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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Guerra in Siria, chi sono i ribelli jihadisti dell’HTS, chi li supporta e qual è il loro obiettivo

L’attacco del gruppo islamista radicale Hayat Tahrir al-Sham (HTS) su Aleppo e Idlib dei giorni scorsi ha riacceso i riflettori sulla guerra civile in Siria. Ecco chi sono i miliziani jihadisti capeggiati da Abu Muhammad al-Jawlani, chi li supporta e quali sono i loro obiettivi.
Intervista a Giuseppe Dentice
Analista Medio Oriente e Nord Africa del CeSI (Centro Studi Internazionali)
A cura di Davide Falcioni
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Il riacutizzarsi della  guerra civile in Siria è solo l’ultima conseguenza dei disordini che hanno travolto l’intero Medio Oriente dopo gli attacchi di Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023. Come è noto il caos ha investito soprattutto la Striscia di Gaza, dove i morti causati dai bombardamenti israeliani sono almeno 44mila, ma si è successivamente riverberato anche su Libano, Iran, Iraq e Siria finendo per destabilizzare ulteriormente l’intera regione.

In questo "effetto domino" l'ultimo evento è stato l’attacco del gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham (HTS) su Aleppo e Idlib dei giorni scorsi. I combattenti jihadisti hanno lanciato la loro offensiva approfittando di un contesto interno e internazionale favorevole, con Hezbollah e Iran fortemente indeboliti dal conflitto con Israele e una Russia impegnata sul fronte ucraino. La notizia della "caduta di Aleppo" ha fatto rapidamente il giro del mondo e riacceso i riflettori sulla guerra siriana e le numerose fazioni che si stanno contrapponendo. Tra loro anche i combattenti di HTS protagonisti degli ultimi fatti, miliziani che tuttavia sono una vecchia conoscenza degli esperti di Medio Oriente. Fanpage.it ha interpellato uno di loro, Giuseppe Dentice, analista del CeSI, per comprendere quale sia l'ideologia di Hayat Tahrir al-Sham, quali siano i suoi progetti politici e su quali alleanza internazionali può contare.

Qual è la storia di Hayat Tahrir al-Sham, il gruppo che nei giorni scorsi hanno lanciato un’offensiva su Aleppo e il nord della Siria? 

Hayat Tahrir al-Sham, o HTS, è un cartello islamista che al suo interno racchiude diverse sigle dello jihadismo salafita, ossia di quelle formazioni che si richiamano e hanno fiancheggiato il quaedismo. All'interno di HTS ci sono battaglioni e gruppi di varia estrazione come caucasici, libanesi siriani, iracheni e uzbeki, tutti accumunati dall'ideologia islamista radicale violenta, quella per intenderci che si richiama prevalentemente ad Al Quaeda. Non a caso il suo fondatore – Abu Muhammad al-Jawlani – è stato ed è uno dei più importanti leader quaedisti esistenti, un personaggio che ha avuto il suo percorso di crescita a partire dall'Iraq del 2003, ovvero nella resistenza armata irachena contro gli Stati Uniti e i suoi alleati occidentali. Ebbene, Muhammad al-Jawlani  ha sempre operato tra Iraq e Siria fino a fondare la sigla di Jabhat al-Nuṣra, la progenitrice di quella che nel 2017 sarebbe poi diventata Hayat Tahrir al-Sham.

Come si è arrivati da Jabhat al-Nuṣra alla fondazione di Hayat Tahrir al-Sham?

Jabhat al-Nuṣra è stata la sigla che di fatto, insieme a quello che sarebbe poi diventato lo Stato Islamico della Siria e del Levante, diede vita al fenomeno ISIS, così come l'abbiamo conosciuto. Al-Jawlani era un pari grado dell'allora fondatore dell'ISIS Abu Bakr al-Baghdadi. Nel 2013 ISIS e al-Nuṣra si divisero, ufficialmente per incompatibilità ideologiche, in realtà perché al-Nuṣra non voleva essere assorbita e omologata all'interno dello Stato Islamico. Di fatto, al-Nuṣra – poi diventata HTS – è sempre stata attiva in Siria ed ha sempre combattuto contro il regime di Assad trovando sponde in vari soggetti: i salafiti, le forze ribelli regolari e il Free Syrian Army. Da diversi anni a questa parte HTS è operativo nel nord ovest della Siria, in particolare nell'area tra Aleppo ed Idlib, dove è sempre stata presente una forte resistenza jihadista.

Chi finanzia il movimento Hayat Tahrir al-Sham?

