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Grecia, bimbi di 10 anni tentano il suicidio nell’inferno di Moria tra stupri e violenze

Bambini di appena 10 anni tentano il suicidio al campo profughi di Moria sull’isola greca di Lesbo. E’ la denuncia di Medici senza Frontiere. Sovraffollamento, condizioni igieniche spaventose, abusi e violenze quotidiane stanno portando all’esasperazione le migliaia di persone intrappolate da anni nella struttura di accoglienza.
A cura di Mirko Bellis
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Una bimba nel campo profughi di Moria sull'isola greca di Lesbo (Gettyimages)
Una bimba nel campo profughi di Moria sull'isola greca di Lesbo (Gettyimages)

“Nelle ultime quattro settimane abbiamo registrato un aumento del numero di minori affetti da intensi attacchi di panico, pensieri suicidi e tentativi di togliersi la vita” dichiara Alessandro Barberio, psichiatra di Medici senza frontiere (Msf) presso la clinica di Mitilene. Con il continuo aumento del numero di migranti e rifugiati nell'isola di Lesbo in Grecia – denuncia l’organizzazione umanitaria – la situazione nel campo di Moria sta precipitando nel caos, con scontri e disordini costanti, episodi di violenze sessuali e un peggioramento delle condizioni psicologiche delle migliaia di persone intrappolate nel campo.

Attualmente a Moria ci sono oltre 8.000 persone stipate in uno spazio per 3.000. Le condizioni di vita sono così dure che la loro salute fisica e mentale risulta pesantemente compromessa. “Negli ultimi mesi, abbiamo assistito ad un ulteriore aumento della violenza, ormai quotidiana, trattando vittime di violenze sessuali avvenute all'interno o nei dintorni del campo”, avvertono gli operatori di Msf. Code interminabili per il cibo, risse e aggressioni continue stanno rendendo la vita dei rifugiati un inferno. Il degrado all'interno della struttura di accoglienza è stato documentato anche dalla Bbc. “A causa della violenza nel campo – ha affermato Sara Khan, originaria dell'Afghanistan – i nostri piccoli non riescono più a dormire”. “Siamo sempre pronti a scappare e teniamo i nostri figli preparati le 24 ore”, ha aggiunto la donna.

Condizioni di vita inumane

Gran parte della tensione è causata dal sovraffollamento e dalla mancanza di condizioni di vita dignitose e umane. Nell'area principale del campo di Moria e Olive Grove c’è un servizio igienico funzionante ogni 72 persone, una doccia ogni 84. Numeri ben al di sotto degli standard umanitari raccomandati in situazioni di emergenza. “Siamo molto preoccupati perché l’insicurezza – sottolinea Medici senza frontiere – le condizioni di vita inumane e il limbo in cui queste persone si trovano per mesi o anni, hanno un grave impatto sulle condizioni psicologiche delle persone. La nostra clinica per la salute mentale a Mitilene segue solo i casi più gravi e al momento lavora al massimo della propria capacità”. Luca Fontana, un operatore di Msf, ha lavorato in tutto il mondo in zone di conflitto. Per Fontana, il campo di Moria è il posto peggiore che abbia visto nella sua vita. “Non ho mai visto il livello di sofferenza di cui siamo testimoni ogni giorno. Persino le persone colpite dal virus dell’Ebola hanno ancora la speranza di sopravvivere o hanno il sostegno della loro famiglia, della loro società, del loro villaggio, dei loro parenti. Qui, la speranza viene tolta dal sistema”.

I traumi dei bambini

All'interno del campo destano preoccupazione le condizioni dei bambini e dei minori non accompagnati, che stanno vivendo un nuovo trauma dalla loro esperienza di vita a Moria, come è emerso durante le terapie di gruppo di Msf rivolte a più piccoli. Problemi alla pelle dovuti alla scarsa igiene a cui si aggiungono malattie respiratorie causate dai gas lacrimogeni sparati nel campo dalla polizia per reprimere i disordini. Un quadro clinico che ha effetti devastanti sulla salute dei più piccoli. “Le terribili condizioni di vita e le violenze quotidiane nel campo di Moria hanno un impatto fortemente negativo sulla tenuta psicologica dei nostri pazienti” aggiunge Barberio. “Il motivo per cui le condizioni psicologiche peggiorano così drasticamente a Lesbo è che queste persone provengono da esperienze traumatiche, raggiungono l’Europa sperando di trovare sicurezza e dignità, ma incontrano esattamente il contrario, ancora violenza e ancora condizioni inumane” dichiara Giovanna Bonvini, responsabile delle attività di salute mentale di Msf nella clinica di Mitilene.

“La maggior parte di queste persone è appena arrivata a Lesbo. Soffrono di sintomi psicotici tra cui allucinazioni, agitazione, confusione, disorientamento e hanno forti spinte suicide o hanno già tentato il suicidio”, continua lo psichiatra Barberio. “L’altro giorno un giovane uomo, vittima di violenza sessuale, è stato accompagnato alla nostra clinica da un amico nel pieno di un crollo psicotico. Presentava gravi disturbi da stress post-traumatico, aveva allucinazioni e flashback, sentiva rumori intorno a sé e non è riuscito a smettere di piangere nelle due ore di sessione con i nostri psicologi” aggiunge Bonvini. “Ha paura del buio e vive nel terrore di essere attaccato a Moria. All’inizio le équipe di Medici senza frontiere lo hanno curato con dei farmaci, ora dopo sessioni psicologiche intensive le sue condizioni sono stabili. Ma non farà molti progressi perché, finché vivrà a Moria, sarà bloccato in un ciclo di disperazione e angoscia.”

Bloccati da anni sull'isola

Il campo di Moria è stato inaugurato nel 2015. Progettato come posto di transito dove i rifugiati avrebbero dovuto trascorre solo pochi giorni, si è trasformato in una “prigione” per molti di loro che da anni sono costretti a vivere sull'isola greca. Le autorità elleniche che gestiscono la struttura giustificano il sovraffollamento e il mancato trasferimento dei richiedenti asilo con la politica di contenimento dei profughi messa in atto dall'Unione europea. “Non abbiamo soldi per migliorare la condizione dei rifugiati – ha affermato alla Bbc George Matthaiou, responsabile del campo. “Vorrei fare di più ma non posso perché i Paesi europei hanno chiuso le frontiere”, ha concluso.

Medici senza frontiere chiede alle autorità europee e nazionali di intensificare l’accesso alla salute e la sicurezza per le persone che si trovano nel campo. “Chiediamo che le persone vulnerabili possano lasciare il campo di Moria in favore di sistemazioni sicure e continua a spingere perché il campo venga decongestionato”, è l’appello dell’organizzazione umanitaria. “Inoltre, insistiamo nel chiedere la fine delle politiche di contenimento. La nostra esperienza dimostra che le politiche di deterrenza dell'Ue e della Turchia non sono efficaci perché le persone continueranno a fuggire dalla guerra e dalle violenze per sopravvivere. Intrappolare queste persone in condizioni terribili e insicure non fa che provocare ulteriori traumi a una popolazione già estremamente vulnerabile”, conclude Medici senza frontiere.

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