Guerra in Siria, rischio catastrofe umanitaria: “Cibo scarseggia e mancano servizi di base”

Andrea Sparro, operatore umanitario di WeWorld che si trova a Damasco, ha raccontato a Fanpage.it qual è la situazione in Siria nelle città colpite dagli scontri tra le forze governative di Bashar al-Assad e le forze di opposizione.
A cura di Beatrice Barra
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Un villaggio distrutto a nord di Idlib
Un villaggio distrutto a nord di Idlib

In questi giorni si sono riaccesi gli scontri in Siria tra i ribelli jihadisti e le forze governative di Bashar al-Assad, ma la popolazione siriana la guerra la conosce da oltre 13 anni. "Come al solito i cittadini ne pagano le conseguenze più dure", spiega ai microfoni di Fanpage.it Andrea Sparro, Head of Mission in Siria per WeWorld.

Andrea Sparro, Head of Mission Syria - WeWorld
Andrea Sparro, Head of Mission Syria – WeWorld

Lui si trova a Damasco, ma oltre venti suoi colleghi sono ad Aleppo, dove gli scontri tra vari gruppi di opposizione – tra cui il più rilevante è Hayat Tharir al-Sham, un tempo affiliato ad al-Qaeda – e le truppe governative supportate dagli alleati russi, stanno mettendo in difficoltà la città, un tempo cuore economico dello Stato.

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Oltre ad Aleppo, anche il governatorato di Idlib e la città di Hama in questo momento "sono completamente fuori dal controllo del governo siriano". Nonostante i ribelli abbiamo rassicurato la popolazione dicendo che non verranno colpiti civili, si contano oltre 400 vittime.

Un Paese frammentato da divisioni interne

Quello che sta accadendo in questi giorni è il riflesso degli ultimi 13 anni. "La Siria è un Paese frammentato al suo interno dal 2011", spiega Sparro. A Damasco, dove si trova lui, c'è il governo di Bashar al-Assad. La parte nord-ovest dello Stato – "supportata esternamente dalla Turchia" – è controllata da diverse forze islamiste di opposizione, tra cui la più rilevante è Hayat Tharir al-Sham, un tempo legata ad al-Qaeda. A nord-est ci sono altre forze di opposizione al governo, tra cui quelle curde, in questo momento supportate dagli Stati Uniti.

Queste divisioni interne hanno generato scontri per "conquistare territorio, quindi risorse" che hanno portato a una delle maggiori crisi umanitarie dei nostri tempi. "Esistono circa 6 milioni di rifugiati siriani in giro per il mondo, milioni di sfollati interni e quasi 17 milioni di persone che hanno urgente bisogno di aiuti umanitari". 

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La crisi energetica in Siria ha impatti devastanti sulla popolazione: "Niente energia significa niente comunicazioni, niente scuole, ospedali, cibo". Anche a Damasco, dove la situazione è più tranquilla rispetto ad altre aree del Paese, si vive "con circa sei, massimo otto ore di elettricità al giorno. E siamo dei privilegiati".

Inoltre, specialmente le aree rurali, sono colpite da una forte crisi idrica che mette in pericolo le norme igieniche di base, esponendo la popolazione a rischi sanitari che si aggiungono a quelli derivanti dalla guerra.

Gli scontri in Siria degli ultimi giorni

Negli ultimi giorni le forze di opposizione hanno avanzato verso Aleppo, Hama e parte del governatorato di Idlib "per riassestare gli equilibri di potere nella zona". Secondo Andrea Sparro non è un caso che questo sia accaduto solo due giorni dopo "l'annuncio del cessate il fuoco tra Israele e Libano": sarebbe un'altra "mossa" nel complesso scacchiere geopolitico mediorientale. "Si sta ridefinendo la mappa geografica della Siria, ma chi ne sta pagando le conseguenze è la popolazione che non ha accesso ai servizi di base". 

In questo momento tutte le strade per entrare e uscire da Aleppo sono bloccate, quindi anche le organizzazioni umanitarie non possono aiutare la popolazione all'interno delle città: "Molti volontari sono chiusi in casa da tre giorni". Ad Aleppo sono rimaste attive l'Onu e la Croce Rossa Siriana, "che sta tentando di trovare un accordo con le forze di opposizione che hanno preso il controllo della città per continuare a prestare aiuto umanitario ai cittadini". Si sta negoziando per l'apertura di un canale che permetta alle persone di muoversi dalla città e attraverso cui possano arrivare i beni di prima necessità che iniziano a scarseggiare.

Edificio distrutto da un attacco aereo a Damasco, Siria
Edificio distrutto da un attacco aereo a Damasco, Siria

"In questo momento le banche non sono operative, i forni sono chiusi e le comunicazioni sono a rischio. La città è isolata". Nei primi due giorni moltissimi civili e operatori sanitari sono partiti con le famiglie per spostarsi a Damasco"alcuni ci hanno impiegato più di 30 ore, altri non sono ancora arrivati" –, che per ora sembra essere una zona sicura. "Due giorni fa anche qui si sentivano spari e scontri. Si pensava a un colpo di Stato, che però non c'è stato". 

Il problema principale per le città colpite dagli scontri è la mancanza di riserve di carburante: "Da ciò che sappiamo quello che c'è può durare al massimo altri quindici giorni. Qualora queste riserve dovessero finire senza che si installi un nuovo sistema che sostituisca il rifornimento di luce, energia, cibo e servizi di base, ci troveremo davanti a una catastrofe dal punto di vista umanitario", perché circa quattro milioni di persone non avrebbero accesso a beni di prima necessità.

In questo momento le organizzazioni umanitarie stanno prendendo in considerazione "ogni misura di sicurezza possibile anche per gli operatori che si trovano nelle città colpite". Fino a quando non si dovesse rivelare l'unica ipotesi possibile, non contano di evacuare il Paese: "Pensiamo che il nostro dovere sia quello di restare qui per supportare il nostro staff, che è direttamente colpito da questa situazione, e la popolazione che sta soffrendo". Il loro obiettivo è "assicurarci che, qualunque sia il cambio di governo, ci sia sempre accesso agli aiuti umanitari".

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