Sui finanziamenti il discorso è sempre complesso: come era accaduto con l'ISIS e Al Quaeda non esiste un'unica fonte di approvvigionamento del denaro ma un sistema molto più articolato che va dalle fondazioni di carità al dark web, dalle criptovalute ai traffici illegali di varia natura. I finanziamenti, dunque, sono quelli tipici di un'organizzazione terroristica.

E chi li supporta politicamente a livello internazionale?

Anche in questo caso non è semplice dare una risposta. Di sicuro HTS ha interessi convergenti con la Turchia, Paese che fin dall'inizio della guerra civile siriana appoggia tutte le forze ribelli operative nel nord ovest del Paese, dai salafiti ai jihadisti.

Qual è il progetto politico di Hayat Tahrir al-Sham in Siria? Vogliono instaurare un califfato come l'ISIS?

No, HTS non vuole mostrarsi al mondo come un nuovo ISIS. Non mira cioè, almeno ufficialmente, a costruire un nuovo emirato o uno stato islamico, ma punta a proporsi come un'organizzazione politica inclusiva e persino rispettosa delle minoranze. Non a caso HTS sta portando avanti una strategia comunicativa molto rassicurante nei confronti di cristiani, drusi e alauiti, mirando a proporsi loro come un soggetto legittimo, un po' come i talebani in Afghanistan. Oggi è difficile capire quale sarà il fine ultimo di HTS, ma è chiaro che questa organizzazione intende conquistare gran parte del territorio del nord della Siria avanzando verso sud, e non è un caso che dopo aver preso Aleppo i miliziani si stiano dirigendo verso sud, ovvero Hama e Homs. Si riusciranno a conquistare queste città, il regime di Damasco si troverebbe estremamente indebolito e non è impossibile immaginare che Assad potrebbe persino cadere.

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Perché i miliziani di Hayat Tahrir al-Sham hanno deciso di lanciare l’offensiva su Aleppo e il nord ovest della Siria proprio adesso?

Va fatta una premessa fondamentale prima di rispondere a questa domanda. Come è noto la Siria non è esplosa oggi. Il Paese non è mai stato veramente pacificato e anche chi diceva, in maniera probabilmente troppo semplicistica, che Assad aveva vinto la guerra, dimenticava che il regime aveva ripreso il controllo del 60% del territorio siriano, ma che esistevano ed esistono tuttora delle importanti sacche di resistenza. A est e nel nord est, dove i curdi siriani gestiscono di fatto il territorio; e a ovest e nord ovest, dove il territorio è gestito dagli islamisti. Se Assad è riuscito a mantenere il potere a Damasco lo deve soprattutto a un contesto di alleanze internazionali determinante.

Russia, Hezbollah, Iran?

Esatto. Hezbollah ha tenuto in piedi il regime siriano tra il 2013 e il 2015, fino all'arrivo della Russia, che ha fatto da kingmaker ed è riuscita a stravolgere gli esiti del conflitto a suo favore. Non va poi dimenticato l'Iran, che ha sempre considerato la Siria un asset fondamentale della sua strategia mediorientale. Oggi, per motivi diversi, questi tre attori sono deboli. L'Iran ha seri problemi con Israele, così come Hezbollah, mentre la Russia è impegnata in Ucraina. È chiaro, dunque, che dal punto di vista di Hayat Tahrir al-Sham quello attuale è un momenti favorevole per lanciare un'offensiva. Così come lo è per un'altra ragione: ricordiamoci che fino al 20 gennaio l'amministrazione USA sarà guidata da Biden, ma che nel prossimo mese e mezzo la Casa Bianca non sarà in grado di imporre un'agenda. Insomma, HTS ha approfittato di un contesto favorevole e degli interessi di numerosi altri attori, non ultima la Turchia, che non ha mai fatto mistero da un lato di voler dialogare con Assad, dall'altro di essere disposta a utilizzare gli islamisti sia contro Damasco che contro i curdi siriani, accusati da Erdogan di essere una branca del PKK.

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Insomma, la Turchia non è una semplice spettatrice dei fatti che si stanno verificando negli ultimi giorni in Siria…

No. Negli anni più intensi della guerra civile migliaia e migliaia di rifugiati siriani sono fuggiti in Turchia, e lì da tempo sono oggetto anche di pratiche persecutorie. Per Ankara riprendere dei territori siriani, appoggiando le forze islamiste, significa poter ricollocare in quelle zone molti di quei profughi. Insomma no. La Turchia non sta solo a guardare. Al contrario, sta cercando di far valere il suo potere per avere sempre più un ruolo centrale in Medio Oriente.

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