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Conflitto Israelo-Palestinese

Guerra a Gaza, Netanyahu conferma: “Attaccheremo Rafah”. Prosegue la trattativa per un cessate il fuoco

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato che l’attacco a Rafah ci sarà e che una volta concluso mancheranno solo “settimane alla vittoria totale”. Nella città palestinese vivono oltre 1,3 milioni di persone.
A cura di Davide Falcioni
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Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato che l'attacco a Rafah ci sarà e che una volta concluso mancheranno solo "settimane alla vittoria totale". Parlando a CBS News, il primo ministro ha detto che incontrerà i suoi collaboratori per rivedere un duplice piano militare che includerebbe l'evacuazione dei civili palestinesi e un'operazione per distruggere i rimanenti battaglioni del movimento islamista. Il premier, scrive il Times of Israel, afferma che non è chiaro se dai colloqui in corso si concretizzerà un accordo sugli ostaggi, rifiutandosi di discutere i dettagli ma dicendo che Hamas deve "arrivare a una situazione ragionevole"". Un potenziale accordo sugli ostaggi non interferirà con i piani di attaccare Rafah, ha aggiunto, anche se dovesse realizzarsi.

A Rafah almeno 1,3 milioni di palestinesi

La zona di Rafah ospita circa un milione e 300mila persone sfollate, in un’area di appena 62 kmq – meno di un quinto della superficie totale della Striscia di Gaza (già una delle aree più densamente popolate al mondo). Più e più volte nelle ultime settimane sia l'ONU che importanti organizzazioni umanitarie hanno chiarito che un attacco israeliano a Rafah causerebbe una carneficina, dal momento che non esiste nessuna zona sicura nella Striscia di Gaza e che in ogni caso sarebbe impossibile proteggere milioni di persone ammassate in un'area estremamente piccola.

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ONU: "La carestia a Gaza si può ancora evitare"

I palestinesi, inoltre, non devono proteggersi solo dalle bombe israeliane ma anche da gravi problemi sanitari. Come ha ricordato Philippe Lazzarini, capo dell'Unrwa, l'Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di assistere i rifugiati palestinesi, la carestia nella Striscia di Gaza "è un disastro provocato dall'uomo" e "può essere ancora evitata attraverso un'autentica volontà politica di garantire l'accesso e la protezione ad un'assistenza significativa". Il funzionario ha ricordato che "l'ultima volta che UNRWA è stata in grado di consegnare aiuti alimentari nella zona nord di Gaza era il 23 gennaio". E da allora "i nostri appelli a mandare cibo sono stati respinti". E ha concluso: "I giorni a venire metteranno alla prova la nostra umanità e i nostri valori".

A che punto sono i negoziati per un cessate il fuoco

Intanto sono ripresi a Doha i negoziati fra Israele e Hamas, con lo scopo di arrivare entro la fine della settimana a un accordo su una tregua: è quanto riporta la stampa egiziana, citando fonti governative del Cairo. Successivamente, le delegazioni si recheranno a Il Cairo per un'altra sessione di negoziati che riguarderanno i meccanismi e le tempistiche per l'entrata in vigore dell'intesa, compreso il rilascio degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas.

Israele ha accettato di inviare una delegazione in Qatar dopo l'esito positivo dei colloqui tenutisi a Parigi venerdì scorso, in cui Hamas avrebbe ammorbidito le proprie posizioni: in particolare, l'organizzazione palestinese avrebbe abbassato il numero dei detenuti da rilasciare in cambio degli ostaggi, avrebbe accettato una tregua temporanea di sei settimane invece di un cessate il fuoco permanente e non pretenderebbe il completo ritiro delle forze israeliane dal Territorio costiero. Il consigliere per la sicurezza nazionale israeliano, Tzachi Hanegbi, ha ammesso che "esiste probabilmente margine per un accordo" ma che "tale accordo non significa la fine del conflitto".

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