche il rifugio non è più un posto sicuro per Giovanni e la sua famiglia: "Ha una sola entrata e se dovesse entrare qualcuno, sarebbe difficile uscirne. Adesso ci ripariamo in casa, nella speranza che non arrivi mai niente", dice, facendo riferimento alle bombe e ai razzi. Poi aggiunge che, in caso contrario, proveranno a ripararsi fra due muri in modo da provare ad attutire i colpi.

Anche la Farnesina è in contatto con Giovanni per cercare di riportare in Italia lui e la sua famiglia: "Stanno lavorando notte e giorno in cerca di una soluzione che permetta di portarci fuori da qui – racconta – Anche se in altre città le persone sono riuscite a scappare, mi reputo comunque fortunato: siamo ancora vivi."

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