Guerra a Gaza, Joe Biden: “No ad attacco di Israele su Rafah senza pensare a 1,5 milioni di civili”
Il primo ministro israeliano Bejamin Netanyahu aveva annunciato già venerdì scorso che Israele avrebbe invaso Rafah per "distruggere gli ultimi quattro battaglioni di Hamas". L'attacco di terra dell'esercito israeliano non è ancora iniziato, anche se viene considerato imminente, mentre i bombardamenti dal cielo hanno già fatto vittime e distrutto alcune strutture della città al confine con l'Egitto.
Secondo Israele, Rafah sarebbe "l'ultimo centro urbano ancora sotto il controllo di Hamas", nonché l'ultima grande città sulla striscia di Gaza ancora integra. L'inizio di un'operazione via terra sarebbe previsto tra circa due settimane. Durante la notte tra domenica e lunedì, le bombe di Tel Aviv hanno colpito 14 abitazioni e tre moschee nella città della Striscia al confine con l'Egitto dove in questo momento sono rifugiate più di 1,5 milioni di persone fuggite dai bombardamenti israeliani.
Si contano circa 100 morti palestinesi, da aggiungere ai quasi 30mila registrati dal 7 ottobre in poi. Durante l'operazione militare notturna, sono stati liberati 2 ostaggi israeliani mentre altri 3, denuncia Hamas, sono morti sotto i bombardamenti del loro stesso Paese.
Netanyahu aveva fatto sapere di aver "ordinato all’esercito di preparare un piano per evacuare i civili" rifugiati a Rafah verso il nord della Striscia ormai quasi interamente distrutto e occupato dall'Idf, le forze armate di Israele. Evacuare 1,5 milioni di civili sarebbe ovviamente estremamente complicato. Rispondendo alla dichiarazione di Netanyahu in merito, Josep Borrell, alto rappresentante per gli Affari esteri dell'unione Europea, aveva risposto con veemenza. "Dove dovrebbero andare? Sulla Luna? Dove faranno evacuare queste persone?".
Alla richiesta di non invadere Rafah già avanzata da Biden, si erano unite Penny Wong, ministra degli Esteri australiana, la sua omologa tedesca Annalena Baerbock e il ministro degli Esteri del governo inglese di Rishi Sunak, David Cameron.
"No a una massiccia offensiva di Israele su Rafah senza un ‘piano credibile' per proteggere più di un milione di rifugiati che si trovano lì". Sarebbe questa la richiesta del presidente Usa Joe Biden al primo ministro israeliano Benjamyn Netanyahu. Biden ha poi sottolineato che gli Stati Uniti stanno "lavorando giorno e notte per una pausa umanitaria di almeno sei settimane nei bombardamenti sulla Striscia di Gaza" come inizio per un cessate il fuoco duraturo.
All'appello si è unita anche la Cina, che ha chiesto a Israele di interrompere quanto prima l'offensiva contro Rafah, a sud della Striscia, facendo sapere che l'attacco causerà un disastro umanitario ancora più grave se i combattimenti non si fermeranno immediatamente. "La Cina? si oppone e condanna queste azioni che danneggiano i civili e violano il diritto internazionale" ha affermato in una nota un portavoce del ministero degli Esteri, aggiungendo che Pechino invita Israele a fermare le sue operazioni militari il prima possibile.
All'invito si sono uniti anche Gran Bretagna e Unione Europea. Tensione altissima anche con l'Onu dopo che Israele ha impedito all'inviata del Consiglio dei diritti umani Francesca Albanese di accedere al Paese.