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Guerra di sanzioni Ue-Russia, la Grecia mette sotto scacco Bruxelles

Il premier Tsipras smentisce il comunicato diffuso dal presidente del Consiglio europeo Tusk. Sul tavolo gli interessi economici ellenici e la rinegoziazione del debito di Atene.
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Sono bastate meno di 48 ore al neo premier greco, Alexis Tsipras, per mandare in frantumi la già fragile diplomazia europea. Questa mattina l'ufficio del Presidente Donald Tusk, Presidente del Consiglio europeo ed ex premier polacco, ha emesso una nota in cui si dichiarava che i 28 paesi dell'Ue condannavano il perpetrarsi delle violenze in Ucraina orientale, addebitando in modo particolare ai ribelli filo russi e quindi a Mosca le responsabilità per il massacro di civili avvenuto, pochi giorni fa, nella cittadina di Mariupol e in cui hanno perso la vita 30 persone.

Il comunicato, in linea con l'atteggiamento anti Cremlino adottato dalla comunità europea dall'inizio delle ostilità, è stato smentito pochi minuti dopo la sua pubblicazione da una nota ufficiale del leader del partito Siriza. “Il suddetto comunicato – ha affermato il premier di Atene –, è stato rilasciato senza il rispetto delle usuali procedure finalizzate ad ottenere il via libera degli stati membri. E in particolare senza il consenso della Grecia. In questo contesto, è necessario sottolineare che la Grecia non da il proprio appoggio a questo tipo di dichiarazione”.

Una vera e propria bomba politica e diplomatica che, secondo le voci di dentro, ha creato grande imbarazzo e soprattutto preoccupazione a Bruxelles come, secondo alcuni osservatori, anche a  Washington. La ricostruzione ufficiale di quanto avvenuto riporta che Tusk abbia contattato gli uffici di presidenza delle 28 nazioni e gli sherpa di ogni paese – soprannome per coloro che guidano dal di dentro i rapporti tra politica nazionale e europea –, assicurandosi di avere il via libera di tutti gli stati membri. La versione greca, tuttavia, è diversa e descrive il mancato rispetto dei protocolli diplomatici e lo scavalcamento dei neo governanti ellenici.

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A parziale, forse, scusante di tale imbarazzante incidente diplomatico, c'è da sottolineare che le elezioni greche, tenutesi domenica scorsa, hanno operato un vero e proprio terremoto sia istituzionale che organizzativo nella macchina burocratica ateniese (proprio oggi si leggeva di come i funzionari del governo uscente di Antonis Samaras non abbiamo dato, subito, password e accesso a siti e strutture ai successori, rappresentanti della formazione di governo guidata da Tsipras). Fatto sta che l'esponente della sinistra greca ha deciso di scegliere la strada della pubblicità e far esplodere la bomba diplomatica, invece di mediare e chiedere una modifica al documento. È utile sottolineare, inoltre, che perplessità relative ai toni duri e minacciosi del documento erano state anche espresse da Austria, Ungheria e Slovacchia sebbene dando il placet al documento (d'altronde, come confermato in via ufficiosa da rappresentanti del Consiglio, non era mai accaduto che ci fosse un passo indietro ufficiale da parte di un paese membro dell'Ue dopo la pubblicazione di un documento diplomatico).

La vera questione, tuttavia, che riguarda la pubblicazione di questo documento – che per quanto non condivisibile dalla prospettiva greca, non rappresenta alcun obbligo formale per alcuna nazione –, è il nuovo posizionamento di Atene nello scacchiere europeo, soprattutto in relazione a Mosca. I buoni rapporti di Tsipras con il Cremlino sono noti (alcuni mesi fa il neo premier si è recato a Mosca per parlare con i dignitari del governo di Vladimir Vladimorovič Putin), così come è di natura storica il rapporto saldo tra Grecia e Russia.

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Il fattore di novità riguarda innanzitutto la posizione della Grecia in seno all'Unione europea, e quindi al suo possibile potere di veto in relazione alla nuova ondata di sanzioni– auspicate da alcuni stati membri, Polonia in testa –, che potrebbero abbattersi su Mosca come strumento di rappresaglia da parte di Bruxelles (e Washington) contro l'annessione russa della Crimea – dove c'è stato un referendum popolare in cui oltre il 97 per cento dei votanti si è detto favorevole al cambio di nazionalità – e per il presunto supporto moscovita ai ribelli filorussi nella guerra di indipendenza dal governo di Kiev (attualmente guidato dal Presidente Petro Poroshenko e da partiti di destra ed estrema destra).

La Grecia, inoltre, si trova come noto in un momento di grande fermento e le ipotesi di abbandonare l'Euro, per quanto ritenute poco probabili, continuano ad agitare spettri di varia natura in tutta Europa. Questa situazione la mette in condizione di potersi muovere da un possibile punto di forza: ovvero stringere un patto di mutuo soccorso con la Russia (attualmente a causa delle contro sanzioni di Mosca, le transazioni dei beni – soprattutto generi alimentari – tra i due paesi è bloccato con grande perdita in termini economici per la Grecia) su temi quali energia e commercio. E ipotizzabile che il governo di Atene non voglia né uscire dall'Euro né abbandonare l'Unione Europea, ma voglia rinegoziare il debito e le strategie di politica economica da una posizione di forza. E il possibile spettro russo – inteso quindi sia come l'applicazione del diritto di veto per ulteriori sanzioni, che la ripresa dei commerci con Mosca –, possa rappresentare l'asso nella manica di Tsipras. Nelle prossime ore si vedrà come reagirà la rigida burocrazia europea e soprattutto la Nato che, mai come in questi ultimi mesi, è stata attiva – dal punto di vista politico e militare –, sul fronte moscovita.

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