Guerra in Sud Sudan, Onu accusa: “Civili arsi vivi dai soldati del governo”
Duecentotrentadue civili sono stati uccisi e 40 villaggi sono stati presi d'assalto dai soldati governativi, che hanno compiuto "inaudite violenze contro uomini, donne, bambini, anziani e disabili. Il governo del Sud Sudan e la comunità internazionale devono garantire la giustizia nel Paese". E' la durissima condanna pronunciata da Zeid Ra’ad al-Hussein, a capo dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr), rispetto all’ultimo rapporto pubblicato sulla guerra in Sud Sudan.
"Dal 16 aprile al 24 maggio, anziani e persone disabili sono state arse vive nelle loro case – denuncia il dossier redatto insieme alla Missione Onu nel Paese (Unmiss) –. Oltre 120 tra donne e ragazze sono state vittime di violenza di gruppo". Come è accaduto frequentemente in passato, la violenza sessuale continua a essere utilizzata come arma da guerra. Gli investigatori delle Nazioni Unite hanno parlato persino di una bambina di 4 anni abusata dalle milizie filogovernative. Le violenze sono state perpetrate soprattutto nell’area di Mayendit e Leer, nello Stato settentrionale di Unity, in larga parte occupato dai ribelli. "Tali atti spesso di matrice etnica potrebbero essere giudicati come crimini di guerra", sostengono gli analisti.
Il report è stato diramato in un periodo di negoziati ad alta tensione. Da cinque anni, infatti, il governo del presidente sudsudanese, Salva Kiir, di etnia dinka, si sta scontrando contro l'esercito ribelle di Riek Machar, un nuer. A quest'ultimo è stato offerto un posto da primo vice-presidente, ma Machar ha rifiutato. "Vogliamo due delle quattro nomine di vice-presidente e il potere esecutivo e legislativo di Kiir deve essere radicalmente limitato", ha recentemente richiesto uno dei portavoce dei ribelli. Le speranze per una pace duratura in Sud Sudan sono ridotte al lumicino: sono decine di migliaia le persone uccise e almeno 4milioni i civili che hanno urgente bisogno di aiuto.